Ecco perché il Giudizio Universale appena scoperto non può in alcun modo essere di Michelangelo


Scoperto a Ginevra un Giudizio Universale, subito attribuito a Michelangelo e ritenuto la sua prima opera a olio nota. In realtà, il dipinto ritrovato in Svizzera non ha alcuna possibilità di essere un’opera del grande artista, per ragioni stilistiche, iconografiche e storiche. Ecco perché.

Non esiste possibilità alcuna che il dipinto riemerso ieri a Ginevra, una versione ridotta del Giudizio universale di Michelangelo, possa essere attribuito a lui, all’autore del grande affresco sulla parete di fondo della Cappella Sistina. L’opera, eseguita a olio su tela, del cui rinvenimento si è a lungo parlato nelle ultime ore su diverse testate, va semmai derubricata a copia della pala di Alessandro Allori eseguita per la cappella Montauti (poi trasferita nella cappella Galli) nella chiesa della Santissima Annunziata a Firenze, che a sua volta è un omaggio, per di più dichiarato, al Giudizio universale di Michelangelo. Ci sono ragioni stilistiche, iconografiche e storiche sufficienti per scartare con forza l’ipotesi che il piccolo dipinto ritrovato in Svizzera possa essere opera di Michelangelo.

Sulla conduzione del dipinto, va intanto evidenziato che molte figure presentano evidenti errori di proporzioni che Michelangelo, attento osservatore dell’anatomia umana, non avrebbe mai commesso: l’angelo tubicine sulla sinistra, per esempio, è molto più goffo rispetto a quello che Michelangelo dipinge sulla parete della Cappella Sistina, il san Giovanni Battista ha il pettorale destro più grande e basso del sinistro (l’errore non è presente invece nell’omologa figura della Sistina, ovviamente), la schiena del personaggio di spalle sulla destra sembra quasi un’interpretazione parodistica del vigore michelangiolesco dal momento che i movimenti dei fasci muscolari non presentano lo stesso studio e lo stesso rilievo della figura (per quanto carica) a cui si ispirano ma semplicemente li imitano senza comprenderli, e ancora lo scorcio e l’anatomia del braccio del personaggio in basso sulla sinistra risultano inverosimili (basta confrontarlo col personaggio che, nell’affresco, si sta alzando reggendosi con le mani sulla terra). La pittura a olio appena rinvenuta presenta poi colori molto più piatti rispetto all’affresco, mancano quasi del tutto i cangiantismi di Michelangelo (si osservi, per esempio, la tunica della Vergine), le figure hanno un rilievo decisamente meno statuario rispetto a quelle della Cappella Sistina, le nuvole appaiono molto più pesanti.

Quanto alle ragioni iconografiche, si osserva un presunto autoritratto di Michelangelo tra i salvati, sulla sinistra: al di là del fatto che l’effigie dell’artista ricalca quella eseguita da Daniele da Volterra nel ritratto oggi al Metropolitan di New York, appare alquanto improbabile che l’artista abbia voluto raffigurare se stesso tra i salvati, e per di più modellando la propria immagine su di un ritratto realizzato da un collega. Le figure, inoltre, presentano, sui genitali, le censure che sarebbero state aggiunte dallo stesso Daniele da Volterra negli anni Sessanta: particolarmente rivelatore è il personaggio che viene trascinato verso l’alto dagli angeli che lo tengono per le gambe. I suoi genitali appaiono coperti, con un panno rosa che sarebbe stato aggiunto dal volterrano successivamente: nell’affresco della Cappella Sistina, l’aggiunta è stata rimossa, assieme a diverse altre, negli anni Novanta. Non è possibile che Michelangelo abbia in qualche modo ‘previsto’ o ‘suggerito’ l’intervento del più giovane pittore: anche qualora non si volesse prestare attenzione agli elementi stilistici, basterebbe questo unico elemento per respingere un’attribuzione a Michelangelo. Inoltre, nel dipinto svizzero, almeno a giudicare dalle foto che circolano, il Cristo presenta la stessa barba del Cristo di Allori, assente invece nel Giudizio di Michelangelo.

Il Giudizio Universale ritrovato a Ginevra
Il Giudizio Universale ritrovato a Ginevra
Il Giudizio Universale di Michelangelo
Il Giudizio Universale di Michelangelo
Il Giudizio Universale di Alessandro Allori
Il Giudizio Universale di Alessandro Allori

Sull’idea che Alessandro Allori possa aver eseguito la pala della Santissima Annunziata sulla base del Giudizio riemerso a Ginevra, presunto dono di Michelangelo al più giovane pittore, si può ricorrere alle Vite di Giorgio Vasari, contemporaneo di entrambi gli artisti: nel testo vasariano non esiste alcuna menzione a questa improbabile storia, ma viene detto che Allori si ispirò semmai al “Giudizio di Michelagnolo Buonarroti”, da intendersi ovviamente come quello della Cappella Sistina (“Ha [Allori] dipinta e condotta tutta di sua mano con molta diligenza la cappella de’ Montaguti nella chiesa della Nunziata, cioè la tavola a olio e le faccie e la volta a fresco. Nella tavola è Christo in alto e la Madonna in atto di giudicare con molte figure in diverse attitudini e ben fatte, ritratte dal Giudizio di Michelagnolo Buonarroti”).

Infine, occorre ricordare che Michelangelo non amava la pittura a olio, almeno stando al racconto di Vasari, che nelle Vite ricorda come Sebastiano del Piombo avesse suggerito al papa di far realizzare il Giudizio universale a olio “là dove esso non voleva farla se non a fresco”: Michelangelo avrebbe però risposto “che non voleva farla se non a fresco, e che il colorire a olio era arte da donna e da persone agiate e infingarde come fra’ Bastiano”. Questo episodio avrebbe addirittura segnato la rottura dell’amicizia tra Michelangelo e Sebastiano del Piombo. L’artista toscano, ha scritto Costanza Barbieri, specialista dell’arte del Cinquecento, “non sembra avere mai usato la tecnica a olio, se non in via sperimentale come tempera grassa, e dopo le esperienze romane si dedicherà alla pittura da cavalletto solo eccezionalmente. La famosa Leda, dipinta nel 1530 per Alfonso d’Este e ora perduta, era come il Tondo Doni una tempera su tavola. Michelangelo è stato un maestro assoluto del colore a tempera e a fresco, ma la pittura a olio, con i suoi effetti di morbidezza, trasparenza e profondità, era estranea alla sua poetica”.

Vale la pena concludere con alcuni pareri degli storici dell’arte che si sono espressi a caldo sul Giudizio universale trovato a Ginevra. Il primo a pronunciarsi è stato Andrea Alessi, studioso di Michelangelo e Sebastiano del Piombo, che ha parlato di “errori anatomici, sgrammaticature, colori improbabili. Vezzi eccessivamente superflui”, aggiungendo: “ne approfitto per sconfessare senza se e senza ma l’autografia”. La storica dell’arte Rossella Vodret ha bollato il tutto come “ridicolo”. E Stefano Zuffi commenta: “Da un Michelangelo (Merisi) all’altro (Buonarroti) la fabbrica delle panzane è sempre in attività”.


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Federico Giannini

L'autore di questo articolo: Federico Giannini

Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).





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