Finestre sull’Arte dedica, per la XXXI edizione della Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, tre focus ad altrettante gallerie. Cominciamo con Enrico Frascione, gallerista napoletano (ma fiorentino d’adozione) classe 1940, che con la galleria di famiglia è presente alla BIAF fin dalla prima edizione del 1959. Antiquario da tre generazioni, è oggi uno dei più importanti attori del mercato internazionale.
Questa edizione 2019 della Biennale, ci fa sapere Enrico Frascione, è andata molto bene “Abbiamo avuto un incremento di pubblico veramente eccezionale”, ci confida. “Basti pensare che l’aeroporto di Firenze era pieno di aerei privati che sono arrivati da tutta Europa. E poi, la cena di gala della prima serata, organizzata qui a Palazzo Corsini, con 750 persone a sedere selezionate, è stata un evento attesissimo con richieste da tutto il mondo per avere un tavolo. Un evento stupendo, direi”.
Quando la Biennale Internazionale dell’Antiquariato fu fondata, nel 1959, la galleria Frascione era tra le fondatrici, e da allora non ha mai mancato un appuntamento con la grande mostra-mercato fiorentina. “Io accompagnai mio padre Vittorio alla prima Biennale”, ricorda Enrico Frascione, “e sono stato al suo fianco fino al 1974”: da quella data, Enrico ha aperto la propria galleria, ma mai è mancato l’interesse per la Biennale, anche perché secondo lui questo evento ha qualcosa in più rispetto agli altri che si svolgono in ogni parte del mondo. “La Biennale”, ci spiega, “si differenzia dalle altre proprio perché è... biennale. Non esiste un’altra mostra al mondo che abbia cadenza biennale. Quindi l’evento è reale, nel senso che tutti aspettano davvero due anni per vedere gli oggetti che vengono esposti, molti dei quali sono inediti. Il fatto che questa manifestazione venga organizzata ogni due anni impone, infatti, un ritmo che le consente di essere molto più sorprendente rispetto a tante altre fiere. Pensiamo per esempio al TEFAF di Maastricht, una mostra bellissima, che però, avendo cadenza annuale, non riesce ad avere questa caratteristica”.
Per l’edizione di quest’anno, Enrico Frascione ha creato una sorta di omaggio a Firenze, con una selezione di dipinti di artisti fiorentini, prevalentemente dal Rinascimento al Settecento, ma si spazia anche oltre. Il gallerista ci mostra due “arlecchinate” di Giovanni Domenico Ferretti (Firenze, 1692 - 1768), eseguite verso la metà del Settecento, ma il principale focus è però sul Quattro e Cinquecento. Ci mostra per esempio un Ritratto di giovane di Maso da San Friano (Tommaso Manzuoli; Firenze, 1531 - 1571), datato 1560 sul davanzale della finestra. Si caratterizza per le sue figure spigolose che risentono della lezione di Carlo Portelli, maestro di Maso da San Friano e figura di spicco del manierismo fiorentino, ma anche per alcuni elementi (gli edifici d’invenzione sul paesaggio, il volto allungato) che sono tratti tipici del suo stile. “La particolarità di quest’opera”, ci illustra il gallerista, “è che si tratta di un ritratto di giovane fiorentino, di famiglia altolocata, che si dona alla sposa: è un ritratto fatto per la futura moglie. Una mano è posata sul cuore, l’altra indica come a dire ‘è per te’, un gesto che ritroviamo anche in altri dipinti simili”.
Altra interessante opera è una Allegoria della pace di Agnolo di Domenico del Mazziere (Firenze, 1466 - 1513), risalente al 1490 circa. Dipinto importante, pubblicato per la prima volta nel 1938 da Adolfo Venturi, che lo attribuiva a Sandro Botticelli (e questo già dà un’idea della qualità dell’opera, che fu poi più convincentemente assegnata ad Agnolo di Domenico del Mazziere da Edith Gabrielli e Roberta Bartoli) e che ne identificava correttamente il soggetto, appunto una allegoria della pace. Il dipinto è stato studiato anche da Cristina Acidini, che ha sottolineato come lo sguardo sereno della figura femminile rimandi ulteriormente al tema della pace. Figura che a sua volta richiama la dea dell’amore nella Venere e Marte di Botticelli conservata alla National Gallery di Londra. “Quest’opera”, evidenzia Enrico Frascione, “è anche un’allegoria della bellezza che vince sulla forza, con un’iconografia inequivocabile, perché abbiamo una splendida figura femminile che siede sopra un elmo e alcune lame di spade. Il riferimento alla pace è poi completato dal ramoscello di ulivo che la giovane tiene tra le dita della mano sinistra”.
Parlando di questo dipinto, Enrico Frascione ci fa sapere che si tratta di un’opera notificata: per legge, dunque, non può lasciare i confini italiani. “Le leggi italiane”, conclude dopo che gli chiediamo di esprimersi su questo tema, “sono utili, è giusto che ci siano, servono per preservare tante cose: se non ci fossero, per il nostro patrimonio sarebbe un vero salasso. Ma ritengo anche che in certi casi siano esagerate: penso che occorra riformare il concetto di ‘bene culturale’. Non solo: questo è un pezzo sicuramente importante, e capisco che qui, al museo di Palazzo Davanzati, ne abbiano di simili e credo che lo vorrebbero. Per questo, penso che lo Stato dovrebbe comperare, invece che notificare”.
Di seguito: le foto delle opere e la foto dello stand alla XXXI edizione della BIAF.
Maso da San Friano, Ritratto di giovane (1560; olio su tavola, 75,5 x 62 cm) |
Agnolo di Domenico del Mazziere, Allegoria della pace (1490 circa; tempera su tavola, 82 x 168,5 cm) |
BIAF focus 1/3. Enrico Frascione: “lo Stato dovrebbe comperare, invece che notificare” |