Negli ultimi giorni diversi quotidiani, prima negli Stati Uniti e poi anche in Italia, hanno diffuso notizie allarmistiche su di una decisione dell’Università di Yale, che secondo alcuni avrebbe eliminato il tradizionale corso introduttivo di storia dell’arte in quanto troppo eurocentrico e troppo tarato sugli artisti bianchi, per introdurre corsi sulle espressioni artistiche di culture diverse rispetto a quella occidentale. Così, tra mezze verità e notizie riportate in modo parziale, è passata l’idea che Yale abbia voluto ridurre la presenza dell’arte “tradizionale”, per così dire, in favore di quella prodotta da culture non occidentali.
È però tutto spiegato molto bene in un comunicato scritto dal presidente del dipartimento di Storia dell’Arte di Yale, Tim Barringer, e dal direttore degli Undergraduate Studies del Dipartimento (gli undergraduate studies sono il corrispettivo della nostra laurea triennale), Marisa Bass, discusso e approvato da tutti i membri del dipartimento. La questione riguarda i due principali survey course (“corsi introduttivi”) di storia dell’arte che Yale offre agli studenti. I survey course, nelle università statunitensi, sono corsi semestrali che affrontano degli argomenti in modo generico, e per la storia dell’arte Yale ne ha due: uno che affronta la storia dell’arte dell’antico Medio Oriente, dell’Egitto e dell’Europa pre-rinascimentale, e l’altro che invece riguarda la storia dell’arte europea e americana dal Rinascimento a oggi.
Nel comunicato si rimarca dapprima che, per più di un decennio, il Dipartimento di Storia dell’Arte di Yale si è dedicato a studiare l’arte in tutte le sue forme (anche grazie alle vaste collezioni della Yale University Art Gallery, che contengono opere e oggetti da ogni parte del mondo), che “la storia dell’arte è una disciplina globale”, e che l’Università di Yale ha garantito contributi importantissimi agli studi dell’arte precolombiana, dell’arte africana, dell’arte asiatica e dell’arte islamica (e, ovviamente, dell’arte europea). “La diversità degli interessi intellettuali del dipartimento”, si legge nel comunicato, “è analoga alla diversità dell’odierno corpo studenti”. Il punto è che Yale “punta a offrire la più ampia selezione di corsi possibili, ben equilibrata attraverso le epoche e i luoghi, mantenendo intenso lo studio dell’arte occidentale, dalla Grecia classica al Medioevo, dal Rinascimento al Barocco, dall’arte dell’Ottocento a quella moderna e contemporanea”.
Yale ha già una vasta offerta di corsi che coprono diverse epoche e diverse culture (alcuni dei corsi si chiamano, ad esempio, “Power, Gender, and Ritual in African Art History”, “Arts of China”, “Sanctuaries in Syria and Phoenicia during the Roman Period”, “Russian Style: Material Culture and the Decorative Arts in Imperial Russia”, “Writers and Artists in Paris, 1780–1914”, “Greek Art and Architecture”). Si tratta, dunque, di corsi molto specifici e su molti argomenti. Per i corsi introduttivi, invece, la questione è diversa, dato che, come detto sopra, ne esistono soltanto due. L’idea dunque è quella di aprirne di nuovi, tra i quali “Global Decorative Arts”, “Arts of the Silk Road”, “Global Sacred Art”, “The Politics of Representation”, tutti peraltro studiati in modo da “fare riferimento alle ricche collezioni di Yale, ma anche per muoversi attraverso le tradizioni e i periodi”.
A partire dall’autunno 2019, Yale si è impegnata per offrire quattro diversi corsi introduttivi ogni anno, “pensati per introdurre all’argomento gli studenti che non avevano precedenti esperienze in fatto di storia dell’arte”. Sono inoltre “corsi che coprono un ampio raggio in termini di geografia e cronologia”. “Essenziale ai fini di questa decisione”, si legge ancora nella nota, “è la convinzione, da parte del Dipartimento, che nessun corso introduttivo insegnato nello spazio di un semestre possa essere tanto comprensivo, e che nessun corso introduttivo possa essere considerato come il corso definitivo della nostra disciplina”.
Di qui, la decisione di sostituire i due corsi tradizionali con nuovi corsi: “alcuni”, specifica il comunicato, “affronteranno i monumenti e i capolavori dell’arte europea e americana, altri invece introdurranno altre tradizioni del mondo, e altri ancora saranno organizzati in maniera tematica in modo da offrire prospettive comparate”. Tuttavia, conclude la nota, “come sempre, i nostri corsi introduttivi porteranno gli studenti di Yale ad avere incontri faccia a faccia con opere e oggetti di grande bellezza e valore culturale che provengono da ogni luogo ed epoca. Continuiamo, più che mai, il nostro impegno nello studio di tutte le forme d’arte, architettura e cultura visuale, e continuiamo a condividere il nostro sguardo sulle opere d’arte, dalle sculture del Partenone ai bronzi del Benin, dalla Firenze rinascimentale alla scultura azteca, dal Taj Mahal alla performance e all’arte digitale”. E il fatto che a questa decisione sia stata dedicata molta attenzione “dimostra”, secondo i membri del Dipartimento, “quanto possa e debba essere significativo, vivo e anche controverso lo studio della storia dell’arte”.
Nessuna cancellazione, insomma: gli studenti di Yale continueranno a studiare la storia dell’arte occidentale come hanno sempre fatto. Solo, il corso sicuramente cambierà nome (probabilmente avrà un titolo come “Introduzione alla storia dell’arte occidentale”, lo stesso nome con cui Barringer già chiama a livello ufficioso il corso attuale) e sarà affiancato da altri corsi che prima non esistevano.
Nell’immagine: Vanderbilt Hall, Università di Yale
Yale cancella il corso di storia dell'arte perché troppo eurocentrico? Ecco come stanno davvero le cose |