Fanno molto discutere le parole che il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha pronunciato l’altro ieri alla trasmissione TG2 Post, parlando di istruzione. “A noi serve più cultura tecnica, a partire dalle scuole”, ha detto Cingolani. “Soprattutto in un momento di trasformazione digitale velocissimo e impressionante come quello che stiamo vivendo. Fra dieci anni ci serviranno i digital manager per la salute, per l’energia, lavori che nemmeno esistono oggi. Qui il il problema è capire se continuiamo a fare tre, quattro volte le guerre puniche nel corso di dodici anni di scuola o se casomai le facciamo una volta sola ma cominciamo a impartire un tipo di formazione un po’ più avanzata, un po’ più moderna a partire dalle lingue, dal digitale. Bisogna cambiare l’assetto e bisogna poi cambiare a livelli avanzati i meccanismi di reclutamento. Perché se noi continuiamo a reclutare i ricercatori, gli innovatori con le nostre metodologie non siamo negli standard internazionali. Se guardiamo le statistiche vediamo che l’Italia, a parità di popolazione con la Francia, l’Inghilterra e altri grandi paesi, ha un 30 per cento in meno di innovatori, di ricercatori. È da lì che parte tutto. Noi dobbiamo capire che l’innovazione è la strada per vincere tutte le sfide del futuro: dalla one-health, la salute dell’abitante del pianeta Terra, all’ambiente, alla manifattura sostenibile, e questa è una cosa che noi dobbiamo capire e fare il prima possibile”.
Insomma: secondo Cingolani all’Italia serve più cultura tecnica per far fronte ai rapidi cambiamenti del mercato del lavoro e per affrontare le sfide del futuro che passano necessariamente attraverso l’innovazione, ma molti stanno storcendo il naso per il confronto infelice con lo studio della storia avanzato con l’esempio delle “guerre puniche”. Ne è nata subito una polemica che ha coinvolto i social e anche alcune “firme” dei principali quotidiani, da Massimo Gramellini sul Corriere della Sera (“Studiare quattro volte male le guerre puniche, magari no. Ma un paio di volte bene, una alle medie e una al liceo, servirebbe eccome anche ai futuri digital manager”), a Marcello Bramati su Panorama (“l’uscita del ministro Roberto Cingolani sull’inutilità delle guerre puniche è l’ennesima picconatura alle discipline umanistiche”, “la storia si ripete e basterebbe questo per dar prova che studiarla è necessario”. Lo storico Giovanni Sabbatucci, ordinario di storia contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma, ha detto invece all’ADN Kronos: "La battuta del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sulle guerre puniche che si studierebbero tre o quattro volte a scuola è un esempio infelice e infondato. Si tratta di un’affermazione falsa. Dispiace che un ministro faccia un simile esempio. Sembra un attacco alla storia, o meglio un attacco all’impianto dello studio della scuola: speriamo che non passi.
Infine, il Post ha proposto un breve ripasso sulle guerre puniche. Perché, a scanso di equivoci, studiarle è comunque sempre utile.
Il ministro Cingolani: “vogliamo studiare 4 volte le guerre puniche o impartire una formazione più moderna?” |