C’è un tesoro composto da 6.000 oggetti di Amedeo Modigliani (Livorno, 1884 - Parigi, 1920), ma non si sa a chi appartenga: si tratta di documenti, lettere, reperti, fotografie su cui c’è da fare chiarezza in merito alla proprietà. I 6.000 oggetti costituiscono il fondo degli Archivi Legali Modigliani, e il caso sulla proprietà di questi ultimi è stato portato in Parlamento dalla senatrice del Movimento 5 Stelle Margherita Corrado, che attraverso un’interrogazione sottoscritta da altri parlamentari del partito (Nicola Morra, Fabrizio Trentacoste, Michela Montevecchi, Emma Pavanelli, Luisa Angrisani e Maria Domenica Castellone) chiede al Ministero dei Beni Culturali di farsi promotore di un’indagine che faccia luce su questo straordinario repertorio, che la giornalista Dania Mondini e il sociologo ed ex ispettore di polizia Claudio Loiodice (autori del bestseller L’affare Modigliani, un libro-inchiesta su tutto ciò che gira attorno al grande pittore livornese) ritengono “pietra miliare” e “chiave di volta” del “flusso incontrollato di interessi” che riguardano il pittore.
Gli Archivi Legali, spiegano Mondini e Loiodice nel libro, sono stati messi assieme dalla figlia di Amedeo Modigliani e Jeanne Hébuterne, Jeanne Modigliani (Nizza, 1918 - Parigi, 1984), e “rappresentano”, si legge ne L’Affare Modigliani, “la base per realizzare le certificazioni sull’autenticità delle opere attribuite a Modigliani. Chi li controlla, controlla un affare milionario”. Gli Archivi contengono, tra le altre cose, la corrispondenza tra il pittore e la madre, le lettere che il mercante Léopold Zborowski scambiò con il fratello di Amedeo, Emanuele, e ancora le rare corrispondenze che testimoniano il legame tra l’artista e Jeanne Hébuterne (tra cui l’impegno di matrimonio), oltre ai certificati che scandiscono la vita di Amedeo Modigliani.
La vicenda degli Archivi Legali è stata in parte ricostruita nel libro. Raccolti da Jeanne Modigliani dopo decenni di catalogazione per tentare di ricostruire il percorso artistico del padre, rappresentano un patrimonio di valore eccezionale perché Modigliani non ha lasciato firme depositate, né un elenco con le descrizioni delle opere da lui realizzate: gli archivi rappresentano dunque, scrivono Mondini e Loiodice, “il tentativo di cristallizzare tutto ciò che può dare un’identità certa al patrimonio artistico di Modì”. Chi li possiede, spiegano gli autori del libro, “ha in mano gli strumenti per fare expertise e quindi decretare se un’opera è vera o falsa, o quantomeno se un determinato quadro si porta in dote una storicità”. E dal momento che attorno a Modigliani i falsi fioccano da molto tempo, avere il possesso degli Archivi Legali potrebbe essere lo spartiacque per ristabilire la verità storica.
Sulla base della ricostruzione di Mondini e Loiodice, nel 1982 Jeanne Modigliani avrebbe trasferito i diritti sugli Archivi Legali all’archivista Christian Parisot (i due autori adoperano il condizionale perché nel libro viene messa in dubbio l’autenticità del documento, una scrittura privata, con cui è avvenuta la cessione: un documento, sottolineano i due, “fabbricato in casa, approssimativo, privo di citazioni legali e di qualsivoglia timbro notarile, e soprattutto senza l’indicazione del foro competente per eventuali dispute”). Nel 2015, Parisot avrebbe poi ceduto la proprietà degli Archivi alla mercante d’arte Maria Stellina Marescalchi, che avrebbe sborsato 280mila euro per ottenerla, con una transazione che secondo Mondini e Loiodice sarebbe illegale perché nessuno avrebbe emesso fattura per i beni custoditi in Italia o per i guadagni percepiti.
Ci sarebbe però anche altro: secondo i due autori del libro, a vantare la titolarità degli Archivi ci sarebbe anche l’Istituto Modigliani di Roma, con il quale, stando alla ricostruzione, Parisot avrebbe concordato il passaggio degli Archivi, tramite “un accordo poi disatteso” (pertanto, l’Istituto “contesta a Parisot di non aver rispettato un patto da lui stesso sottoscritto, che prevedeva il passaggio della proprietà degli Archivi all’Istituto”: se questo fosse vero, sottolineano Mondini e Loiodice, “mentre trattava con la Marescalchi, forse l’archivista non era nemmeno più il legittimo titolare degli Archivi”). E infatti parte degli Archivi, nel 2006, era stata trasferita da Parigi (dove si trovava) a Roma, sede dell’Istituto Modigliani fondato l’anno prima: il tutto con una cerimonia ufficiale (col coinvolgimento delle più alte cariche istituzionali) al chiostro della Sapienza, sede dell’Archivio di Stato di Roma.
La vicenda si complica ulteriormente per il fatto che nel 2020, come fa sapere Margherita Corrado nella sua interrogazione parlamentare, la Direzione generale Archivi (DGA) del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo trasmetteva alla stessa Corrado diversi atti, tra cui una fotocopia della lettera dell’8 maggio 2008 con la quale l’Istituto Modigliani informò la ex Soprintendenza archivistica del Lazio dell’avvenuta cessione a favore di quest’ultima, da parte di Laure Modigliani (figlia di Jeanne, venuta a mancare nel 1984, e quindi erede degli Archivi), e di Cristian Parisot, di circa 6.000 reperti, fra documenti e oggetti, appartenuti o correlati a Modigliani. Pertanto, secondo Corrado, dall’8 maggio 2008 gli Archivi Legali Modigliani sarebbero divenuti una proprietà dello Stato italiano: tuttavia, sottolinea Corrado, “non c’è traccia, negli atti trasmessi, né della semplice convenzione di donazione necessaria in caso di cessione di beni mobili di modico valore (ex art. 783 del Codice Civile) né dell’atto pubblico (con relativo elenco dei pezzi e indicazione del valore) richiesto, invece, nel caso di donazione di beni mobili pregiati, e neppure del verbale di accettazione e presa in consegna da parte del Ministero, indispensabile in entrambi i casi”.
A conferma dell’asserita cessione allo Stato, Corrado cita le diverse richieste di autorizzazione, inoltrate dall’Istituto Modigliani al Ministero dei Beni Culturali, per il prestito temporaneo di alcuni dei materiali per realizzare mostre ed esposizioni all’estero. “Il Ministero”, scrive Corrado, “non si schermì”: viene citata, per esempio, un’istanza di prestito del 22 febbraio del 2011 per una mostra a Taiwan, con autorizzazione concessa dalla DGA il 15 marzo 2011, sentita la Soprintendenza Archivistica del Lazio. Il prestito dei materiali fu poi prorogato per altre mostre.
Tuttavia Corrado rileva anche una contraddizione in una risposta inviata il 3 giugno 2019 dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio a una richiesta di informazioni di Dania Mondini: “l’Archivio Modigliani”, si legge in questo documento, “non fu donato allo Stato italiano, contrariamente alle intenzioni manifestate in occasione della cerimonia in Sant’Ivo alla Sapienza del 14 novembre 2006, sia dall’erede Laure Modigliani, sia dall’allora direttore generale archivi Maurizio Fallace”, aggiungendo che “il bene non è dello Stato italiano e non è un bene pubblico. Non è neanche un bene culturale privato, dunque i proprietari non hanno alcun dovere nei confronti dello Stato”. L’ultimo passaggio è la denuncia presentata alla Procura della Repubblica di Asti da parte di Mondini e Loiodice: nella denuncia, i due “rappresentano i fatti contenuti nel libro circa l’esportazione (probabilmente illegale) degli Archivi Modigliani dall’Italia all’estero, seguendone le tracce e ricostruendone il percorso dal nostro Paese a Chiasso, da Chiasso a Milano, da Milano a New York e poi ancora dagli USA a Ginevra”, città quest’ultima dove si troverebbe il materiale.
Corrado chiede dunque al ministro dei beni culturali Dario Franceschini di avviare un’indagine ufficiale per chiarire finalmente termini e responsabilità della cessione “fantasma” e le ragioni della mancata dichiarazione di interesse culturale così come dell’omessa apposizione di un vincolo storico-relazionale; inoltre, viene chiesto se il ministro non “ritenga doveroso chiarire definitivamente che l’insieme dei circa 6.000 reperti costituenti la memoria di uno dei più grandi artisti italiani di tutti i tempi ha carattere storico ed è di interesse nazionale, ragione per intervenire nelle sedi più opportune, italiane ed estere, affinché si provveda celermente al recupero degli Archivi Legali Modigliani in qualsiasi parte del mondo si trovino e perseguire chiunque sia responsabile della loro sottrazione allo Stato”, e sen on creda opportuno “na volta che detto materiale sia rientrato nel nostro Paese (e sia stata eseguita la cernita per estrapolare gli eventuali falsi di cui Mondini e Loiodice sospettano la presenza), consentire al Comune di Livorno, città natale del Maestro, di custodirli ed esporli, in modo da sottrarli alle speculazioni di privati che ancora oggi tentano di utilizzare il nome e l’opera di Modigliani a fini illeciti”. Avere la titolarità di questo fondamentale repertorio di documenti vorrebbe dire infatti cominciare a fare luce sull’attività di Modigliani, che negli ultimi anni è stata purtroppo offuscata da molte ombre in quanto spesso oggetto d’interessi tutt’altro che trasparenti.
C'è un patrimonio di 6.000 documenti su Modigliani, ma non si sa di chi sono: forse dello Stato |