Un caso destinato a far discutere, quello della mostra Untitled, 2020 in corso fino al 13 dicembre 2020 alla Punta della Dogana di Venezia, una delle due sedi della Collezione Pinault (l’altra è Palazzo Grassi). La mostra, un focus sulla collezione Pinuault per raccontare alcune tendenze dell’arte contemporanea, inizialmente prevedeva la presenza di un’opera di Saul Fletcher, fotografo inglese noto soprattutto per i suoi assemblaggi creati con objet trouvé che indagano il senso della malinconia e della solitudine.
Il lavoro è stato però ritirato dalla rassegna a seguito dell’omicidio commesso da Fletcher, che lo scorso 22 luglio, a Berlino, ha ucciso la compagna, la storica dell’arte e curatrice statunitense Rebeccah Blum, per poi togliersi la vita. I loro corpi sono stati ritrovati a poca distanza temporale l’uno dall’altro: lei è stata assassinata nell’appartamento, mentre il cadavere di Fletcher è stato ritrovato nella loro casa di campagna nel Brandeburgo. Stando agli amici della coppia, pare che Fletcher soffrisse di seri problemi mentali, e di conseguenza la sua relazione con Rebeccah Blum aveva numerosi alti e bassi ed era decisamente tormentata. Blum, di un anno più grande rispetto a Fletcher, era stata per cinque anni (dal 2007 al 2012) direttrice della programmazione della galleria Aurel Scheibler di Berlino e aveva curato numerose mostre in tutta Europa. Nel 2012 aveva aperto una propria agenzia, la Blum Fine Art Management, e aveva poi creato lo spazio Satellite Berlin, attraverso il quale aveva concentrat le proprie ricerche sulle contaminazioni interdisciplinari tra arte e scienza.
Come conseguenza del femminicidio di Fletcher, Punta della Dogana ha ritirato l’opera del fotografo britannico da Untitled, 2020, “nel rispetto della memoria di Rebeccah Blum”, si legge in una nota, “e per esprimere solidarietà nei confronti di tutte le donne oggetto di violenza”. Non solo: dal sito di Palazzo Grassi è stato cancellato ogni riferimento a Saul Fletcher. Già poche ore dopo l’omicidio erano partite le prime richieste di rimozione del lavoro di Fletcher: la gallerista Alison Jacques, dell’omonimia galleria londinese, con un post su Instagram aveva dichiarato di aver rimosso “tutte le tracce del suo partner dal nostro sito” e di sperare “che il resto del mondo dell’arte faccia la cosa giusta: non va bene continuare a promuovere, archiviare o mostrare il lavoro di una persona che ha commesso violenza domestica e omicidio, e non importa quanto grande sia la fondazione o il museo, né importa quanto a lungo una galleria abbia lavorato con lui o pensi di conoscerlo”. La richiesta di Jacques ha però avuto anche alcuni pareri contrari. Un fotografo canadese, Brian Bray, ha commentato affermando che “il lavoro di Fletcher ovviamente va visto adesso sotto una luce diversa, ma deve essere visto: le gallerie di tutto il mondo sono piene di opere di alcune delle persone più problematiche che le nostre società tutt’altro che perfette hanno creato”. Qual è dunque la cosa giusta da fare? Nascondere per condannare, mostrare per conoscere, o altre modalità? Queste sono le domande che in molti, nel mondo dell’arte contemporanea, si stanno ponendo.
Nell’immagine: Saul Fletcher
L'artista è un femminicida, e a Venezia Pinault ritira la sua opera dalla mostra: giusto? |