Da un paio di settimane, e precisamente dal 10 maggio, il sito del Museo Nazionale Romano informa di una lunga chiusura di alcuni ambienti delle Terme di Diocleziano: sono precluse alla visita le aule VIII, IX, X, XI e XI bis (che sono tra le grandi aule più significative dell’antico complesso termale), dal 17 maggio al 1° giugno, una chiusura che comporta anche una riduzione sul costo del biglietto. Nessuna informazione sui motivi della chiusura rilasciata dal museo: l’istituto infatti non dice da nessuna parte che le sale servono a un evento della casa di moda Bulgari, che ha affittato le Terme di Diocleziano per un evento in cui vengono celebrati i 140 anni della collezione di gioielli Aeterna. Nel corso della parata di celebrities che, l’altro ieri, hanno movimentato la serata clou della festa di Bulgari, destinata a durare per qualche giorno (avvistate, tra le altre, Anne Hathaway, Isabella Rossellini, Carla Bruni, ed Elisa che si è pure esibita), è stato mostrato anche il gioiello più caro mai sviluppato dall’azienda, il collier Serpenti Aeterna, indossato per l’occasione dall’attrice indiana Priyanka Chopra Jonas.
Costo dell’operazione: 1,5 milioni di euro, che Bulgari ha versato al Museo Nazionale Romano per poter organizzare l’iniziativa nei suoi spazi. Nonostante la cifra, tuttavia, la chiusura ha destato malumori nell’ambiente dei beni culturali, un po’ per la durata delle chiusure, due settimane senza che il pubblico possa visitare una parte rilevante del complesso termale, e un po’ per la mancanza d’informazioni da parte del museo, che non ha scritto mezza riga per comunicare che le chiusure erano causa evento di Bulgari. E soprattutto perché tutti lamentano il fatto che un servizio pubblico essenziale (tali i musei sono stati resi per legge nel 2015) è stato chiuso al pubblico per un evento di natura commerciale.
Tra i primi a denunciare quanto accaduto è il sindacato USB – Unione Sindacale di Base che parla di “uso improprio” delle Terme di Diocleziano. “Chiediamo come sia possibile”, si domanda il sindacato, “che il Dirigente abbia acconsentito all’invasione di un museo da parte di un’attività commerciale che vuole una sede di prestigio quale vetrina per vendere i suoi prodotti di lusso. Come mai un museo statale è considerato servizio essenziale e non può essere chiuso per sciopero, ma può esserlo per soldi e per profitto di un privato? Il tutto a discapito non solo dei turisti e dei visitatori ma anche del personale che si trova ad affrontare un carico di lavoro troppo elevato, vista la situazione ingovernabile che non garantisce la tutela dei beni e la sicurezza dei luoghi. Sappiamo che i dipendenti del MiC hanno manifestato diverse perplessità nel corso della definizione dell’organizzazione e degli accordi con Bulgari. Preoccupazioni che sono aumentate una volta venuti a conoscenza di altre 3 serate, comprese di sfilate, cene e spettacoli, perché il Ministero della Difesa non ha concesso, giustamente secondo in nostro parere, l’uso degli spazi del Vittoriano a fini commerciali”.
L’USB si domanda inoltre perché, se non è stato ritenuto consono l’utilizzo del Vittoriano, allora dovrebbe essere consona la sede delle Terme di Diocleziano: “Parliamo di un museo che ha dovuto affrontare all’ultimo momento il doppio del carico di persone, strumenti ed eventi nonostante fosse in grande difficoltà a rimanere aperto già con le altre serate previste dal piano valorizzazione 2024”. “È evidente”, conclude il sindacato, “che siamo nell’era della prepotenza e dell’abuso di potere e queste sono ulteriori conferme della tracotanza del potere politico ed economico I musei e la cultura sono ormai ostaggio dei potenti e dei privati per fare cassa: il messaggio della cultura è minacciato e annullato per i profitti di Bulgari”.
“La notizia”, osserva invece l’associazione Mi Riconosci, “ha iniziato a circolare tardi, così come tardi si è appreso il motivo di tale chiusura: un evento privato a porte chiuse e blindato della maison Bulgari. Chi ha tentato di visitare il museo in questi giorni si è trovato inaspettatamente davanti a cavi e cumuli di materiali, con la possibilità di accedere alla sola sezione epigrafica, al costo ridotto di 6 anziché i canonici 8 euro”. Si è appreso di questa chiusura, inizialmente, solo attraverso gli account Instagram di Bulgari, di riviste e personaggi legati al mondo della moda: “cene esclusive e spettacoli per ospiti ricchissimi e vip”, fanno sapere dall’associazione, “che possono ammirare i gioielli della nuova collezione chiusi in pesanti vetrine collocate tra le statue antiche che al contrario non hanno alcuna protezione”. Mi Riconosci lamenta anche il silenzio del museo: un istituto, commenta l’associazione, ha l’obbligo di comunicare cosa sta avvenendo nei nostri spazi e con quali costi, garantendo trasparenza nella gestione di luoghi destinati alla pubblica fruizione. Il museo ha peraltro comunicato la cifra ricevuta da Bulgari, ricorda l’associazione, soltanto dopo essere stato interpellato. Il sodalizio critica anche la somma: “Una cifra che suona roboante ma nei fatti spesa irrisoria se paragonata a quella complessiva (maestranze, catering, testimonial...) e soprattutto all’enorme profitto che porterà l’esposizione della nuova collezione per i 140 anni della maison con i pezzi più costosi mai prodotti”.
L’associazione solleva anche problemi di natura pratica: “Ci chiediamo in che modo venga garantita la sicurezza e la conservazione della collezione museale e quale logica guidi l’acquisizione di denaro da parte dei privati, magari destinato alla tutela e al restauro del monumento, se poi quegli stessi privati recano piuttosto un danno agli spazi e oggetti che si intende restaurare. Quali sono in questi giorni le condizioni di chi lavora dentro il Museo? Quali le condizioni di fruibilità per chi ha acquistato biglietto e visita mesi prima e si trova il museo improvvisamente in gran parte chiuso?”.
Quanto sta avvenendo al Museo delle Terme, conclude Mi Riconosci, “può costituire un pericoloso passo in avanti sulla strada della privatizzazione degli spazi pubblici, oltre a collocarsi in assoluta dissonanza e controtendenza con ciò che dovrebbe essere un museo, un servizio pubblico, accessibile e inclusivo”.