Una inquietante scena di uno dei più grandi film di Pier Paolo Pasolini, il "Decameron" (ci troviamo in particolare nella novella di Ser Ciappelletto), è colma di riferimenti e di citazioni a diversi dipinti di un grande pittore fiammingo del Cinquecento, Pieter Bruegel il Vecchio. Chiara ci conduce attraverso questa lettura del film di Pasolini illustrandoci fin nei dettagli le singole citazioni alle opere di Bruegel.
Molti film di Pasolini, culturalmente parecchio stratificati, contengono citazioni artistiche. Tra questi il “Decameron”, girato nel 1971 come primo capitolo della cosiddetta Trilogia della Vita non è da meno. Gli episodi che lo compongono, tratti da alcune novelle del Boccaccio e trasferiti nel partenopeo Medioevo Mitologico pasoliniano, sono incastonati nel filo di due narrazioni che fanno da cornice. La prima cornice è la storia di Ser Ciappelletto, ossia la prima novella della prima giornata.
Il protagonista è un uomo di dubbia moralità e incallito peccatore che, per ironia della sorte, viene fatto santo. Inviato in un paese dove le sue nefandezze sono sconosciute con lo scopo di estorcere denaro a debitori, viene colto da un malore a casa dei suoi ospiti strozzini e così, in punto di morte, fornisce una falsa confessione farcita di così tante opere buone da garantirgli la santificazione. Nel film, prima dell'arrivo di Ciappelletto a casa degli usurai, si colloca una sequenza di un minuto articolata come un tableau vivant e composta da un misto di dettagli tratti da alcune opere di Pieter Bruegel il Vecchio (1525-1569): “Lotta tra Carnevale e Quaresima” (1559), “Il paese di Cuccagna” (1567), “Il trionfo della Morte” (1562) e “Giochi di Fanciulli” (1560).
Questa sequenza in sé ha un significato piuttosto sibillino. Non è parte integrante della storia, ma potrebbe essere letta come una sommaria rappresentazione del paese straniero in cui Ciappelletto viene ospitato (in casa degli usurai la lingua utilizzata nel film dai domestici è il tedesco), oppure come una specie di visione o sogno avuto dal protagonista stesso. Qualunque sia la sua entità, pur caratterizzata da colori vivi e azioni (apparentemente) gioiose, la sequenza reca con sé un presagio di morte riguardante Ciappelletto che, inquadrato subito dopo con un primo piano, deglutisce visibilmente allarmato.
I gruppi di personaggi che popolano questa serie di inquadrature sono disposti in modo casuale sopra un prato verde, ricalcando i diversi raggruppamenti di persone in cui sono articolati i quadri di Bruegel, colmi di dettagli. Parlando appunto di dettagli, alcuni di essi sono facilmente rintracciabili nei dipinti sopracitati.
“Lotta tra Carnevale e Quaresima” è un dipinto allegorico dove una serie di rappresentazioni legate ai bagordi carnevaleschi incontrano immagini di sofferenza e penitenza quaresimali. Le prime sono situate nella parte sinistra e fanno capo ad un'osteria e al Carnevale impersonato da un uomo panciuto a cavalcioni di una botte recante uno spiedo con un maialino cotto infilzato. Le seconde occupano la parte destra e hanno come riferimento una chiesa e una donna, parallelamente intesa come personificazione della Quaresima. La rappresentazione della stessa donna si ritrova nella sequenza del Decameron: è accompagnata in processione sopra una specie di carretto, la testa cinta da un'arnia (nel film sembra più un cesto) e in mano una pala recante, nel quadro, due aringhe. Nel film invece, la pala reca un teschio, quale primo presagio di morte nella sequenza. Gli altri dettagli di questo dipinto citato nella sequenza filmica sono la processione delle donne alle porte della chiesa che portano le proprie sedie in alto sulla testa e la processione dei penitenti avvolti nei loro mantelli scuri, preceduti da alcuni “storpi”. Se nel film questi sono solo un paio di uomini sorretti da stampelle, nella corrispettiva fonte pittorica essi sono più numerosi e malandati: ricurvi e privi di alcuni arti suggeriscono piuttosto un movimento sconnesso e disorganico. D'altronde la ricerca di soggetti ridotti nelle loro capacità motorie è un'altra fonte di ricerca nelle opere di Bruegel, come si può vedere in “La parabola dei ciechi” o “Gli Storpi”, entrambi del 1568. Questo dato di ricerca del grottesco e dello stravagante sicuramente è un punto di contatto tra l'artista e il regista, il quale a sua volta ricercava queste caratteristiche nella scelta di gran parte dei propri attori.
Il “Paese di Cuccagna” è citato direttamente per intero. Questo quadro infatti non è come gli altri tre di cui sopra caratterizzati da un'esorbitante quantità di personaggi e dettagli, ma rappresenta semplicemente tre uomini che, dopo un'abbondante mangiata, dormono ai piedi dell'albero della Cuccagna circondati dagli avanzi del lauto pranzo. Questo rimando ha una sua coerenza, infatti si ricollega sia all'idea di gozzoviglia carnevalesca, sia al fatto che la leggendaria Contrada del Bengodi, assimilabile al Paese di Cuccagna, è citata a sua volta nel Decameron del Boccaccio.
I rimandi legati a dettagli de “Il Trionfo della Morte” invece si collegano esplicitamente ai presagi mortiferi già espressi dal teschio riverso sulla pala della Quaresima. L'intero dipinto è infatti, dal canto suo, una via di mezzo tra la rappresentazione di un Giudizio più Infernale che Universale, e una Danza Macabra collettiva, dove una moltitudine di scheletri si aggira seminando distruzione in un paesaggio mortifero e devastato. Il primo richiamo è costituito dal dettaglio di un gruppo di persone (nel quadro sono sempre scheletri) che trascinano un carretto contenente un morto completamente fasciato. Ciappelletto stesso, nel film, una volta morto, apparirà in tal guisa durante la fastosa cerimonia di santificazione. Il secondo richiamo è invece costituito da un altro gruppo di persone che tira un carro ricolmo di teschi. Anche in questo caso, nel quadro, i soggetti non sono uomini, bensì scheletri.
L'elemento del teschio ritorna dunque ciclicamente. Si trova anche in un altro momento della sequenza raffigurante un gruppo di monaci bianchi e un vescovo disposti in cerchio mentre giocano a palla. La palla però in questo caso è un altro teschio. Il tema del gioco, reso qui inquietante, viste le altre connessioni con Bruegel, potrebbe rifarsi al dipinto “Giochi di fanciulli” che, pullulante di azioni simultanee, raffigura un'ottantina di tipici giochi dei bambini del tempo. Benché il gioco della palla non sia effettivamente presente tra questi, la scelta di Pasolini però non deve essere stata casuale. Nella vicenda di Ciappelletto la Chiesa risulta ingannata dal protagonista, ma allo stesso tempo si presenta come un'entità così potente da determinare a suo piacimento il destino delle persone una volta morte: così, giocando metaforicamente a palla con ciò che il defunto lascia - o fa credere di lasciare - sulla terra, anche il peggiore peccatore può diventare santo.
Per vedere la sequenza: https://www.youtube.com/watch?v=iOD03y9XZqk (da 0.42:52 a 0.43:53)Chiara Zucchellini