Un terzo delle gallerie che hanno ridotto il loro staff, un calo medio del fatturato che si attesta sul 36% (che ha colpito soprattutto le gallerie piccole), crescita delle vendite online (che nel 2020 hanno generato il 37% del fatturato contro il 10% del 2019), drastico calo delle vendite in fiera (16% nel 2020 contro il 46% del 2019), e il 92% dei collezionisti che sono comunque rimasti attivi sul mercato. Si potrebbe riassumere in questi termini l’impatto del Covid-19 sulle gallerie mondiali, secondo lo studio The Impact of COVID-19 on the Gallery Sector, promosso da Art Basel, la più importante fiera d’arte contemporanea del mondo, e dalla società di servizi finanziari UBS. Lo studio è stato condotto attraverso un sondaggio proposto a 920 gallerie, 795 delle quali sono state rilevate per i fini dell’indagine. Di queste, il 59% si trova in Europa, il 19% in Nord America, il 10% in Asia, il 6% in Sud America, il 4% in Africa e il 2% in Oceania. Quanto al volume d’affari, il 30% degli intervistati ha un fatturato inferiore ai 250mila dollari, il 27% tra 1 e 5 milioni di dollari, il 13% tra i 250 e i 500mila, il 12% tra i 500mila e il milione, il 9% tra i 5 e 10 milioni, e un ulteriore 9% oltre i 10 milioni. Delle gallerie oggetto d’indagine, il 76% vende solo arte contemporanea, il 16% moderna e contemporanea, il 5% solo moderna, il restante 3% arte contemporanea e altro (per esempio arte antica).
Vediamo nel dettaglio alcuni dati emersi dallo studio. Quasi tutte le gallerie (93%) hanno chiuso tra gennaio e il 1° luglio, il che ha comportato cali di fatturato per quasi tutti: le più colpite sono le gallerie di medie dimensioni (quelle che fatturano tra i 250 e i 500mila dollari hanno avuto il decremento peggiore: -38%, con il 55% che si è mantenuto stabile e solo il 7% che invece ha incrementato il giro d’affari). In media, il calo è stato del 33%, contro una media del 61% di gallerie che non hanno subito ripercussioni e il 6% che fatto segnare un aumento di fatturato. Il calo è stato in media del 36% (i più colpiti sono ancora gli esercizi che fatturano tra 250 e 500mila, con un calo medio del 47%). Le previsioni comunque sembrano abbastanze buone: il 76% di tutte le gallerie pensa che per il 2021 la situazione si stabilizzerà, il 9% circa ritiene che si tornerà a guadagnare, e il restante 15% pensa che ci saranno ulteriori cali.
Il Covid ha avuto un impatto importante sui canali di vendita: nel 2019, il 40% delle vendite si faceva in galleria, il 27% nelle fiere internazionali, il 19% nelle fiere locali, il 7% sul sito web e il 3% sempre online ma su piattaforme di terzi. Nel 2020 il panorama è cambiato: piuttosto stabile il canale principale (sceso al 37%), mentre forti riduzioni per le fiere (9% quelle internazionali, 7% quelle locali) e grande crescita dell’online (29% dal sito, 8% da piattaforme). Quanto all’online, più della metà degli acquirenti (il 55%) sono nuovi clienti, il 29% dei quali senza contatti precedenti. È così emerso dallos tudio che il 72% delle gallerie ha potenziato la produzione di contenuti online, il 69% le attività social, il 67% ha preparato delle viewing room, il 52% ha adoperato lo strumento del mail marketing. Solo il 21% ha invece puntato sulla realtà aumentata.
Quanto alle fiere, su una media di 4 eventi in programma per il 2020, 2 sono stati cancellati. Di conseguenza, crollando la spesa per le fiere (il 16% del totale acquisti delle gallerie, contro il 29% del 2019), gli investimenti hanno riguardato altro, soprattutto il miglioramento delle tecnologie (spese al 10% contro l’8% del 2019). C’è stata però molta propensione al risparmio. Per sopravvivere alla crisi, le gallerie si sono affidate soprattutto ai contributi governativi a fondo perduto dei loro paesi (il 52%), a misure di sostegno del fatturato (47%), a riduzioni su affitti (37%), alle misure di sospensione della tassazione (29%), a prestiti governativi (27%), a prestiti in banca (14%). Solo l’8% ha incassato grazie ad acquisti da parte dei governi.
Il Covid ha fatto cambiare anche le priorità delle gallerie: se prima al centro delle preoccupazioni dei galleristi c’erano le fiere (per il 79% di loro), le mostre interne (62%) e l’ampliamento del proprio bacino geografico (57%), adesso in cima alla lista ci sono gli investimenti su vendite e mostre online (76%), riduzione dei costi (73%) e consolidamento delle relazioni coi collezionisti che sono già clienti della galleria (73%): l’interesse per le fiere, per dare un’idea, è crollato al 20%. Curioso che la rappresentanza della diversità di genere degli artisti interessi solo il 30% dei galleristi, e la diversità razziale il 41% (erano rispettivamente il 37% e il 38%). Per il 2021-2022 cambia di poco la situazione: il 68% delle gallerie vuole continuare a investire sull’online, il 61% a espandersi geograficamente, e un altro 61% vuole consolidare le relazioni coi clienti.
“La pandemia di Covid-19”, conclude lo studio, “ha avuto e continua ad avere un impatto negativo sul settore delle gallerie d’arte. [...] Molte associazioni di gallerie e mercanti hanno previsto che un numero significativo di gallerie chiuderà in maniera permanente, in particolare le attività piccole che erano già a rischio finanziario prima della crisi. Le gallerie rappresentano un’industria particolarmente vulnerabile in questa pandemia perché basata su eventi, viaggi, e acquisti non essenziali. [...] Anche prima del Covid, il settore delle gallerie era un mercato fortemente sbilanciato verso l’alto: le aziende che vendono nel settore più alto del mercato tendevano a mostrare una crescita più forte rispetto a quella delle piccole e medie gallerie. Il Covid-19 e la conseguente crisi economica potrebbero intensificare la natura polarizzata di questa industria se velocizzeranno il declino delle piccole imprese e rafforzeranno la posizione delle attività i cui compratori e artisti beneficiano di un più ampio grado di isolamento da questi traumi culturali ed economici. Detto ciò, le gallerie, a tutti i livelli, sono state costrette a rivedere le loro strategie, e il successo dipenderà dalla salute dei bilanci aziendali, da quanto saranno resilienti le supply chain e le relazioni, da quali saranno le forme di assistenza disponibili, e da quanto riusciranno ad adattarsi alle modifiche del comportamento dei consumatori e alle nuove realtà economiche”. Lo studio di Art Basel può essere liberamente scaricato dal sito della fiera.
Ecco come il Covid ha impattato sulle gallerie. Lo studio di Art Basel e UBS |