È stato scoperta la traccia del più antico verso della letteratura italiana: si tratta di un’annotazione, risalente a un periodo compreso tra la fine del IX secolo e l’inizio del X, scritta da un monaco a margine di un manoscritto dell’VIII secolo conservato alla Biblioteca dell’Università di Würzburg, in Germania. A dare la notizia è l’Università di Udine: la scoperta porta infatti la firma dello storico della lingua italiana Vittorio Formentin, del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine, e dal paleografo Antonio Ciaralli, dell’Università di Perugia. Il ritrovamento del verso e il suo successivo studio rientrano nelle attività del Progetto di rilevante interesse nazionale (Prin) Chartae Vulgares Antiquiores, coordinato da Vittorio Formentin. A fine mese un saggio di approfondimento sul testo poetico uscirà sulla rivista Lingua e Stile.
Secondo Formentin e Ciaralli, il verso (“Fui eo, madre, in civitate, vidi onesti iovene”) costituisce l’inizio di una chanson de femme, ovvero una forma lirica nella quale, a parlare, è una giovane voce femminile: “un genere”, spiega l’Università di Udine, “che ha occupato sicuramente un posto molto importante nell’antica lirica romanza e che è sopravvissuto fino ad oggi (o a ieri) nella poesia popolare moderna di tradizione orale”. In questo caso, la giovane voce è quella di una ragazza che confessa alla madre i propri turbamenti alla vista di un gruppo di giovani. Non sappiamo a chi si debba questo verso: i due studiosi parlano di una “traccia” perché per adesso l’unica attestazione nota è, appunto, la nota scritta probabilmente a memoria dal monaco che ha annotato il manoscritto di Würzburg (nello specifico di tratta di un manoscritto delle Omelie di Origene). Si tratta però di una traccia preziosa per ricostruire il prototipo altomedievale (secoli VI-IX) della lirica romanza, le cui origini sono controverse perché non ci sono noti testi superstiti.
Si trattava di una poesia popolare di tema amoroso, che conosciamo perché ci sono rimaste molte fonti cristiane dell’Alto Medioevo che ne parlano, peraltro condannandola in quanto ritenuta immorale. Una produzione che quindi si suppone vasta, diversa dalla contemporanea poesia latina ma anche dalla successiva poesia dei trovatori provenzali, che però è sconosciuta perché non sopravvivono testi, nonostante i tentativi di rintracciarli.
“La discussione dei filologi sulle origini della lirica romanza”, spiegano Formentin e Ciaralli, “è stata molto accesa, ma c’è sempre stato un sostanziale accordo nel riconoscere la centralità, in questo processo, della chanson de femme, un tipo poetico che molti indizi comparativo-ricostruttivi hanno indotto a porre, sia pur ipoteticamente, all’inizio della lirica romanza”. Secondo i due studiosi, l’identificazione del verso di Würzburg conferma l’esattezza di questa ipotesi: “In effetti, metrica, lessico e tema trovano riscontri letterali in molti componimenti romanzi del Basso Medioevo, in particolare nelle cantigas de amigo galego-portoghesi del XIII e XIV secolo, anticipandoli però di parecchio”. La datazione della nostra traccia dimostra perciò l’esistenza, nell’Alto Medioevo, di un comune serbatoio lirico protoromanzo di carattere popolare.
“Importantissimo è poi”, concludono Formentin e Ciaralli, “l’aspetto linguistico: l’uso del plurale asigmatico ’onesti iovene’ in funzione di oggetto diretto dimostra che il verso è stato scritto in una varietà italoromanza. Questo lo rende al momento la più antica testimonianza poetica della nostra tradizione letteraria”.
Nella foto: l’annotazione (nel riquadro rosso) del monaco con il verso “Fui eo, madre, in civitate, vidi onesti iovene” (Würzburg Universitätbibliothek, Ms.p.th.f.27, f. 38r)
Scoperto il più antico verso noto della letteratura italiana, in un manoscritto in Germania |