Per entrare in chiesa non si dovrebbe pagare il biglietto, tranne che per motivi eccezionali: è questo l’indirizzo che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo ha diramato, per tramite del sottosegretario Anna Laura Orrico che ha risposto a un’interrogazione parlamentare rivolta dal senatore Iunio Valerio Romano del Movimento 5 Stelle circa l’introduzione di un ticket per visitare il complesso del Duomo a Lecce nel maggio dello scorso anno. L’interrogazione risale al 22 ottobre 2019 e il sottosegretario ha risposto il 5 agosto (la risposta è stata però pubblicata solo poche ore fa).
Romano, e con lui gli altri firmatari (Sergio Romagnoli, Barbara Guidolin, Giuseppe Audino, Cinzia Leone, Fabrizio Ortis, Luisa Angrisani, Daniela Donno, Patty L’Abbate, Barbara Lezzi, Gabriele Lanzi, Rossella Accoto, Raffaele Mautone, Gaspare Antonio Marinello, Vincenzo Garruti, Agnese Gallicchio, Vilma Moronese, Angela Anna Bruna Piarulli, Cataldo Mininno, Susy Matrisciano, Simona Nunzio Nocerino, Antonella Campagna, tutti pentastellati, e Luigi Di Marzio del gruppo misto), sottolineavano che il provvedimento della curia di Lecce limitava “la piena fruibilità di spazi pubblici e l’accesso a beni di interesse storico e culturale, edificati con soldi della collettività e che alla collettività appartengono” ed era incompatibile “con il ruolo di snodo turistico e culturale che il Salento e la città di Lecce, in particolare, rivestono, sia per il costo imposto, sia per le modalità di acquisto e l’accessibilità ai luoghi di culto”. Sempre secondo i firmatari, l’iniziativa segnava un “un vulnus rispetto all’operatività del principio del libero e gratuito accesso agli edifici sacri, da sempre proprio della tradizione della Chiesa cattolica in Italia e che, globalmente considerata, presenta profili di contrasto, o se si preferisce di dubbia compatibilità, sia rispetto a basilari e irrinunciabili esigenze di natura religiosa e pastorale, sia rispetto alla normativa italiana sulle chiese aperte al culto pubblico, la quale tutela la primaria finalizzazione degli edifici sacri alle esigenze cultuali”.
Ne sarebbe derivata, secondo Romano e colleghi, una musealizzazione degli edifici sacri di Lecce, in apparente contrasto con la nota pastorale L’accesso nelle chiese della CEI, con la quale i vescovi italiani hanno richiamato le diocesi all’osservanza del principio dell’accesso libero e gratuito nelle chiese aperte al culto, in modo che delle stesse sia posta in risalto “la primaria e costitutiva destinazione alla preghiera liturgica e individuale”. L’iniziativa della curia leccese prevedeva infatti il pagamento per tutti (esentati solo i residenti nella diocesi di Lecce), e per i fedeli erano stati approntati degli altari riservati alla preghiera.
L’obbligo di pagamento non era però continuo: era stato infatti limitato al periodo 13 maggio-31 ottobre 2019, periodo durante il quale le chiese erano state aperte tutti i giorni dalle 9 alle 21 (nel resto dell’anno, le chiese leccesi sono visitabili dalle 9 alle 18, senza pagamento del biglietto). Il biglietto era solo per accedere al complesso (quindi non erano inclusi servizi di visita guidata, audioguida o simili, che vanno acquistati separatamente), e riguardava quattro siti: la cattedrale di santissima Maria Assunta, la basilica di santa Croce, la chiesa di san Matteo e la chiesa di santa Chiara. Ancora, la curia aveva imposto il blocco delle visite turistiche durante le funzioni religiose, informando i turisti tramite un apposito calendario delle celebrazioni liturgiche inserito nel sito web.
Vale la pena sottolineare come il caso di Lecce sia profondamente diverso da quello di altre realtà dove l’ingresso alle chiese è subordinato al pagamento di un biglietto, come nel caso, per esempio, delle cattedrali di Pisa e Siena: in queste città la gestione di alcuni siti monumentali è infatti demandata alle fabbricerie, strutture antichissime alle quali lo Stato riconosce personalità giuridica autonoma (si tratta quindi di enti che godono anche di autonomia finanziaria e con i proventi della bigliettazione finanziano la manutenzione dei siti: in Italia sono in tutto una ventina e non ricevono alcun contributo pubblico). A Lecce, al contrario, le chiese sono di proprietà della diocesi, che ha affidato la biglietteria a un concessionario. Ma per le chiese diocesane, la manutenzione viene sovvenzionata con i fondi dell’8 per mille alla Chiesa Cattolica e, in base alle inteste in vigore, i fondi per la manutenzione straordinaria arrivano invece dallo Stato.
La curia leccese aveva spiegato che l’introduzione del biglietto a pagamento serviva per poter garantire l’apertura continuata per dodici ore al giorno dei siti, oltre che per mantenere le spese per tenerle aperte e in buono stato. Romano e gli altri firmatari dell’interrogazione avevano però obiettato facendo sapere che “una valida alternativa all’introduzione del ticket generalizzato potrebbe essere quella di prevedere un numero limitato di visite giornaliere a pagamento, con ingresso contingentato e accompagnamento di guide, fuori dagli orari di apertura della chiesa stabiliti dal rettore (lasciando, negli altri orari, l’ingresso libero e gratuito per tutti)”. In tal modo, continuavano i senatori, “non si creerebbero sovrapposizioni tra esigenze di natura cultuale e culturale. Gli stessi turisti sarebbero maggiormente liberi di visitare gli spazi sacri, senza doversi preoccupare di non arrecare fastidio ai fedeli e, al tempo stesso, si ricaverebbe una qualche forma di introito dallo sfruttamento in termini turistici del bene-chiesa, comunque utile per le molteplici esigenze connesse alla gestione e alla conservazione del medesimo (senza, però, ledere il diritto dei fedeli di frequentare liberamente le chiese in ragione della loro destinazione primaria e costitutiva)”.
Orrico, nella risposta, ha premesso che le chiese possono tranquillamente esigere il pagamento di un biglietto, anche se con alcuni importanti distinguo: “dal punto di vista strettamente giuridico”, ha scritto, “l’accesso gratuito per finalità turistiche ai luoghi di culto non costituisce un diritto esigibile nei riguardi dei responsabili della loro gestione, essendo tutelato il solo diritto dei fedeli di partecipare alle funzioni liturgiche (canone 1221) e l’esercizio della pietà. È invece demandata ai soggetti responsabili della gestione delle singole chiese la possibilità di regolamentare la disciplina di accesso per gli usi diversi, prevedendo quindi che l’ingresso possa anche non essere gratuito per finalità turistico-culturali, senza che ciò si traduca in una lesione del diritto di accesso dei fedeli”.
Quello che però non si può fare è trasformare la chiesa in un museo: “va altresì rilevato”, spiega Orrico, “che l’obbligo di pagare un ticket per l’accesso agli edifici sacri presenta profili confliggenti con il criterio di destinazione e apertura integrale al culto pubblico che la normativa italiana considera requisito indispensabile affinché un immobile possa avere la qualifica di edificio destinato all’esercizio pubblico del culto cattolico, riconoscendo un peculiare regime giuridico strettamente connesso alla soddisfazione dei bisogni spirituali della popolazione”.
“La garanzia del libero ingresso ai luoghi di culto per tutti i cittadini, al di là del loro status di turisti o fedeli”, ha proseguito il sottosegretario, “sembra peraltro emergere anche nei più recenti orientamenti della CEI. Già nella nota del 2003 I turisti nelle chiese. Un’accoglienza generosa e intelligente è ribadito in via generale il principio dell’ingresso gratuito ai luoghi di culto, a tutela della loro destinazione primigenia, limitando la possibilità di introdurre un ticket solo in casi del tutto eccezionali, in via temporanea, dopo attenta valutazione, e comunque con l’esclusione delle chiese cattedrali. Tra gli elementi oggetto di valutazione discrezionale rientra la possibilità di offrire, a fronte della corresponsione di un ticket, l’apertura in orari più estesi rispetto all’ordinario, garantendo tanto la funzione primaria del culto (e quindi le esigenze dei fedeli), quanto la disponibilità di un’offerta turistico-culturale più ampia, come nel caso in esame. Da ultimo nel 2012 il consiglio episcopale permanente della CEI ha emanato una nota pastorale, avente solo valore di indirizzo e quindi giuridicamente non vincolante, intitolata L’accesso nelle chiese, nella quale si ribadisce che, stante la primaria e costitutiva destinazione delle chiese alla preghiera liturgica e individuale, sono ospiti graditi tutti coloro che desiderano entrarvi per pregare, per sostare in silenzio, per ammirare le opere d’arte”.
Infine, conclude Orrico, “l’ingresso libero e gratuito dovrebbe costituire la regola, derogabile in casi eccezionali, pur garantendo sempre e comunque la possibilità dell’accesso gratuito a quanti intendono recarsi in chiesa per pregare e ai residenti nel territorio comunale. La ratio, ribadita ancora una volta, appare quella di considerare come prevalente la finalità cultuale su quella culturale-turistica, circoscrivendo la possibilità di sottrarre l’edificio alla libera fruizione della collettività a limitate e motivate eccezioni”.
Nella foto: la basilica di Santa Croce a Lecce
Chiese a pagamento? Per il MiBACT no: l'ingresso gratuito dovrebbe essere la regola |