Al Museo Fattori di Livorno arriva la Santa Lucia di Adolfo Wildt, il capolavoro dimenticato


Importante acquisizione per il Museo Fattori di Livorno, che entra in possesso di una splendida “Santa Lucia” di Adolfo Wildt: è una delle poche opere dell'artista milanese presenti nelle raccolte pubbliche italiane.

In tempi normali la notizia dell’acquisizione da parte di un museo pubblico di un capolavoro come la Santa Lucia di Adolfo Wildt (Milano, 1868 – 1931) avrebbe avuto sicuramente un risalto eccezionale ma, nella nostra contemporaneità ancora alle prese con una pandemia, l’arrivo della scultura di uno dei più importanti scultori della prima metà del XX secolo al Museo Civico Fattori di Livorno rischia di passare inosservato.

Eppure, si tratta di un evento di richiamo nazionale ed internazionale per diversi motivi: innanzitutto non sono numerose le opere dello scultore in collezione pubblica, inoltre la scultura entra nel patrimonio pubblico, o meglio vi rientra, a seguito di turbolenti vicende il cui esito appariva non affatto scontato.

Ma facciamo un passo indietro a ritroso nel tempo, a quasi un secolo di distanza, nel 1926, quando lo scultore milanese Adolfo Wildt aveva poco meno di sessant’anni e scolpì la prima versione della Santa Lucia. Sarebbe morto solo cinque anni dopo, al termine di una lunga e prolifica carriera.

Di umili origini, imparò i rudimenti del pesante e duro lavoro di scultore già da bambino, del resto egli stesso affermò: “Fin da fanciullo quando non era decisa la mia carriera, ebbi un’adorazione pel marmo”. A undici anni entra a bottega da Giuseppe Grandi, scultore scapigliato autore del Monumento alle Cinque Giornate di Milano. Successivamente passa nella bottega di Federico Villa, dove rimane per più di quattro anni, e nella quale farà proprie tutte le tecniche nella lavorazione del marmo. A vent’anni, poi, la sua perizia è richiesta da tutti i maggiori scultori milanesi, come Barzaghi, Ripamonti, Alberti, solo per citarne alcuni, soprattutto nella fase di finitura dell’opera. Vedova del 1892 è considerata la sua prima opera autonoma: un ritratto della moglie Dina Borghi risolto in una scultura con echi di classicismo canoviano che, con la sua intima spiritualità metafisica, rompe con la tradizione verista. Da lì, l’inizio di una fulminante carriera che lo porterà ad esporre in largo e in lungo nel mondo: Milano, Roma, Napoli, Monaco, Berlino, Bruxelles, Madrid, Parigi, Ginevra, Buenos Aires, New York, San Francisco, Washington solo per citarne alcune e ad ottenere importanti premi, fra cui quello della Biennale di Brera nel 1912, il cosiddetto Premio Principe Umberto, e quello della Biennale di Venezia, dieci anni dopo con l’opera La Famiglia.

Adolfo Wildt, Santa Lucia (marmo di Candoglia, 54 x 45 x 32 cm; Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori). Foto di Linda Ughi
Adolfo Wildt, Santa Lucia (marmo di Candoglia, 54 x 45 x 32 cm; Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori). Foto di Linda Ughi


Adolfo Wildt, Santa Lucia, dettaglio. Foto di Linda Ughi
Adolfo Wildt, Santa Lucia, dettaglio. Foto di Linda Ughi


Adolfo Wildt, Santa Lucia, dettaglio. Foto di Linda Ughi
Adolfo Wildt, Santa Lucia, dettaglio. Foto di Linda Ughi


Adolfo Wildt, Santa Lucia, dettaglio. Foto di Linda Ughi
Adolfo Wildt, Santa Lucia, dettaglio. Foto di Linda Ughi

Nel 1923 gli viene concessa una cattedra all’Accademia di Brera e pochi anni dopo viene nominato da Mussolini Accademico d’Italia. È quindi al culmine di una carriera così intensa che Adolfo Wildt nel 1926 realizzò la Santa Lucia per il marchese Raniero Paulucci de’ Calboli, suo grande estimatore e collezionista. La stessa opera nel 1931, insieme ad altre sei dell’autore, verrà donata dall’aristocratico al Comune di Forlì, ed è oggi esposta nel Museo Civico di Forlì presso Palazzo Romagnoli. Adolfo Wildt realizzò almeno altre due versioni di quest’opera: una si trova nella collezione Gilgore a Naples, in Florida, e l’altra è quella di Livorno: le loro datazioni non sono note. Sebbene non sia chiaro in quale versione la Santa Lucia sia apparsa per la prima volta, venne esposta in diverse esposizioni quando l’artista era ancora in vita, come ad esempio: a Milano nel 1928, nel 1929 e nel 1930, a Oslo nel 1929, a Livorno nel 1930, a Roma nel 1931 per la prima edizione della Quadriennale.

Poco altro si sa attualmente della versione dell’opera che ritornerà a Livorno, se non che almeno dagli anni Ottanta è stata esposta in una sala d’attesa come un comunissimo soprammobile, nei locali di un distretto ASL di Livorno, dove venivano ignorati sia l’autore che il valore dell’opera. Ma quando e dove sia stata acquistata non è ben chiaro: è forse l’opera che fu esposta alla Bottega d’Arte a Livorno nel 1930, oppure, come suggerirebbe qualcuno, è un’opera più tarda? Dell’importanza dell’opera dimenticata se ne accorgono alcuni esperti, fra cui il collezionista Carlo Pepi, e tale informazione arriva anche alla Sezione territoriale di Livorno dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, che aveva in quei locali la propria sede. Apparentemente in buona fede, ritenendo essere la proprietaria, la Sezione territoriale dell’Unione Ciechi decide di vendere nel 2015 l’opera per ricavarne fondi per le proprie attività solidaristiche.

La Santa Lucia di Wildt al Museo Fattori di Livorno
La Santa Lucia di Wildt al Museo Fattori di Livorno: lo scoprimento della statua da parte delle forze dell’ordine.


La Santa Lucia di Wildt al Museo Fattori di Livorno
La Santa Lucia di Wildt al Museo Fattori di Livorno


La Santa Lucia di Wildt al Museo Fattori di Livorno
La Santa Lucia di Wildt al Museo Fattori di Livorno

Solo con notevole ritardo, le autorità e l’opinione pubblica si accorgono della scomparsa dell’opera dalla sede, ma ormai è troppo tardi. Infatti, con il permesso della Soprintendenza di Genova, la scultura viene trasferita a Londra, dove viene venduta dalla casa d’aste Sotheby’s, nel 2015, come lotto più importante dell’asta alla cifra di 485 mila pound (666 mila euro).

Si apre così una controversia in Tribunale Civile, con quest’ultimo chiamato ad accertare la titolarità del diritto di proprietà del busto, tra l’ASL e l’Unione Ciechi. I Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico di Firenze, con l’aiuto della casa d’aste, sono riusciti a recuperare l’opera per metterla a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, che ha poi riconosciuto l’ASL come legittima proprietaria. La vicenda si è conclusa con l’accordo tra ASL e l’Unione, mentre il G.I.P. del Tribunale Penale di Livorno ha infine archiviato il procedimento, escludendo la presenza di fatti di rilevanza penale. L’Asl successivamente ha deliberato di donare l’opera al Comune di Livorno.

Si conclude così positivamente la vicenda, con l’opera consegnata al Museo Civico Giovanni Fattori. Qui l’opera potrà dialogare con artisti che, in forme diverse, condivisero con Wildt l’interesse per un’arte di respiro simbolista: tra questi, Plinio Nomellini, Benvenuto Benvenuti e Vittore Grubicy De Dragon, di cui peraltro Wildt fu grande amico. Sarà questa l’occasione per poter veder da vicino la straordinaria opera di Adolfo Wildt, che Sotheby’s aveva definito come l’immagine simbolo dello scultore.

La Santa Lucia di Wildt è un’opera concepita come un altorilievo dove il busto della santa è posto su un fondale recante il nimbo dorato. La scultura esemplifica le ricerche di Wildt, sospesa tra una semplificazione delle forme tesa quasi all’astrazione e l’esasperazione delle emozioni, con riferimenti ai maestri italiani del passato. L’opera di Wildt si confronta con il Barocco, in un periodo in cui in Italia si andava riscoprendo attraverso le grandi mostre e gli studi. Wildt ripensa con evidenza all’Estasi di Santa Teresadi Gian Lorenzo Bernini, ma mettendo a profitto anche influssi tratti dall’arte ellenistica, quali il Laocoonte o il Torso del Belvedere. Il patetismo berniniano viene reinterpretato con forza, attraverso l’estrema politura e lucentezza delle superfici che contrasta con il vuoto assoluto delle cavità oculari con cui si vuole rendere l’attributo del martirio della santa. Il volto cieco della santa si rivolge al cielo, mentre la bocca sembra trattenere il segreto di un sospiro che soffoca un grido di terrore e lo trasforma in un gemito. La donna trattata con una sincerità crudele “a tal punto da rischiar di cadere nel macabro” come ne scrisse Cozzani, oscilla fra l’orrorifico e il sensuale, tra la morte e la vita, tra il sacro e il profano in una moltitudine di piani di lettura tipica di molte opere simboliste.

Adolfo Wildt, Santa Lucia (1926; marmo di Candoglia; Forlì, Palazzo Romagnoli)
Adolfo Wildt, Santa Lucia (1926; marmo di Candoglia; Forlì, Palazzo Romagnoli)


Adolfo Wildt, Vedova (1893-94; marmo di Carrara, 42 x 31 x 23 cm; Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea)
Adolfo Wildt, Vedova (1893-94; marmo di Carrara, 42 x 31 x 23 cm; Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea)

Le qualità dell’opera ribadiscono l’eccezionalità dell’esposizione a Livorno, correlata alle fortunate vicende che le hanno permesso di tornare in Italia in una collezione pubblica, dove potrà essere valorizzata da una prestigiosa collezione e a sua volta valorizzarla andando a intessere una serie di dialoghi e interrelazione con le altre opere esposte.

La consegna dell’opera di Adolfo Wildt al Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno è avvenuta con cerimonia inaugurale il 7 giugno. L’opera è stata restituita dal capitano Claudio Mauti, Comandante del Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Firenze (TPC) all’Azienda Sanitaria Locale Toscana Nord Ovest. Erano presenti il sindaco di Livorno, Luca Salvetti, l’assessore alla cultura Simone Lenzi, e la dottoressa Maria Letizia Casani, direttore generale dell’Azienda Sanitaria. Durante la cerimonia sono state presentate anche altre opere consegnate al museo livornese dal Nucleo Carabinieri, si tratta della scultura in legno il Nuotatore di Umberto Bartoli e anche sei tele sequestrate nel febbraio 2014 durante le attività che hanno portato al ritrovamento di importanti opere d’arte asportate dal Museo San Matteo di Pisa. Si tratta di dipinti eseguiti tra il XVII e il XX secolo, di autore ignoto, raffiguranti soggetti religiosi. L’opera sarà visibile al Museo Fattori dal 8 giugno, e per l’occasione dal 8 al 13 giugno sui profili social del Museo Civico Fattori e su Adolfo Wildt e la scultura, una pagina con seguito nazionale e internazionale, che da anni si occupa della divulgazione dell’opera dell’autore, verranno ospitati approfondimenti e curiosità dedicati all’autore e all’opera. Si tratta di un occasione da non perdere per riscoprire un capolavoro della scultura italiana per troppo tempo dimenticato.


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Jacopo Suggi

L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi

Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.





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