Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese, e unica tra i direttori pre-riforma Franceschini ad essere stata confermata al suo ruolo dopo il grande concorso del 2015, subirà un processo per assenteismo, che la vedrà comparire dinnanzi al giudice il prossimo 28 febbraio. Nel capo d’imputazione si legge che la direttrice, in tredici giornate lavorative (per un totale di quaranta ore e cinquantanove minuti), avrebbe omesso di registrare, tramite strisciatura del badge, il proprio allontanamento dal posto di lavoro: di conseguenza, avrebbe dovuto passare in ufficio le ore che le vengono contestate. L’intera vicenda è raccontata nell’edizione cartacea di Repubblica di oggi, 9 febbraio. Si tratta di un’accusa grave, che ha come conseguenze pene che vanno dagli uno ai cinque anni.
Come riportato da Repubblica, secondo il pm Maria Letizia Golfieri che ha fatto partire le indagini a seguito di un esposto anonimo, la direttrice “si procurava un ingiusto profitto, consistito nella percezione della retribuzione come se avesse effettuato la prestazione lavorativa per le ore risultanti dal cartellino delle presenze, mentre in realtà si allontanava per esigenze proprie, immotivate e non segnalate dall’ufficio, con relativo depauperamento per l’amministrazione pubblica”. La difesa di Anna Coliva sottolinea invece che la direttrice aveva regolare permesso personale oppure era in missione per incontri e convegni, mentre in altre occasioni era addirittura in ferie. La storica dell’arte, intervistata dal quotidiano, fa sapere anche di “non aver mai preso un giorno di malattia”, di aver lavorato spesso anche durante le ferie e di trovare mortificante l’idea che possa essere accusata di assenteismo. Inoltre, parla di una “macchinazione” che a suo avviso sarebbe stata appositamente ordita contro di lei, dal momento che altri ambivano al posto di direttore della Galleria Borghese.
La direttrice della Galleria Borghese a processo per assenteismo. Lei si difende: “ero in permesso” |