La discussione pubblica sui monumenti si accende anche in Italia e investe il già discusso monumento al giornalista Indro Montanelli (Fucecchio, 1909 - Milano, 2001) collocato nei giardini pubblici a lui dedicati a Milano, ai bastioni di Porta Venezia: lo storico fondatore de Il Giornale è da anni al centro di una controversia per il fatto che nel 1936, mentre prendeva parte come volontario alla guerra in Abissinia, contrasse un matrimonio di madamato con una ragazzina eritrea di 12 anni. Il madamato era una forma di matrimonio temporaneo (con tanto di scadenza) attraverso cui gli italiani si univano more uxorio a ragazze del posto (spesso giovanissime), piuttosto diffuso tra i nostri connazionali che si recavano nelle colonie africane, e già all’epoca visto molto male delle autorità (anche se non per le ragioni odierne: i fascisti lo ritenevano infatti una minaccia per l’integrità della razza italica, oltre che fonte di malattie veneree), e a partire dal 1937 severamente proibito.
Il monumento, installato nel 2006, è da anni al centro di polemiche, tanto da essere già stato imbrattato in passato: è accaduto l’8 marzo del 2019, quando esponenti del movimento Non una di meno lo hanno imbrattato con vernice rosa. Montanelli, infatti, non si è mai pentito di aver avuto una relazione “colonialista” con una dodicenne quando lui aveva venticinque anni, e si è sempre giustificato dicendo che si trattava di tempi e di circostanze particolari, e che il madamato era un’usanza. Per questo, il monumento torna oggetto di discussione: i Sentinelli di Milano, movimento laico e antifascista, ha scritto ieri al sindaco di Milano, Beppe Sala, per chiedere la rimozione della statua.
“A Milano”, si legge nella missiva, “ci sono un parco e una statua dedicati a Indro Montanelli, che fino alla fine dei suoi giorni ha rivendicato con orgoglio il fatto di aver comprato e sposato una bambina eritrea di dodici anni perché gli facesse da schiava sessuale, durante l’aggressione del regime fascista all’Etiopia. Noi riteniamo che sia ora di dire basta a questa offesa alla città e ai suoi valori democratici e antirazzisti e richiamiamo l’intero consiglio a valutare l’ipotesi di rimozione della statua, per intitolare i Giardini Pubblici a qualcuno che sia più degno di rappresentare la storia e la memoria della nostra città Medaglia d’Oro della Resistenza”.
“Dopo la barbara uccisione di George Floyd a Minneapolis”, conclude il testo, “le proteste sorte spontaneamente in ogni città con milioni di persone in piazza e l’abbattimento a Bristol della statua in bronzo dedicata al mercante e commerciante di schiavi africani Edward Colston da parte dei manifestanti antirazzisti di Black Lives Matter richiamiamo con forza ogni amministrazione comunale a ripensare ai simboli del proprio territorio e a quello che rappresentano”.
La richiesta dei Sentinelli ha ottenuto l’approvazione dell’Arci, che si è unita alla domanda, ma ha avuto poco successo in consiglio comunale. Alcuni consiglieri del Pd si sono detti aperti alla discussione, ma a spegnere l’entusiasmo è stato il capogruppo Filippo Barberis, secondo cui sarebbe un errore: “sono molto, molto lontano culturalmente da questi tentativi di moralizzazione della storia e della memoria che trovo sbagliati e pericolosi”, ha detto Barberis. “Atteggiamenti che hanno a che fare più con la categoria della censura che della riflessione critica e che hanno ben poco a che vedere con la sensibilità della nostra città che da sempre si confronta con le contraddizioni e la complessità della società e dei suoi personaggi. Montanelli ha commesso un errore grave, imperdonabile. Se questo fosse però il criterio per rimuovere statue o cambiare il nome alle vie dovremmo rivedere il 50% della toponomastica mondiale”. Barberis ha poi aggiunto che “sarebbe inoltre poco comprensibile dedicare tempo all’argomento in Comune in questa delicatissima fase dove in testa e a cuore dovremmo avere, e a tutti gli effetti abbiamo, ben altre priorità e progetti”.
Naturalmente contrari anche gli esponenti della destra. Fabrizio De Pasquale (Forza Italia) commenta: “i nome dell’antirazzismo vogliono rimuovere la statua di Montanelli. Sala non ascolti i Sentinelli campioni di intolleranza e odio politico”, e in un video girato proprio di fronte alla statua definisce Montanelli “il più grande giornalista italiano, un esempio di libertà, indipendenza e di grande attaccamento alla sua professione”, e bolla la richiesta come “un grandissimo volo pindarico partorito da menti veramente malate, veramente condizionate troppo da ideologia, e imbevute di vera intolleranza, di vero fondamentalismo”, per concludere dicendo che “Indro Montanelli non si tocca”. Anche Matteo Salvini, leader della Lega, è intervenuto sulla questione, scrivendo sui social: “Giù le mani dal grande Indro Montanelli! Che vergogna la sinistra, viva la libertà”. Critiche, infine, dalla formazione cattolica “Milano Popolare”: il suo leader Matteo Forte definisce i Sentinelli come i “talebani dell’antifascismo”, e li sprona affinché “ripassino la storia” perché “scopriranno che nella città medaglia d’Oro della Resistenza il giornalista fu fatto prigioniero e condotto a San Vittore dai nazisti per poi essere liberato da patrioti cattolici”.
Dalla giunta, invece, non sono ancora arrivati commenti.
Nella foto: il monumento a Indro Montanelli.
“Rimuovete la statua di Indro Montanelli a Milano”: i Sentinelli scrivono a Beppe Sala |