Caravaggio combatté come soldato in Ungheria prima di recarsi a Roma? Ecco cosa sappiamo


Ha fatto molto discutere un'intervista di Alberto Angela in cui il popolare divulgatore ha dichiarato che il carattere difficile di Caravaggio si deve a un suo possibile passato da soldato, combattente in guerra. Ma cosa sappiamo di preciso? Lo abbiamo chiesto a Rossella Vodret, storica dell'arte.

C’è un vuoto di almeno quattro anni nella vita di Caravaggio (Michelangelo Merisi; Milano, 1571 - Porto Ercole, 1610): non sappiamo dove sia stato e cosa abbia fatto tra gli ultimi mesi del 1592 (anno a cui risale l’ultima testimonianza nota della sua presenza in territorio lombardo) e il 1596, quando è invece documentato a Roma. Negli ultimi anni ha cominciato a circolare una singolare ipotesi, secondo la quale, in questo lasso di tempo, Caravaggio avrebbe combattuto come soldato. Un’idea che è stata, in qualche modo, sdoganata dal popolare divulgatore Alberto Angela, che l’ha resa nota attraverso una sua intervista alla rivista TV, Sorrisi & Canzoni, dove però l’ipotesi è stata presentata in toni molto romanzeschi.

“Ci sono periodi in cui nessuno sapeva dove fosse”, ha dichiarato Angela. “E forse proprio uno di questi è all’origine della sua indole violenta: pare sia andato per alcuni anni a combattere come mercenario, sviluppando al ritorno la ‘sindrome di Rambo’, quella dei reduci che non riescono più a inserirsi nella società. Questo spiegherebbe anche la sua abilità con le armi”. Sindromi di Rambo a parte, si tratta di un’idea su cui gli studiosi di Caravaggio stanno lavorando: ne parla, tra gli altri, la storica dell’arte, specialista di Caravaggio, Rossella Vodret, in uno dei suoi ultimi lavori, il libro Luoghi e misteri di Caravaggio scritto assieme a Paolo Jorio e pubblicato da Cairo nel 2018 (su Finestre sull’Arte è possibile trovare la recensione del volume, redatta da Michele Cuppone).

Ottavio Leoni, Ritratto di Caravaggio (1615-1620; carboncino nero e pastelli su carta blu, 234 x 163 mm; Firenze, Biblioteca Marucelliana
Ottavio Leoni, Ritratto di Caravaggio (1615-1620; carboncino nero e pastelli su carta blu, 234 x 163 mm; Firenze, Biblioteca Marucelliana)

Nel libro si legge che Caravaggio apparve a Roma all’improvviso, in un giorno di quaresima tra marzo e aprile, “dopo quattro lunghi anni di silenzio assoluto”. Cosa aveva fatto l’artista tra il 1592 e il 1596? Forse un viaggio di studio tra la Lombardia e il Veneto per conoscere l’arte dei maestri lombardi e veneti (come Moretto, Moroni, Savoldo, i fratelli Campi, e i veneziani, da Tiziano a Tintoretto), oppure probabile che sia stato in carcere. “Tra le congetture formulate”, leggiamo nel libro di Vodret e Jorio, “quella più inquietante era che avesse prestato servizio come soldato nella guerra d’Ungheria, combattuta in quegli stessi anni, che vide contrapposto l’impero austriaco ai turchi. Il suo cattivo carattere, la sua dimestichezza con le armi, soprattutto con le spade e con i pugnali, che sapeva ben usare e che sarebbero diventate una delle più frequenti cause dei suoi guai con la giustizia, non la rendevano assolutamente una possibilità da scartare. Anzi”. Per avere maggiori delucidazioni sull’argomento abbiamo raggiunto proprio Rossella Vodret, che ha anche collaborato come consulente scientifica per la trasmissione Stanotte con Caravaggio, lo speciale di Alberto Angela dedicato a Michelangelo Merisi.

Intanto, Vodret ha precisato che, naturalmente, se nella trasmissione si parlerà eventualmente di “sindromi di Rambo”, si tratterà di... libere interpretazioni di Alberto Angela, dal momento che i testi forniti alla Rai si sono limitati a riassumere l’ipotesi del Caravaggio soldato in Ungheria senza però avventurarsi in conclusioni affrettate e senza adoperare espressioni poco appropriate. Ad ogni modo, ci ha spiegato la studiosa, si tratta di un’ipotesi lanciata anni fa dallo storico dell’arte Luigi Spezzaferro (Roma, 1942 - 2006) e “tornata sotto la lente adesso che, dopo gli studi pubblicati nel 2011, si sono creati questi quattro anni, tra il 1592 e il 1596, durante i quali non si sa dove fosse Caravaggio: poteva essere in galera a Milano, poteva essere in viaggio a Venezia”. Nel 2011 è stato infatti pubblicato un documento fino ad allora inedito, scoperto nell’Archivio di Stato di Roma dalla studiosa Francesca Curti, che ha permesso di spostare l’arrivo di Caravaggio a Roma nel 1596, e non alla fine del 1592 come si pensava.

La deposizione del barbiere Pietro Paolo Pellegrini, il documento scoperto nel 2011 che ha consentito di datare l'arrivo di Caravaggio a Roma alla Quaresima del 1596
La deposizione del barbiere Pietro Paolo Pellegrini, il documento scoperto nel 2011 che ha consentito di datare l’arrivo di Caravaggio a Roma alla Quaresima del 1596

“Quello che è sicuro”, continua Vodret, “è che Caravaggio fosse una persona che non passava inosservata, soprattutto negli atti giudiziari, attraverso i quali è possibile documentare con esattezza le sue presenze. Quindi questa lunga assenza di documenti ha creato non pochi interrogativi: è vero che gli archivi di Venezia devono ancora essere vagliati in tal senso, così come dev’essere ancora fatto un lavoro a tappeto sugli archivi lombardi (nonostante la mole di lavoro meravigliosa che ha fatto Giacomo Berra), però è curioso che ci siano quattro anni di vuoto, e quattro anni sono un lasso di tempo molto lungo”.

Per spiegare il lungo periodo di silenzio potrebbe dunque esser valida l’idea di Caravaggio che parte soldato per andare a combattere in Ungheria? “In effetti”, spiega Vodret, “questa potrebbe essere una soluzione, che però ovviamente va studiata. L’abbiamo appena accennata nel libro Luoghi e misteri di Caravaggio perché ci sono tanti indizi, ma non c’è il documento che la prova con certezza. Un indizio potrebbe essere il fatto che Caravaggio avesse, indubbiamente, una mania per le armi: sono innumerevoli le aggressioni a suo carico, e nell’inventario della sua casa del 1605 sono registrate alcune armi”. Si riscontrano infatti, nell’inventario in questione, “dui spade et dui pugnali de marra”, e un altro pugnale rinvenuto dentro un “forzieretto”. “Tra l’altro”, prosegue Vodret, “due di queste armi, cioè una spada e un pugnale, sono state disegnate quando Caravaggio fu arrestato nel 1605, e il foglio è stato anche pubblicato sulla copertina del catalogo della mostra Caravaggio a Roma. Una vita dal vero, tenutasi all’Archivio di Stato di Roma nel 2011, un testo fondamentale. È un disegnino che mostra il pugnale e la spada con cui Caravaggio era stato sorpreso, secondo i tutori dell’ordine senza permesso, motivo per cui fu arrestato”.

Il disegno del pugnale e della spada nel verbale dell'arresto del 28 aprile 1605 per porto abusivo d'armi, firmato dal capitano Pino
Il disegno del pugnale e della spada nel verbale dell’arresto del 28 aprile 1605 per porto abusivo d’armi, firmato dal capitano Pino

“Parlandone con Mario Scalini, esperto d’armi”, spiega Vodret, "gli ho chiesto per quale ragione Caravaggio dovesse andare in giro con un pugnale e una spada, un equipaggiamento veramente eccessivo per un artista che apparentemente non aveva l’esigenza di aggirarsi armato. Secondo Scalini si tratta di un assetto tipico dei militari, che al tempo erano soliti andare in battaglia portandosi appresso la spada da una parte e il pugnale dall’altra. Mi è parsa una cosa molto strana: così ho voluto approfondire l’idea di Spezzaferro (vorrei sottolineare che siamo ancora alle prime verifiche), quella del Caravaggio che parte per la guerra in Ungheria, che si combatté proprio in questi anni, dato che cominciò nel 1593 e finì nel 1606. È emerso che avevano combattuto in Ungheria diversi personaggi che frequentavano gli stessi ambienti di Caravaggio, anche se non so bene perché, per esempio il fratello di Giovanni Baglione, Jacopo (che ci era anche morto), Tommaso ‘Mao’ Salini, e il soldato Petronio Troppa, che era con Caravaggio il giorno dell’omicidio di Ranuccio Tomassoni”.

Com’è noto, il 28 maggio del 1606 uccise un suo acerrimo rivale, il ternano Ranuccio Tomassoni: per l’omicidio Caravaggio fu condannato a morte in contumacia e la condanna fu all’origine della fuga che lo portò lontano da Roma (a Napoli, in Sicilia, a Malta) per gli ultimi quattro anni della sua vita, prima della morte avvenuta a Porto Ercole nel 1610, mentre l’artista attendeva di rientrare nell’allora capitale dello Stato Pontificio. Spiega Rossella Vodret: “dai documenti (io mi sono basata solo sui documenti: su Caravaggio bisogna fare così) sappiamo che l’episodio da cui scaturì l’omicidio Tomassoni fu in realtà uno scontro quattro contro quattro, quindi una specie di resa dei conti. E fra i quattro che stavano con Caravaggio c’era anche Petronio Troppa, un soldato che aveva preso parte alla guerra d’Ungheria, e in merito al delitto Tomassoni occorre registrare il fatto che i testimoni nei vari gradi del giudizio citano altri personaggi che erano stati nella guerra d’Ungheria. È come se si fosse creato un ambiente di persone che avevano combattuto in Ungheria. E in ogni caso è certo che, nel momento in cui doveva andare alla resa dei conti con Tomassoni, Caravaggio portò con sé un soldato della guerra d’Ungheria, presumibilmente un suo amico”.

“Un’ultima cosa su cui bisogna a mio avviso ragionare”, conclude Vodret, “sono anche le modalità con cui Caravaggio uccide Tomassoni, che sono abbastanza inquietanti: seguendo il racconto dei vari testimoni, Caravaggio si scontra con Tomassoni, lo ferisce, Tomassoni scappa, Caravaggio lo insegue, Tomassoni cade a terra, e mentre il rivale è a terra, Caravaggio lo colpisce sul ‘pesce della coscia’, come dice Baglione, ovvero gli recide l’arteria femorale. È dunque molto forte questo racconto che fanno i testimoni, perché non si tratta della descrizione di un duello, ma quasi di un’azione militare. Occorre però ancora approfondire a lungo la questione per poter mettere assieme un quadro".


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