Scoppia un caso per il mancato rinnovo dello storico dell’arte Tomaso Montanari come presidente della Fondazione Museo Archivio Richard Ginori della Manifattura di Doccia di Sesto Fiorentino. Al suo posto è stato designato l’avvocato Marco Corsini, sindaco di Rio nell’Elba. La mancata conferma di Montanari ha generato diverse reazioni nel mondo della cultura.
Il Museo Ginori è un’istituzione di grande valore storico e artistico, legata alla celebre manifattura di porcellane fondata nel 1737 dal marchese Carlo Ginori. Dopo anni di chiusura e incertezza sul suo destino, il museo era stato al centro di un importante progetto di recupero e valorizzazione, reso possibile grazie all’acquisizione da parte dello Stato e al sostegno di enti locali e privati. Solo pochi giorni fa, Montanari aveva scritto una lettera aperta al ministro della cultura Alessandro Giuli per chiedere il rinnovo del consiglio di amministrazione scaduto lo scorso 20 ottobre 2024. La decisione di Giuli poi è arrivata, ma evidentemente non è quella che Montanari si aspettava.
Lo storico dell’arte su Twitter parla senza mezzi termini di “saccheggio”: in un’intervista a La Nazione, il presidente uscente ha affermato che Giuli era deciso a rinnovargli l’incarico. I due avrebbero avuto uno scambio l’11 dicembre, tramite Whatsapp. “Poi però”, ha detto Montanari, “c’è stato un velo di silenzio e non è più accaduto nulla fino a due giorni fa”. L’ipotesi di Montanari è che il mancato rinnovo è conseguenza di un procedimento penale pendente dello storico dell’arte, un’indagine in seguito a una querela presentata nei suoi confronti dal ministro Francesco Lollobrigida per un articolo scritto da Montanari. Secondo lo storico dell’arte, i tecnici del Ministero avrebbero tuttavia spiegato a Giuli che si tratterebbe di un procedimento irrilevante, anche perché riguarda un reato di opinione. Pertanto, secondo Montanari si tratta semplicemente di un “pretesto”. A suo avviso, “La realtà è che c’è una carenza di motivazione, un eccesso di potere e forse anche una discriminazione politica. La libertà del ministro di nominare chi gli pare non è l’arbitrio di fare e disfare nello stesso procedimento una cosa e il suo contrario. Avessero nominato un critico dell’arte almeno, ma così proprio non va, basta leggere il curriculum di chi è stato scelto”. Infine, senza mezzi termini, Montanari definisce un “disastro” il suo mancato rinnovo, in quanto ritiene sia la fine di un lavoro fatto in vista della riapertura del Museo Ginori. “È un regolamento di conti esclusivamente politico che usa il patrimonio culturale come un ostaggio”, conclude. “Se questa è l’egemonia culturale in realtà mi pare più un saccheggio”.
Montanari ha poi scritto anche un durissimo post su Instagram per ribadire la propria posizione: “È un puro atto squadrista di esercizio del potere per il potere. Non per fare, ma per togliere. Non per costruire, ma per distruggere. Una violenza assurda, insensata: in cui tutti hanno da perdere. Il ministro la faccia, la nazione un patrimonio. Violenza e vigliaccheria insieme: si chiama fascismo”.
In difesa di Montanari è intervenuto il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani: “Con assoluta convinzione ho formalmente espresso il mio apprezzamento per l’indicazione di Montanari a presidente della Fondazione. Ieri [ndr: lunedì] però ho ricevuto la lettera della capo gabinetto del Ministero Valentina Gemignani che indicava come nuovo presidente l’avvocato Corsini. Una doccia fredda, la comunicazione è arrivata senza alcun rispetto per il percorso di concertazione e senza alcun contatto o segnale. Per me il presidente è e rimane Montanari: scriverò al ministro Giuli chiedendo un incontro fra i soci della Fondazione che possa concludersi con la conferma di Montanari alla presidenza”.
Duro il sindaco di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi: “Si tratta di un atto miserabile che arriva senza alcuna spiegazione. Nel curriculum dell’avvocato Corsini figurano numerosi incarichi, nessuno dei quali pertinente con la presidenza di un’associazione artistica o culturale. Mi impegno a chiedere spiegazioni al ministro delle ragioni che sembrano purtroppo rispondere a logiche di occupazione di spazi e incarichi istituzionali, anche a titolo gratuito come quella della presidenza della Fondazione Museo Ginori”.
Anche la Cgil di Firenze fa quadrato attorno a Montanari: “Grave e incomprensibile la non riconferma del prof. Montanari come presidente della fondazione del museo Ginori. Il prof. Montanari, oltre alla rinomata competenza che incarna su queste materie, ha sempre rappresentato con forza come il valore del lavoro sia strettamente legato alla bellezza dei manufatti che le mani delle lavoratrici e dei lavoratori della Ginori hanno modellato nei secoli. Montanari ha sempre sottolineato come il museo Ginori dovesse rappresentare non solo la bellezza dei manufatti che hanno fatto la storia dell’arte, ma anche la storia del lavoro che li ha prodotti e la storia di una comunità territoriale che si è forgiata sui valori di quelle lavoratrici e di quei lavoratori, di cui quella bellezza è l’esito. Il rammarico non potrebbe essere più grande perché rischiamo di perdere una grande occasione di rilancio del museo e del suo valore storico di relazione con il territorio”.
A difendere invece la scelta del ministro Giuli è intervenuto Alessandro Amorese di Fratelli d’Italia, membro della Commissione Cultura della Camera dei Deputati: “Che la sinistra gridi allo scandalo per la sostituzione di Tomaso Montanari alla presidenza della Fondazione Museo Ginori da parte del ministro Alessandro Giuli, è soltanto un’ulteriore conferma che la cultura è stata percepita, e gestita, non come un bene comune, quanto come uno strumento di esercitazione di un proprio potere auto proclamato. Il nome di Tomaso Montanari, professionista dell’insulto sistemico e continuativo contro il governo Meloni, non può essere ritenuto sinonimo di una qualsivoglia nomina assicurata perché dettata da automatismi e convenzioni di una certa parte politica, che confonde la democrazia con un sistema conformistico di potere. Evidentemente giova ricordarlo alla sinistra e a Montanari stesso. Cambiare passo, per il bene della Fondazione Museo Ginori, dopo anni di immobilismo e refrain di buoni propositi mai divenuti azioni concrete, non solo è quindi necessario, ma questo cambiamento alla guida della Fondazione rappresenta un radicale cambio di paradigma. Marco Corsini, avvocato dello Stato, è figura con capacità amministrative e di gestione, caratteristiche più che mai adatte per rilanciare, con un nuovo impulso, un’eccellenza del nostro paese, scrigno delle porcellane Richard Ginori, simbolo del saper fare italiano nel mondo. A lui vanno i nostri auguri di quel buon lavoro che la Fondazione Museo Ginori merita”.
Marco Corsini dovrà ora affrontare la sfida di proseguire il percorso di valorizzazione del museo, cercando di garantirne la riapertura al pubblico e il pieno funzionamento. La comunità culturale e gli appassionati d’arte osservano con attenzione questo passaggio di consegne, consapevoli dell’importanza del Museo Ginori non solo per la storia della manifattura artistica italiana, ma anche per il panorama museale internazionale. Resta da vedere quale sarà l’approccio di Corsini e quali saranno le sue linee programmatiche per il futuro dell’istituzione.