È nata una vivace polemica negli Stati Uniti per un caso che si è verificato alla Hamline University di Saint Paul, nel Minnesota, dove una docente di storia dell’arte ha mostrato in classe ai suoi studenti alcune immagini medievali del profeta Maometto, e in seguito il suo contratto con l’ateneo non è stato rinnovato. Si pensa che il mancato rinnovo sia collegato a questo fatto: l’immagine del profeta, secondo alcune tradizioni della religione musulmana, è considerata blasfema, anche se esiste in certe regioni, per esempio in Persia e in Turchia, una plurisecolare tradizione di rappresentazione del profeta: la docente ha mostrato proprio immagini di queste opere, conservate peraltro in diversi musei americani. La lezione risale a ottobre scorso anche se il caso è montato in questi giorni, ma a Saint Paul se ne parla da almeno un mese.
A fornire un dettagliato resoconto di quanto avvenuto è il giornale degli studenti della Hamline, The Oracle, che ricostruisce il caso in un articolo di Kimia Kowsari. La lezione era centrata sull’arte islamica e la docente ha mostrato in classe due raffigurazioni del profeta Maometto, una del XIV secolo, opera di Rashid al-Din (considerata un capolavoro del libro illustrato persiano), raffigurante l’annuncio dell’arcangelo Gabriele al profeta, e una del XVI secolo, di Mustafa ibn Vali, che mostra il profeta con turbante e aureola. Il caso sarebbe stato sollevato da una studentessa musulmana che era in classe durante la lezione: “come musulmana e come persona di colore”, ha dichiarato a The Oracle, “non mi sento di appartenere, e penso non apparterrò mai, a una comunità che non mi valuta come suo membro e che non mostra verso di me lo stesso rispetto che io mostro verso di essa”. Dopo la lezione, la studentessa avrebbe parlato con la docente ma, ritenendo improduttiva la conversazione, ha scritto una mail all’associazione di studenti musulmani di cui è presidente (la Muslim Students Association, MSA) e anche all’amministrazione della Hamline University. L’ateneo si è scusato con la studentessa, e nel frattempo è continuato via mail il dialogo con la docente, che in una missiva mandata due giorni dopo la lezione si è scusata se ha urtato i sentimenti religiosi della studentessa dichiarando che non era suo intento mostrare mancanza di rispetto verso gli studenti.
Prima di mostrare le immagini, peraltro, la docente aveva avvisato l’uditorio sul contenuto annunciando la natura controversa di ciò che stava per mostrare. “Sto per mostrare queste immagini”, ha dichiarato la docente, “perché c’è un pensiero comune secondo cui l’Islam proibisce completamente, apertamente, qualsiasi rappresentazione figurativa o qualsiasi rappresentazione di personaggi santi. Sebbene molte culture islamiche disapprovino fortemente questa pratica, vorrei ricordarvi che non esiste una cultura islamica monotetica”. Secondo la professoressa, l’avviso agli studenti dimostrerebbe la sua assenza di cattive intenzioni. Ma per gli studenti dell’associazione islamica le scuse e le spiegazioni non sono bastate, dal momento che ne è seguita una riunione in cui si è ventilata l’ipotesi che ad Hamline serpeggino sentimenti di islamofobia, tanto che l’università ha poi scritto alla MSA una mail contenente un piano per affrontare l’islamofobia, ma l’associazione studentesca è rimasta delusa dal fatto che la missiva non contenesse riferimenti ai trascorsi incidenti islamofobici che a detta degli studenti si sarebbero verificati nell’ateneo, né risorse da condividere con gli stessi studenti. Infine, il vicepresidente della sezione “Inclusive Excellence” della Hamline University, David Everett, ha fatto sapere a The Oracle che l’ateneo, a seguito della vicenda, aveva “deciso che era meglio che questo membro della facoltà non facesse più parte della comunità di Hamline”.
Eppure, mostrare immagini di Maometto a fini didattici non può essere considerato un atteggiamento islamofobo: è quanto ha cercato di spiegare, allo stesso giornale, il professor Mark Berkson, presidente del dipartimento di religioni dell’università e docente di religioni asiatiche. “Nel contesto di una lezione di storia dell’arte, mostrare una rappresentazione islamica del profeta Maometto, un dipinto che è stato realizzato per onorare Maometto e raffigurare un momento storico importante, non è un esempio di islamofobia”, ha scritto in una lettera aperta. “Etichettarlo in questo modo non solo è impreciso, ma distoglie anche la nostra attenzione da esempi reali di fanatismo e odio”. La lettera è stata tuttavia rimossa due giorni dopo la pubblicazione (è tuttavia ancora reperibile in rete): The Oracle ha spiegato di averla tolta dal sito perché alcuni membri della comunità accademica hanno fatto presente al giornale che la lettera aveva “causato loro un danno”. Infine, due giorni dopo la censura della lettera, giungeva allo staff dell’università una lettera dal presidente Fayneese Miller e dal succitato Everett in cui si dichiarava che “il rispetto per gli studenti musulmani osservanti in quella classe avrebbe dovuto sostituire la libertà accademica”.
La docente, adesso, si ritrova senza lavoro, e ha ricevuto un vasto sostegno, anche da parte di molti musulmani. Il 24 dicembre è stata lanciata su Change.org una petizione da un gruppo di studiosi e studenti, musulmani e non musulmani, specializzati in storia islamica, studi islamici, storia dell’arte, storia dell’arte islamica e campi affini nelle arti e nelle discipline umanistiche che hanno scritto per esprimere la loro indignazione per il licenziamento della docente. “La censura del saggio accademico di un professore e la dichiarazione secondo cui la libertà accademica dovrebbe essere invalidata in ossequio a un particolare gruppo di individui minano seriamente la libertà di parola e la libertà accademica, entrambe pietre miliari della vita americana e universitaria”, si legge nella petizione. “Costituiscono un pericoloso precedente nel caso in cui i futuri studenti dovessero richiedere all’università di ’vietare’ l’insegnamento di altri materiali di storia dell’arte - come icone bizantine di Gesù Cristo, statue figurative del Buddha, raffigurazioni ebraiche di Mosè a Dura Europos, ecc. - nel campus . Oltre a minare la diversità e l’inclusione, quindi, la Hamline University sta mettendo in pericolo l’equità nell’istruzione per tutti i suoi studenti, indipendentemente da fede, credo, origine e identità. Inoltre, tra la sua variegata popolazione studentesca, un certo numero di studenti musulmani nel campus che desiderano apprendere le sfumature e le complessità storiche della fede islamica e le sue varie eredità artistiche hanno ora troppa paura per parlare, per paura di essere accusati di odio e discriminazione. Il loro accesso a informazioni accademicamente valide e imparziali è stato loro derubato, le loro opinioni sull’argomento emarginate e ripudiate da due dei massimi amministratori di Hamline. Le dichiarazioni e le azioni dell’università in effetti privilegiano un piccolo gruppo di individui mentre mettono a tacere e forse discriminano molti docenti, personale e studenti, sia musulmani che non musulmani. Infine, ma non meno importante, la posizione dell’università rischia di mettere in pericolo rari e preziosi dipinti islamici conservati nei musei e nelle biblioteche di tutto il mondo.”.
Insomma, nella speranza di essere il più possibile inclusiva, di fatto la Hamline University ha dato ragione a una minoranza radicale mettendo a repentaglio la libertà accademica. E di violazione della libertà accademica parla anche PEN America, organizzazione no-profit che dal 1922 difende la libertà d’espressione negli Stati Uniti. “Se questi resoconti sono accurati, la Hamline University ha commesso una delle violazioni più eclatanti della libertà accademica nella memoria recente”, ha affermato Jeremy Young, senior manager della libertà di espressione e dell’istruzione presso PEN America. “Non solo un professore di storia dell’arte è ben all’interno dei suoi diritti quando mostra opere d’arte islamiche medievali e rinascimentali in classe, ma la docente in questione si sarebbe curata di creare un’esperienza pedagogica positiva per gli studenti, collocando le immagini in un contesto storico, consentendo agli studenti di rinunciare alla loro visione ed esplorando attentamente la storia e la diversità dell’arte e del pensiero islamico. Il mancato rinnovo del contratto di un professore in queste circostanze è una negligenza accademica di un tipo che raffredda la parola tra tutti i docenti, in particolare quelli che non possono fare affidamento sullo stato del loro incarico per proteggere la propria libertà accademica”.