Restituire alle chiese per cui furono dipinte le pale che oggi si trovano nei musei, anche se si tratta di capolavori? La proposta viene dal direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, che sottolinea l’opportunità di restituire alla basilica di Santa Maria Novella la Pala Rucellai di Duccio di Buoninsegna, sperando che si apra un dibattito su questa proposta.
“Credo che il momento sia giunto”, ha dichiarato stamani Schmidt a margine della riapertura al pubblico di Palazzo Pitti. “I musei statali compiano un atto di coraggio e restituiscano dipinti alle chiese per i quali furono originariamente creati. In tanti musei statali si trovano tavole, tele, pale ed altri dipinti ideati e realizzati per chiese o cappelle. E visto che l’Italia si distingue da altri paesi per la diffusione del patrimonio dei beni culturali su tutto il territorio, una ricongiunzione storica (ove possibile) riporterà valore ad opere d’arte e luoghi. Il modo più concreto per ripristinare il principio del ‘museo diffuso’ (secondo la felice espressione di Antonio Paolucci) è che i musei statali comincino a riportare nei luoghi sacri i dipinti che per essi furono creati: nella loro sede originale ritroverebbero il giusto contesto architettonico-spaziale e il rapporto con le altre opere d’arte, con una ‘valorizzazione virtuosa’ dal punto di vista storico e artistico”.
Secondo Schmidt, “le opere ricontestualizzate riacquisirebbero il loro significato spirituale originario, quello che in prima battuta aveva determinato la loro creazione. Per Firenze, non parlo di opere acquistate nel corso dei secoli dai Medici e dei Lorena, spesso per cifre assai cospicue, e inserite in contesti collezionistici ben precisi, ma di pale d’altare che dalle chiese spesso sono finite nei depositi dei musei, o che nei musei sono state trasportate solo temporaneamente per poi rimanervi senza alcun passaggio di proprietà ufficiale. È ovvio che per un ritorno devono essere prima di tutto garantite le condizioni di sicurezza (antifurto, antivandalismo e climatiche, ambientali)”.
Il caso forse più importante di un capolavoro sottratto al suo contesto originale, fa notare Schmidt, “si trova proprio agli Uffizi: la Pala Rucellai di Duccio di Buoninsegna, che nel 1948 fu portata via dalla basilica di Santa Maria Novella e dagli anni Cinquanta del Novecento è esposta nella sala di Michelucci e Scarpa, insieme alle Maestà di Giotto e di Cimabue. Non è mai entrata a far parte delle proprietà del museo”.
A proposito della Pala Rucellai, Schmidt afferma che “certamente agli Uffizi questo monumentale dipinto offre la possibilità di un paragone stilistico con le due pale di Cimabue e Giotto, ma la sua assenza da Santa Maria Novella sottrae una parte essenziale alla sua storia e al suo senso complessivo. Mi auguro un dibattito ampio, aperto, pubblico e privo di pregiudizi sull’opportunità di restituire l’opera alla basilica di Santa Maria Novella per la quale essa fu ideata e dipinta (e non di collocarla un fantomatico e costoso nuovo museo, come è stato proposto: allora tanto vale lasciarla agli Uffizi)”.
“Questa proposta”, conclude il direttore degli Uffizi, “era già stata giustamente avanzata negli anni Novanta da Giorgio Bonsanti ed è sacrosanto metterla in pratica. Anche a mio personale parere, ‘il ritorno a casa’ della pala di Duccio sarebbe non solo un atto dovuto di giustizia storica, ma anche un bellissimo modo per celebrare, nel 2021, gli 800 anni dell’insediamento dell’ordine domenicano in Santa Maria Novella, all’insegna di un dialogo sempre più fertile, culturale e spirituale, tra Stato e Chiesa”.
Immagine: Duccio di Buoninsegna, Pala Rucellai (1285 circa; tempera su tavola, fondo oro, 450 x 290 cm; Firenze, Uffizi)
Schmidt (Uffizi): “i musei dovrebbero restituire i dipinti alle chiese. Si apra un dibattito anche sulla Pala Rucellai” |