Negli ultimi giorni si è scatenata la gara a trovare i riferimenti (più o meno fondati) del Padiglione della Lituania alla cinquantottesima Biennale di Venezia: anche se non si tratta probabilmente di riferimenti, ci uniamo al “gioco” e facciamo notare che la spiaggia finta in un interno non è certo prerogativa del lavoro realizzato da Rugilė Barzdžiukaitė, Vaiva Grainytė e Lina Lapelytė per il padiglione lituano. Un qualcosa di simile, infatti, era stato creato a Milano, nel 2017, per il Fuorisalone, con il progetto Mare Modular dell’azienda belga Modular Lighting Instruments, specializzata nell’illuminotecnica.
Allora, il cortile dell’Accademia di Brera era stato trasformato in una spiaggia attrezzata e, a differenza del padiglione lituano, a Milano c’era anche tanto di chiringuito: insomma, magari i protagonisti non cantavano arie da operetta come a Venezia, ma di sicuro potevano ordinare un mojito o una fetta di cocco fresco. Il progetto belga-braidense veniva sommessamente definito nei comunicati come una “installazione architettonica favolosa, vivace e divertente”, “in cui il bianco e il nero, la luce e i contrasti scuri creeranno la giusta atmosfera”. La finta spiaggia dell’azienda belga veniva poi presentata come “un mondo utopico, lontano nel tempo e nello spazio, in un’ambientazione fiabesca sotto la luna e vicino al mare”. Non solo: la Modular aveva anche predisposto delle lampade per consentire ai figuranti di abbronzarsi. O meglio: di “prendere una fantastica tintarella architettonica”, com’era specificato nel comunicato (qualunque cosa voglia dire “tintarella architettonica”). C’è invece da scommettere che i vacanzieri del padiglione della Lituania torneranno a Vilnius senza neppure una scottatura...
Altro che Padiglione della Lituania: a Milano già due anni fa c'erano spiagge finte al Fuorisalone |