Rimuovere affreschi di Pietro Annigoni per riportare alla luce pitture più antiche, eseguite da uno dei giganti della storia dell’arte: Giotto. È quanto alcuni auspicano si possa fare a Padova, all’interno della Basilica di Sant’Antonio, col fine di ritrovare le pitture che Giotto eseguì nella cappella di Santa Caterina: i termini dell’intervento di Giotto sono stati ricostruiti dalle ricerche compiute qualche anno fa dallo storico dell’arte Giacomo Guazzini (delle quali abbiamo estesamente parlato anche su queste pagine). Entrando più nel dettaglio, la decorazione trecentesca rimase visibile fino al 1734, quando fu coperta da un’imbiancatura che lasciò la parete vuota fino al Novecento, quando, tra il 1923 e il 1925, il pittore Giuseppe Cherubini venne incaricato di rimuovere le imbiancature e di restaurare quello che rimaneva delle pitture di Giotto, dopodiché, tra il 1981 e il 1983, l’ambiente venne affrescato da Annigoni con un ciclo dedicato alle Storie di sant’Antonino.
Non sappiamo, in realtà, quanto è dato ritrovare sotto gli affreschi novecenteschi. Tuttavia, in città è stata lanciata una petizione per chiedere la rimozione degli affreschi di Annigoni, nell’eventualità che si possano ritrovare quelli di Giotto. La petizione è stata lanciata dalla locale associazione “Orizzonti – Il futuro insieme”, che così scrive su Change.org: “C’è un Giotto ‘tenuto nascosto’ in un sito simbolico dell’Urbs Picta, Patrimonio mondiale dell’umanità proprio per gli affreschi del Trecento. I capolavori ‘celati’ sono sulle pareti della Cappella di Santa Caterina alla Basilica di Sant’Antonio, una sorta di ‘mini Scrovegni’ dove, secondo il parere di autorevoli studiosi, l’artista si esercitò in vista della realizzazione dei più celebri cicli che avrebbe poi prodotto ad Assisi e a Padova nello scrigno dell’Arena. A seguito di alcuni restauri sono rimasti il gigantesco Crocifisso di Pietro Annigoni datato primi anni Ottanta sulla parete di fondo, e dipinti murali su quelle laterali, dietro ai quali un’intercapedine li separa dagli affreschi di 700 anni fa del maestro fiorentino. Orizzonti promuove questa raccolta firme per ‘svelare’ il Giotto nascosto”.
Al momento sono poche le firme raccolte: appena 135 in una settimana. Però della petizione si parla, e i pro-rimozione hanno anche incassato il sostegno di alcuni esponenti della politica locale, come il consigliere regionale Arturo Lorenzoni del centrosinistra: “Secondo autorevoli studiosi, fra i quali lo storico dell’arte padovano Giuliano Pisani”, ha detto, “Giotto si esercitò lì prima di realizzare i celeberrimi cicli di affreschi nella Basilica superiore di San Francesco, ad Assisi, e nella Cappella degli Scrovegni. Dopo sette secoli è giunto il momento di svelare questi capolavori per restituirli al mondo intero. Sempre di più Padova è Urbs Picta, Patrimonio dell’Umanità Unesco. Sono grato al professor Pisani e all’associazione Orizzonti. Si prendono cura della nostra città e ci stimolano a valorizzare ogni aspetto dei tesori che custodiamo”.
E ancora, tra i favorevoli, il quotidiano Il Gazzettino registra la presenza della studiosa Giovanna Valenzano, docente di Storia dell’Arte Medievale all’Università di Padova: “Sull’eventualità di trasferire le opere di Annigoni, come storica dell’arte medievale due anni fa all’epoca del restauro del sottarco di Santa Caterina avevo auspicato che ciò avvenisse ed era stato anche presentato un progetto di massima, poi non concretizzato”. Pro-rimozione anche il presidente del consiglio comunale Antonio Foresta: “Ho firmato subito perché ritengo che sia un’eresia tenere nascosta la pennellata di Giotto, con tutto il rispetto che posso avere per quelle di Annigoni che la coprono. Queste ultime vanno mantenute, ma spostate in un altro luogo del complesso antoniano per rendere visibile quanto aveva dipinto il maestro fiorentino, facendo qui le prove generali in vista della realizzazione del suo capolavoro assoluto agli Scrovegni. Il Santo è visitato da migliaia di persone ed è quasi un’offesa non fargli vedere tali meraviglie ora celate. È ora di trovare una soluzione per resituirle al mondo”.
Tra le firme anche quella del vicepresidente provinciale, Daniele Canella: “Ho sottoscritto la petizione perché credo che non si debba lasciare intentata la possibilità di recuperare una parte di patrimonio artistico che potrebbe dare ulteriore valore alla nostra città, già patrimonio Unesco per i cicli affrescati del Trecento. Quanto c’è sotto ad Annigoni sono dipinti realizzati da Giotto prima degli Scrovegni, quindi una sorta di ‘esercitazione’ che va assolutamente a incrementare i tesori che custodiamo a Padova, aggiungendo un’opportunità in un luogo tra i maggiormente frequentati al mondo dai fedeli e dagli amanti dell’arte. Il Taumaturgo è uno dei santi più amati al mondo e offrire alla gente un’opportunità in più per visitare il complesso a lui dedicato, non potrebbe fare altro che dare lustro a Padova. Certo, i dipinti di Annigoni, utilizzando le più moderne tecnologie, devono essere recuperati, mantenendo nella sua interezza un patrimonio culturale datato anni Ottanta, a cui i frati sono molto legati. Facciamo riemergere Giotto, però, la petizione e l’impegno delle istituzioni devono essere trasversale per trovare i fondi necessari al restauro”.
A spegnere gli entusiasmi e a mettere in chiaro come stanno le cose ci ha pensato però il soprintendente di Padova, Vincenzo Tinè, che ha tagliato corto, escludendo la possibilità di strappi degli affreschi di Annigoni: “In quel sito negli anni Venti aveva lavorato il pittore Cherubini, il quale aveva effettuato un intervento con i mezzi dell’epoca, tirando fuori quello che ha potuto dei lacerti degli affreschi giotteschi che ha integrato con la sua fantasia, restituendo un’immagine complessiva che però è più di una fantasia novecentesca che reale. Negli anni Ottanta è stato affidato l’incarico ad Annigoni che ha ri-dipinto ex novo le parti laterali e quindi nella Cappella abbiamo ora nel sottarco e nella parete di fondo dietro al Crocifisso il lavoro di Cherubini del ‘30, e nelle laterali quello di Annigoni. Adesso si dovrebbe fare un complessivo restauro di Santa Caterina, a completamento di quello fatto nel sottarco, mantenendo lo strato di Cherubini, quello di Annigoni e quanto resta di Giotto per evidenziarlo, soprattutto nella parete di fondo, mentre nei lati potrebbero essere fatti dei sondaggi stratigrafici. Annigoni, anche se ha quasi cinquant’anni, è ormai storicizzato ed è il primo intervento artistico commissionato dai frati: non si possono rimuovere né lui, né Cherubini”.