Mucche in cambio di oggetti d’arte: la singolare compensazione è quella che il Pitt Rivers Museum di Oxford ha offerto a una comunità Masai del Kenya come riparazione per un gruppo di oggetti che sono conservati nel museo inglese e che sono stati presi ai Masai nell’Ottocento all’epoca del colonialismo. Per arrivare a questo dono da parte del museo di Oxford ci sono voluti ben sei anni: era infatti il 2017 quando i leader culturali Masai hanno visitato il museo per vedere gli oggetti che appartengono alla loro comunità. Negli anni seguenti, sono state condotte ricerche sui reperti ed è stato scoperto che cinque oggetti dovevano essere identificati come “cimeli di famiglia culturalmente sensibili”. Secondo la cultura Masai, l’assenza di questi oggetti dalla loro famiglia è ritenuta portatrice di sventura. Il museo ha per caso pensato di restituirli? No: ha voluto scambiarli con mucche, acquistate con fondi messi a disposizione da una fondazione (la Staples Trust), e inviate in Kenya a inizio luglio (all’arrivo, le vacche sono state al centro di una cerimonia di purificazione). Il programma ha previsto anche una visita della direttrice del museo, Laura van Broekhoven, della curatrice Marina de Alarcon e della ricercatrice Thandi Wilson che si sono recate in Kenya e Tanzania dove hanno preso parte dalle cerimonie tradizionali dei Masai e hanno incontrato alcune famiglie.
“La missione del Pitt Rivers Museum”, ha detto Van Broekhoven, “è coinvolgere persone in tutto il mondo, aumentare la comprensione dei molti modi di conoscere delle discipline umanistiche ed estendere la nostra portata attraverso partnership innovative come questa. Siamo profondamente onorati di essere stati invitati a prendere parte alle tradizionali cerimonie Masai in Kenya e Tanzania. Ci auguriamo che questo processo di riparazione, condotto dai Masai negli ultimi sei anni, abbia un impatto significativo sulle famiglie Masai, che sono i discendenti delle persone i cui oggetti sono stati sottratti durante i periodi di guerra e di oppressione coloniale”.
I cinque oggetti in questione (nella foto sotto) sono un Engononkoi Narok (collana di perle blu che viene tramandata di padre in figlio ed è parte fondamentale delle cerimonie di iniziazione Masai, tanto che non dovrebbe mai essere venduta o regalata), un Emonyorit (un orecchino indossato dalle giovani donne che hanno subito il rito della Emuratare, la circoncisione femminile, illegale oggi in Kenya: le comunità Masai devono infatti scegliere riti alternativi che non prevedano mutilazioni genitali per le donne), un Orkatar (un braccialetto passato in eredità da padre in figlio, anch’esso non dovrebbe mai essere venduto o regalato), un Isikira (un ornamento femminile per il capo) e un Isrutia (un ornamento da braccio o collo per la donna, che rappresenta il matrimonio: non va prestato, venduto o regalato). Fanno parte dei 188 oggetti Masai conservati nelle raccolte del Pitt Rivers, a loro volta incluse nella raccolta di 95.327 oggetti africani, 9.443 dei quali provenienti dal Kenya e 2.794 dalla Tanzania. Per ogni oggetto sono state regalate ai Masai 49 vacche, per un totale di 245, corrispondenti a un valore di circa 42mila euro.
Il dono delle mucche è stato ritenuto un mezzo sufficiente per riparare i rapporti tra museo e Masai, anche in considerazione del fatto che la presenza degli oggetti presso il museo inglese è ritenuta dalla comunità africana di cattivo auspicio per i discendenti delle famiglie ai quali appartenevano. Inoltre, come riporta l’agenzia di stampa keniota Kenya News, secondo uno dei leader della delegazione Masai, Samuel Ole Nangiri, ci sono dubbi su come gli oggetti sono arrivati in Inghilterra: si sospetta infatti che siano frutto di sottrazioni violente.
Tuttavia secondo alcuni le mucche non sono sufficienti. Il Telegraph ha raccolto il parere di uno studente, Yannick Ndoinyo, che faceva parte della delegazione Masai recatasi in visita al Pitt Rivers: “I Masai”, ha detto, “hanno perso così tanta terra nelle mani dei colonizzatori britannici, più degli oggetti, e non possono essere pagati con mucche. Secondo me, l’amministrazione britannica potrebbe aiutare i Masai a recuperare le loro terre perdute o ricevere compensi adeguati, e potrebbero seguire ulteriori questioni come una borsa di studio”. I leader locali, tra cui Patrick Ntutu, governatore della contea di Narok in Kenya, hanno chiesto all’Università di Oxford di istituire un campus nell’area.
I cinque oggetti in questione sono peraltro ritenuti di importanza culturale relativa da parte del museo, tanto che non sono mai stati studiati e neppure esposti. Al momento, fa sapere il museo, non sono state però avanzate richieste di restituzione ufficiali: l’istituto, si legge in una nota, si attiverà per seguire le prassi stabilite qualora dovessero pervenire. Per adesso, in Kenya rimangono le mucche.
Museo inglese dona a comunità Masai mucche per compensarli degli oggetti presi in epoca coloniale |