Un appello rivolto alla politica per investire una parte della quota italiana di Next Generation EU (ovvero il recovery fund che aiuterà i paesi europei a rialzarsi dalla crisi causata dalla pandemia di Covid-19) nel lavoro culturale. La lancia la giovane storica dell’arte Rosanna Carrieri, indirizzandola direttamente al presidente del consiglio Giuseppe Conte e al ministro dei beni culturali Dario Franceschini.
Al momento, gli investimenti proposti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo sono dieci per un valore di poco più di 6 miliardi di euro, a fronte di un valore complessivo di 677 miliardi di euro di tutti i progetti presentati (l’Italia potrà ottenere al massimo 209 miliardi). Non riguardano però direttamente il lavoro culturale, anche se avranno effetti benefici sul settore: i progetti riguardano la digitalizzazione del patrimonio culturale, l’efficientamento energetico dei Musei e dei luoghi della Cultura, la messa in sicurezza antisismica degli edifici di culto, un sistema nazionale integrato di monitoraggio e prevenzione dei rischi per i siti e luoghi della cultura italiani, il potenziamento dell’internazionalizzazione del cinema e dell’audiovisivo, la riqualificazione dei borghi, il potenziamento dei contributi ai privati per il restauro di beni culturali, la decontribuzione per i lavoratori del turismo, la digitalizzazione e l’ammodernamento di agenzie di viaggio e tour operator, gli investimenti per la rete 5G.
Non mancano gli appelli per chiedere al governo di investire però anche nel lavoro. Già all’indomani dell’approvazione del Recovery Fund, su queste pagine il direttore di Finestre sull’Arte, Federico Giannini, proponeva piani per incentivare la spesa culturale, investimenti nel patrimonio “minore”, nelle biblioteche, negli archivi, nel digitale, nella formazione del personale, nel supporto ai progetti in grado di avere ricadute sui territori, e in un piano d’arte contemporanea pubblica. Ieri, l’associazione Mi Riconosci? ha elencato due proposte per investire 7 miliardi per la cultura: la revisione del sistema delle esternalizzazioni e un piano di assunzioni al MiBACT commisurate alle esigenze.
La petizione di Rosanna Carrieri, che ha già raggiunto quasi cinquemila firme, vede nel Recovery Fund un possibile punto di svolta per le politiche culturali italiane. “Il settore culturale”, dichiara la storica dell’arte, “in questi decenni è stato trasformato in una fucina di sfruttamento, generante ricatti ed infelicità, tra contratti scadenti, lavoro gratuito o sottopagato, licenziamenti e nessuna tutela”. Adesso, continua Carrieri, i soldi ci sono, “ed è un’opportunità straordinaria per intervenire in modo strutturale sui problemi del settore culturale, problemi che il lockdown ha radicalizzato ed esposto sotto gli occhi di tutti, mostrando le profonde debolezze e le storture del sistema”.
“Possiamo procedere con nuove assunzioni”, prosegue Carrieri, “basate sul fabbisogno di ogni comune, ogni regione, e del Ministero centrale, che oggi conta carenze organiche per almeno 6 mila posti. Si possono creare uffici specializzati in tanti altri settori per i quali oggi il Ministero si affida ad aziende esterne senza sviluppare alcuna progettualità nel tempo. Possiamo riformare il sistema delle esternalizzazioni, che ha generato negli anni una situazione caotica in cui i salari sono a ribasso così come i diritti dei lavoratori: i più grandi musei italiani, infatti, cedono ad aziende esterne una fetta importante di proventi, e queste aziende risparmiano il più possibile sui lavoratori, non avendo come priorità quella di pagare le nostre competenze e professionalità”.
La richiesta della giovane studiosa a premier e ministro è dunque di “fare quell’investimento, per assumere, per cambiare tutto, e per fare in modo che il sistema culturale italiano torni a creare ricchezza per le casse pubbliche, per tutti i nostri concittadini, basandosi sul lavoro di migliaia e migliaia di professioniste e professionisti dei beni culturali come me”. Con l’obiettivo di rilanciare lavoro e cultura per arrivare lontano.
“Con pochi miliardi del Recovery Fund possiamo rilanciare cultura e lavoro”. La petizione |