Gli Uffizi hanno presentato oggi il restauro sul celeberrimo ritratto di Dante Alighieri, affresco eseguito da Andrea del Castagno (Castagno di San Godenzo, 1421 circa - Firenze, 1457) per il ciclo degli Uomini e delle Donne Illustri che decorava la Villa di Legnaia, alle porte di Firenze. L’intervento è stato eseguito dall’Opificio delle Pietre Dure (con la direzione di Cecilia Frosinini, direttrice del settore pitture murali dell’Opificio, mentre a occuparsi materialmente del restauro sono state le professioniste Sara Penoni e Cristiana Todaro), con il finanziamento garantito dalla signora Linda Balent dell’associazione Friends of the Uffizi Galleries, ed è durato circa sei mesi.
Il ritratto di Dante dipinto da Andrea del Castagno è una delle immagini più famose del Sommo Poeta, e prima del restauro si presentava fortemente alterato: il progressivo deposito di sedimenti sulla superficie pittorica e i successivi interventi e ritocchi avevano infatti scurito ed appesantito il cromatismo dell’opera, dandole un aspetto da “dipinto a olio” e in parte obliterando l’immagine originaria, più serena e pacata. Inoltre, l’offuscamento dei colori aveva avuto inoltre l’effetto di “invecchiare” il volto di Dante, che risultava così ben più cupo e accigliato del suo aspetto originario. Il restauro è pertanto cominciato con una ricerca approfondita sull’affresco e con un’analisi scientifica della tecnica esecutiva e dello stato di conservazione, condotta attraverso tecniche di diagnostica non invasiva (in particolare utilizzando riprese fotografiche nelle varie lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico, indagini ottiche a scansione con strumentazione Multi-VIS-NIR dell’Istituto Nazionale di Ottica del CNR, indagini micro-invasive per la diagnostica dei materiali e per la caratterizzazione delle casistiche conservative). Il risultato ha ripristinato nell’opera la leggerezza tipica della pittura murale, riscoprendo un volto di Dante luminoso ed animato da una freschezza finora del tutto inedita.
Presentato stamani nel museo fiorentino, il ritratto lascerà tra pochi giorni il museo per raggiungere la mostra Dante – La visione dell’arte, organizzata a Forlì dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì insieme alle Gallerie, che concedono in prestito circa cinquanta opere, nell’ambito delle celebrazioni per il Settecentenario della morte del padre della Divina Commedia (l’apertura della mostra è prevista per il 1° di aprile, Covid permettendo). Alla fine della mostra l’affresco staccato verrà esposto a Castagno d’Andrea, la frazione del comune fiorentino di San Godenzo dove nacque Andrea del Castagno, nonché luogo dantesco, in quanto fu proprio qui che il poeta, esiliato da Firenze, decise di accettare il provvedimento dei fiorentini contro di lui e di non tornare nella sua città (dove, in tutta probabilità, sarebbe stato giustiziato) lasciando così per sempre le terre della sua Toscana.
Il ritratto di Dante dopo il restauro |
“Si tratta dell’immagine forse più famosa di Dante”, dichiara il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, “un’icona che si lega alla cultura e allo spirito italiani. È veramente splendido quello che ora si vede: il poeta sembra ringiovanito e si vedono con precisione ogni pelo della sua barba di un giorno e mezzo-due giorni, cosa che prima non era visibile per via della polvere e dello sporco di un secolo e mezzo che aveva raccolto sulla sua superficie. Ma ci sono altri particolari che ora emergono chiaramente, ed è anche strutturalmente rafforzato, e quindi pronto per il viaggio a Forlì dove fra pochi giorni verrà allestita una grande mostra con oltre 300 opere di cui oltre 50 dalle Gallerie degli Uffizi. Successivamente, per il resto dell’estate, l’opera sarà invece esposta a Castagno, quindi nel luogo di nascita del pittore di questo affresco straordinario e famosissimo (ma Castagno è anche un luogo dantesco, quindi c’è un doppio legame con questo affresco: era proprio lì che Dante e gli altri esiliati si sono riuniti per l’ultima volta per decidere se tornare a Firenze o meno). Significativo è il fatto che il restauro sia stato finanziato Linda Balent, dei Friends of the Uffizi Galleries, il ramo americano degli Amici degli Uffizi. Perché Dante è infatti anche un poeta universale, e la sua opera è attuale ovunque nel mondo”.
“L’Opificio delle Pietre Dure, nell’ambito della collaborazione con le Gallerie degli Uffizi”, afferma Marco Ciatti, soprintendente dell’Opificio, “è reintervenuto sull’immagine di Dante di Andrea del Castagno che rappresenta, insieme alle altre figure del ciclo di Villa di Legnaia, un importante restauro storico. Per questo il nostro progetto di ricerca ha riguardato le condizioni attuali dell’opera, adesso risanata, ma ha anche comportato un approfondimento utile per la storia del restauro”.
“È un restauro estremamente importante e interessante”, commmenta Cecilia Frosinini, “anche perché, come spesso succede, le opere che sembrano non avere quasi necessità di restauro poi rivelano invece quanto si celeva sotto un’apparenza che si era ormai stratificata e codificata nell’immaginario di tutti. Quest’opera iconica di Dante arrivava attraverso una serie di interventi e passate sovrapposizioni con un’apparenza che era molto più quella di un dipinto a olio che quella di una pittura murale vera: la possibilità di rimuovere tutti questi materiali aggiunti, queste estesissime ripassature che un grande restauratore del passato (ma con un gusto, appunto, del passato), cioè Leonetto Tintori, aveva disposto sulla superficie, ha permesso di recuperare dei colori diversi, molto più trasparenti e legati alla tecnica originale, quella dell’affresco, dove indubbiamente anche la trasparenza dell’intonaco sottostante conferisce luce al personaggio stesso. C’è stata poi la riscoperta di una naturalezza diversa del personaggio rappresentato: questo è particolarmente importante se si pensa anche ad un’opera centralissima nella cultura fiorentina del Rinascimento, quando non potevamo certo pensare che la rappresentazione fosse così calata nel dare un’idea di Dante meno strutturata rispetto a quella che abbiamo noi. Non è un Dante anziano, non è un Dante arcigno, non è un Dante che si presenta come il ghibellin fuggiasco. È un Dante invece che rivela una maturità, ma una maturità molto giovanile, e tra l’altro con alcuni elementi come per esempio la barba, appena cresciuta, che ci fanno capire come si voglia in un certo senso anche sottolineare l’umanità di questo personaggio. Non è soltanto il grande poeta, il fondatore della civiltà culturale fiorentina, ma anche un uomo nella sua realtà. È un po’ difficile per noi capire esattamente, almeno allo stato attuale degli studi, quali furono le motivazioni che portarono alla scelta dei personaggi da rappresentare in questo grandioso ciclo pittorico di Uomini e Donne Illustri, però la scelta di inserire Dante, Petrarca e Boccaccio, al pari di personaggi mitologici e condottieri quasi contemporanei, dev’essere rivista e riletta anche alla luce di questa rappresentazione quasi naturalistica. Forse noi li riviviamo secondo l’idea del Pantheon delle glorie fiorentine, perché questo ci hanno insegnato l’Ottocento e la loro musealizzazione che è andata di pari passo con la creazione dello Stato unitario italiano, che aveva bisogno di rappresentazioni iconiche, che servissero come modello di una nuova civiltà, una ricreazione di un’Italia che non era più un’espressione geografica, ma che diventava una nazione. Alla metà del Quattrocento però questo spirito non c’era, non c’era questa necessità: riportare l’opera a una maturità giovanile significa studiarla di nuovo, interpretarla e capirla anche alla luce di quello che era il momento storico del periodo”.
“Questo dipinto”, spiega Sara Penoni, “è stato staccato, cioè separato dal suo contesto originario e ha subito nei secoli numerosi interventi che hanno trasformato anche la materia originale, trasmettendo un’idea differente: il dipinto in effetti sembrava un dipinto a tempera. Il nostro intervento, grazie alla pulitura, ha riscoperto la luminosità e le caratteristiche della materia originale, e particolarmente nel volto del Dante ha recuperato la freschezza e l’ammorbidimento dei lineamenti, dandoci un’immagine di un Dante più giovane”.
“Osservare un’opera da vicino nelle sue particolarità tecniche come nelle sue fragilità”, aggiunge Cristiana Todaro, “ci consente di raccogliere molti informazioni utili per ricostruire l’iter esecutivo dell’opera, come anche gli accadimenti che si sono succeduti nel corso del tempo. Tutti questi dati che siamo riusciti a raccogliere ci hanno permesso di improntare un intervento di restauro funzionale a restituire alla collettività e alla fruizione pubblica un’opera il più possibile coerente con la sua natura”.
Il restauro |
Il restauro |
Il restauro |
L’opera fu dipinta tra il 1447 e il 1449 come parte del ciclo degli Uomini e delle Donne Illustri che Andrea del Castagno aveva realizzato nella villa suburbana di Legnaia, oggi nella periferia di Firenze. Tra i protagonisti del ciclo figuravano tre condottieri (Pippo Spano, Farinata degli Uberti e Niccolò Acciaioli), tre donne sapienti (la regina Ester, la regina Tomir e la Sibilla Cumana) e infine la triade dei poeti (Dante, Petrarca e Boccaccio). Inoltre, ancora in loco, in una parete sono visibili Adamo ed Eva accanto alla Madonna con il Bambino, sotto un baldacchino. La presenza di Adamo ed Eva è giustificata dal fatto che, come già nell’opera De mulieribus claribus di Boccaccio, il concetto di uomini e donne illustri derivasse in definitiva proprio dal peccato originale, che costrinse gli esseri umani a guadagnarsi onore e salvezza con il lavoro. Si trattava di una decorazione che aveva insigni precedenti legati alla celebrazione delle virtù civiche attraverso le gesta di personaggi esemplari, qui raccontata in una declinazione tutta fiorentina, cioè l’eccellenza nelle lettere come elemento fondamentale di dignità e grandezza civile.
L’importanza del ciclo di Andrea del Castagno, oltre che all’altissima qualità dell’impresa pittorica, è dovuta al fatto che è l’unico tipo giunto fino a noi commissionato per una dimora privata: la Villa, conosciuta come “Carducci Pandolfini”, era appartenuta a Filippo Carducci (il committente del ciclo), che aveva ricoperto a Firenze importanti cariche pubbliche tra cui quella di Gonfaloniere di Giustizia. L’artista aveva costruito uno spazio fortemente illusionistico: le figure erano inserite in un’architettura dipinta, entro nicchie rettangolari classicheggianti, rivestite di porfido e marmi vari. Le nicchie erano scandite da paraste corinzie che sostenevano una trabeazione (parzialmente ancora esistente) sormontata da un attico con putti, ghirlande e stemmi. Le paraste, i capitelli e l’architrave sono ornati da cardi stilizzati, in riferimento al nome Carducci.
La sorte ciclo degli Uomini e Donne Illustri di Andrea del Castagno fu strettamente legata alle vicende storiche della Villa Carducci Pandolfini. Infatti, probabilmente a causa di un cambio di destinazione d’uso degli ambienti, in epoca non precisata gli affreschi furono coperti da imbiancature. Di essi purtroppo si perse memoria per lungo tempo, fino alla loro riscoperta avvenuta intorno al 1847, in coincidenza con la riedizione delle Vite di Giorgio Vasari. Nel 1850, quando la Villa era di proprietà di Margherita Rinuccini e di suo marito Giorgio Teodoro Trivulzio, le pitture furono staccate dal supporto murario con un intervento di strappo eseguito dall’‘estrattista’ emiliano Giovanni Rizzoli e destinate alla vendita. Fortunatamente nel 1852 furono acquistate dagli Uffizi: all’epoca, il progetto dell’Italia Unita aveva riacceso il culto per i ‘maggiori’ e poneva i personaggi di Andrea del Castagno in un ideale dialogo con le statue collocate tra 1835 e 1856 nelle nicchie del loggiato vasariano, raffiguranti toscani illustri. Nel 1966 gli affreschi staccati furono collocati negli ambienti della ex chiesa di San Pier Scheraggio (il luogo dove, nell’anno 1300 circa, lo stesso Dante interveniva in qualità di consigliere cittadino) dopo una parentesi al Bargello e a Santa Apollonia, accanto al Cenacolo dello stesso Andrea. Oggi l’ex chiesa fa parte del percorso degli Uffizi.