Com’era ampiamente prevedibile, il Getty Museum non intende arretrare sulla vicenda dell’Atleta di Lisippo, e i propositi di tenere la statua del IV secolo a.C. rimangono inalterati anche dopo che la giustizia italiana ha dato il suo ultimo parere con il verdetto della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso del museo statunitense contro il sequestro dell’opera disposto in giugno dal gip di Pesaro.
“Continueremo a difendere i nostri diritti nei confronti della statua”, ha dichiarato Lisa Lapin, vicepresidente del dipartimento comunicazione del J. Paul Getty Trust. “La legge e i dati di fatto in questo caso non garantiscono al governo Italiano la restituzione di una statua che è stata esposta pubblicamente a Los Angeles per quasi mezzo secolo. La statua è di antiche origini greche, è stata trovata in acque internazionali nel 1964, e acquistata dal Getty Museum nel 1977, diversi anni dopo che la suprema corte italiana, la Corte di Cassazione, arrivò alla conclusione, nel 1968, che non c’erano prove dell’appartenenza della statua all’Italia. Ora la corte non ha offerto nessuna spiegazione scritta che motivi la sua decisione, che è in contrasto con la sua constatazione di cinquant’anni fa, secondo la quale non c’era alcuna prova dell’appartenenza dell’opera all’Italia”.
“Inoltre”, aggiunge Lapin, “la statua non ha mai fatto parte del patrimonio culturale italiano. Una scoperta accidentale fatta da cittadini italiani non rende la statua un oggetto italiano. Rinvenuto fuori dal territorio di qualsiasi stato moderno, e immerso nel mare per due millenni, il bronzo ha soltanto una vaga e incidentale connessione con l’Italia. Crediamo che ogni ordine di sequestro sia contrario alla legge americana e internazionale. La nostra priorità è quella di continuare le nostre collaborazioni produttive e di lunga durata con i tanti colleghi italiani e con il Ministero dei Beni Culturali. È spiacevole che questa vicenda ci abbia distratto da questo importante lavoro”.
Il Getty inoltre non perde l’occasione di sottolineare come abbia continuato a collaborare con l’Italia per decenni, proteggendo, conservando e facendo ricerca sul patrimonio italiano. “La Getty Foundation”, elenca Lapin, “ha supportato 137 progetti sull’arte italiana totalizzando più di 20 milioni di dollari, ha assegnato 500.000 dollari in borse universitarie agli studiosi italiani, e ha ospitato 130 studiosi, ricercatori e tirocinanti italiani supportati da borse per un totale di oltre 1,3 milioni di euro. Dal 1984, il Getty Museum ha prestato più di 130 dipinti, sculture, disegni, fotografie e altre opere a oltre 50 istituti diversi in Italia. Allo stesso modo, il Getty Research Institute (GRI), dal 1991, ha prestato 70 dipinti, disegni, manoscritti e libri rari per mostre in Italia. Il Getty ha presentato più di dodici mostre in collaborazione con le istituzioni italiane, alcune di esse nate da accordi tra il Getty e il ministro italiano dei beni culturali, l’assessorato siciliano alla cultura e all’identità siciliana, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, i Musei Capitolini di Roma e il Museo di Aidone. Nell’ambito di queste collaborazioni, il Getty si è occupato della conservazione di cinque opere antiche molto significative e di una collezione di trentasette oggetti votivi, tutti appartenenti a musei italiani”.
Ancora, conclude Lapin, il Getty “dà grande importanza alla forte e proficua collaborazione con il ministero italiano dei beni culturali e con i colleghi dei musei italiani”.
Infine, con una nota separata, il museo losangelino ha voluto ribadire la propria posizione: secondo il Getty, l’Atleta di Lisippo non è italiano, non è stato rinvenuto in acque italiane, e la legge italiana non può essere applicata al bronzo, a meno che l’Italia non riesca a dimostrare che è stato trovato in acque italiane (la legge statunitense richiede infatti che uno Stato che reclama una proprietà culturale conservata negli Stati Uniti riesca a provare che l’oggetto sia stato trovato sul territorio nazionale). Inoltre, anche se la legge italiana applica pene nei confronti di chi compie il reato di esportazione illegale di beni culturali, il Getty non ha niente a che vedere con un’eventuale esportazione illegale, e gli Stati Uniti non hanno leggi che riguardino il ritorno di proprietà illegalmente esportate.
Il Getty motiva poi la propria posizione su ulteriori basi giuridiche: la sentenza della Cassazione del 1968 che assegna l’opera al museo americano, il fatto che le leggi internazionali non impongano l’obbligo di restituzione (inoltre, precisa il Getty, la statua ha lasciato l’Italia prima dell’esistenza della Convenzione dell’UNESCO del 1970, e molto prima che Italia e USA la ratificassero: in ogni caso, la Convenzione non obbliga la restituzione d’oggetti, a meno che non siano stati rubati da una collezione museale), l’accordo Italia-USA che riguarda il ritorno di oggetti ma solo in determinate circostanze (ovvero materiale archeologico di origini italiane, ma non oggetti greci passati attraverso l’Italia in tempi recenti). In ultimo, il Getty si oppone alle ragioni del giudice di Pesaro, che ritiene italiano l’oggetto perché equipara al territorio nazionale l’imbarcazione, battente bandiera italiana, che ha ritrovato l’Atleta di Lisippo: una giustificazione del genere, oltre a essere in contrasto con la terza convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, adottata nel 1982, “produrrebbe l’assurdo caso che se il bronzo fosse stato trovato da un peschereccio australiano, sarebbe diventato una proprietà culturale australiana”.
Atleta di Lisippo, il Getty: “non ha mai fatto parte del patrimonio italiano e noi non dobbiamo restituirlo” |