Al posto dell’Arco Borbonico adesso c’è un cumulo di pietre: è crollato l’antico approdo settecentesco, simbolo del lungomare di Napoli, a poca distanza da Castel dell’Ovo. Per i napoletani era noto come “o’ chiavicone” ed era un molo realizzato con blocchi di pietra lavica, risalente alla seconda metà del XVIII secolo, ultima testimonianza dell’antica attività dei pescatori del borgo di Santa Lucia, eternata dalle canzoni della tradizione napoletana. Nell’Ottocento era stato spostato e trasformato nel terminale di uno scarico fognario, ma aveva mantenuto inalterato il suo aspetto: è costituito da una volta a botte in tufo giallo, con piano di calpestio in pietra lavica. Quel che è grave è che da tempo versava nella più totale incuria, nonostante fosse una delle più concrete evidenze del lungomare partenopeo (il giornalista Angelo Forgione, dalle pagine del suo blog, ne ha più volte denunciato il rischio crollo, e come lui tante associazioni del territorio, cittadini ed esponenti politici che hanno ripetutamente chiesto all’Autorità Portuale, proprietaria della struttura, di intervenire).
Adesso tutto suona come una beffa: è bastata una forte mareggiata, quella che nelle ultime ore ha colpito il golfo di Napoli, a far collassare il piccolo approdo borbonico, presente in tantissimi dipinti d’epoca romantica o realizzati dalla celebre Scuola di Posillipo. Di recente era stato puntellato soltanto con tubi innocenti, misura però insufficiente a reggere l’urto dei marosi che hanno fatto crollare la struttura. E adesso il crollo suona come un oltraggio alla storia della città.
Eppure la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli aveva intimato all’Autorità Portuale di intervenire in una missiva del maggio scorso. Nella lettera indirizzata al presidente dell’Autorità Portuale, Pietro Spirito, e firmata dal soprintendente Luigi La Rocca e dal funzionario Luigi Rondinella, l’ente di piazza del Plebiscito evidenziava che “attualmente la struttura versa in condizioni statiche tanto precarie da rendere urgenti ed improcrastinabili interventi di consolidamento e restauro. [...] L’arcata di sinistra risulta perduta, mentre l’arcata di destra è prossima al collasso, avendo perso, nel tempo, a causa della risacca marina e delle periodiche mareggiate, gli elementi lapidei costitutivi del relativo contrafforte e della platea di fondazione. Allo stato attuale l’arcata, di fatto, scarica l’intero suo peso su una esigua porzione del piedritto di fondazione, il quale ha registrato, nel tempo, una grave traslazione fuori piombo. Altrettanto compromesse risultano essere le condizioni statiche della volta a botte in tufo giallo, che, si ricorda, era originariamente contenuta tra le predette due arcate in basalto. Sulle volte, infatti, si registrano in più punti lacune del paramento murario nonché gravi stati erosivi dei blocchi lapidei e dei giunti di malta”. La soprintendenza evidenziava inoltre lo “stato di profonda incuria, con elementi di protezione e dissuasione abbandonati e vandalizzati tali da compromettere il decoro del pregevole lungomare napoletano”. L’ente suggeriva anche quali interventi mettere in atto, tra consolidamento, messa in sicurezza e restauro.
La lettera della soprintendenza non lascia spazio a dubbi. Così vi si legge: "Per tutto quanto sopra riportato, al fine di assicurare la conservazione del bene culturale in argomento, ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. 42/2004, si impone a codesta Autorità Portuale, in qualità di Ente concessionario, l’obbligo di eseguire i necessari interventi di messa in sicurezza e restauro" (il grassetto nel virgolettato è dell’originale).
“Ci sono gravi responsabilità dell’Autorità Portuale nel crollo dell’arco Borbonico sul Lungomare partenopeo”, afferma Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale della Campania, della formazione di Europa Verde, sempre molto attivo sui temi del patrimonio. “Nonostante le ripetute segnalazioni da parte nostra ad attivarsi per tutelare l’intero tratto di lungomare che va dalla ‘Colonna spezzata’ al molo Borbonico e le sollecitazioni da parte della Soprintendenza a intervenire per il restauro di quest’ultimo, l’ente guidato da Pietro Spirito non solo non ha compreso la gravità della situazione, ma non si è nemmeno degnato di dare una risposta. Da circa due anni sono state inoltrate note ufficiali a tutti gli enti interessati, Comune, Soprintendenza e Autorità Portuale, denunciando i pericoli che via via si concretizzavano visto l’evidente stato di degrado in cui versava l’area. Ad una email di oltre sei mesi fa veniva risposto testualmente dal Soprintendente, Luigi La Rocca, che tutte le segnalazioni all’Autorità Portuale erano tristemente cadute nel vuoto fino a giungere a una diffida a intervenire. L’unico risultato ottenuto è stato quello dell’interdizione dell’area, mai controllata a dovere, e una protezione che, evidentemente, a ben poco serviva contro la forza del mare. Sotto gli occhi di tutti i danni della recente mareggiata dalla ‘Colonna spezzata’ fino al molo Borbonico, area a rischio da noi continuamente segnalata. Adesso siamo pronti a denunciare per individuare tutte le inadempienze che hanno causato questo affronto alla città a partire da quelle dell’Autorità Portuale”.
Anche per il sindaco Luigi De Magistris le responsabilità sono dell’Autorità Portuale: “Una mareggiata ha devastato uno dei simboli della rinascita di Napoli degli ultimi anni. Non sarà un anno orribile a fermarci. Napoli ritornerà a splendere con la forza del suo popolo. La nostra amministrazione ha più volte sollecitato l’Autorità Portuale, in quanto proprietaria, di intervenire con lavori di manutenzione e messa in sicurezza. Noi, da parte nostra, abbiamo finanziato i lavori di riqualificazione del lungomare che inizieranno a breve”.
Indignazione anche da parte di Francesco Carignani di Novoli, consigliere comunale, già presidente dell’Associazione Italiana Giovani per l’UNESCO e attuale presidente dell’Associazione Culturale Musae, che si occupa di tutela del territorio. Così spiega Carignani: “Abbiamo aspettato a lungo i lavori, la cui competenza non era né del Comune né della Municipalità, ma avevo scelto di occuparmene lo stesso. La Soprintendenza aveva intimato da molti mesi il restauro all’Autorità Portuale, richiedendo l’inizio dei lavori in tempi brevissimi. L’Autorità Portuale in questi mesi aveva provveduto soltanto a metterlo in sicurezza. Perché non erano iniziati i lavori? Avevo più volte sollecitato all’Autorità Portuale l’inizio dei lavori, l’ultima volta pochi giorni fa. Mi avevano assicurato un incontro con la Soprintendenza per i lavori di restauro i primi di gennaio. Adesso è troppo tardi. Troppo tempo perso... Sono veramente amareggiato e mi aspetto che la Soprintendenza faccia luce fino in fondo sul perché questi lavori non sono mai partiti”. Lo stesso Carignani il 29 dicembre, dopo un’altra mareggiata, scriveva che l’arco borbonico aveva retto, e che “apettiamo con impazienza i lavori di restauro della stessa Autorità portuale, dopo aver avuto già con passato l’obbligo dalla soprintendenza di eseguire i lavori in tempi rapidi”.
Nella foto: a sinistra l’arco borbonico prima del crollo (ph. Floriana Yrolf), a destra dopo (ph. Ingegneria Benigni)
Mareggiata a Napoli, crolla l'Arco Borbonico: la soprintendenza aveva imposto il restauro |