Il nostro cervello ama le didascalie delle opere d'arte: lo studio dell'Università di Firenze


L’Università di Firenze ha condotto uno studio sulla fruizione dell’arte moderna e contemporanea: i risultati dimostrano che osservare le opere d’arte è più gratificante se con supporto di didascalie descrittive. Ecco lo studio nei dettagli.

Secondo uno studio dell’Università di Firenze, il nostro cervello ama le didascalie delle opere d’arte. In altri termini, osservare opere d’arte è più gratificante con il supporto di una didascalia descrittiva. La conferma arriva dalla ricerca del team coordinato dall’Università di Firenze, che ha testato tale apprezzamento in termini di risposte emotive e cognitive misurate tramite la registrazione di parametri fisiologici e comportamentali.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Plos One, è stato condotto (in collaborazione con gli atenei di Roma Tre e La Sapienza) in un museo di arte moderna e contemporanea a Firenze, la Collezione Roberto Casamonti, ospitato a Palazzo Bartolini Salimbeni. Ha guidato la ricerca Maria Michela Del Viva, del Dipartimento Unifi di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino.

Il progetto prende le mosse dalla consapevolezza di come, nel corso degli ultimi anni, sia cresciuta l’attenzione verso il tema della qualità dell’esperienza del visitatore. La comprensione del comportamento del pubblico, dei suoi bisogni e aspettative, nonché delle dinamiche relazionali e dei processi di apprendimento in contesti non formali, costituisce un passaggio preliminare all’elaborazione di qualsiasi progetto di valorizzazione e di comunicazione del patrimonio.

Sebbene le prove suggeriscano che gli strumenti educativi nei musei possono essere cruciali per migliorare il processo di comprensione, apprezzamento e promozione del benessere individuale, il loro ruolo, si legge nel paper pubblicato su Plos One, è stato messo in discussione e alcuni musei hanno scelto di ridurre o addirittura eliminare le spiegazioni ed etichette nel tentativo di rendere l’esperienza più emotiva e meno guidata dalla cultura. Valutare scientificamente l’impatto delle etichette sulla percezione e comprensione delle opere d’arte può quindi contribuire a rafforzare l’impegno dei musei nello sviluppo della qualità dell’esperienza dei visitatori e dell’efficacia della loro offerta educativa. Ciò è particolarmente rilevante, secondo i ricercatori dell’Università di Firenze, per i musei di arte moderna/contemporanea e per i visitatori con scarsa formazione artistica. Le persone non esperte di solito preferiscono i dipinti figurativi rispetto a quelli astratti, poiché il loro contenuto è molto spesso ambiguo e indefinito, rispetto all’arte figurativa, dove gli oggetti rappresentati sono chiaramente riconoscibili. Infatti, l’apprezzamento è correlato alla comprensione delle opere d’arte, e una comprensione incompleta può portare alla delusione dei visitatori e potenzialmente scoraggiare ulteriori visite museali

Il progetto ha previsto la scelta di alcune opere, selezionando una tipologia legata alla considerazione che osservatori non esperti trovano più difficoltoso comprendere e apprezzare l’arte moderna, dopodiché i ricercatori hanno registrato i vari parametri biometrici (movimenti oculari, risposta pupillare, battito cardiaco, conduttanza cutanea) e comportamentali (tempo di visualizzazione, questionari) dei visitatori del museo fiorentino. I partecipanti (trenta volontari sani di età compresa tra i 21 e i 30 anni, tutti studenti universitari, non di arte, con background culturale tipico di chi ha studiato arte solo alla scuola superiore, con in media visite a mostre e musei solo una o due volte l’anno, e che non hanno letto recentemente riviste, libri o blog di arte) hanno sperimentato le opere con etichette essenziali durante una prima visita e con etichette descrittive durante una seconda visita. Per controllare che gli effetti possano essere effettivamente attribuiti ad etichette descrittive e non alla doppia esposizione a dipinti ed etichette essenziali, che potrebbero portare a effetti di familiarità, è stata introdotta una condizione di controllo, in cui le etichette essenziali sono state mostrate a un ulteriore campione di partecipanti durante entrambe le sessioni.

I risultati hanno dimostrato che, quando viene fornita una didascalia descrittiva prima della visualizzazione dei quadri, i partecipanti spendono più tempo nell’osservazione dell’opera e i loro movimenti oculari sono diretti verso le zone descritte. Una descrizione dettagliata incoraggia i partecipanti a dedicare più tempo all’osservazione delle opere d’arte, seguendo le informazioni fornite. È difficile, del resto, per i non addetti ai lavori cogliere il significato delle opere d’arte moderna: ad esempio, un dipinto di Miró può apparire come una serie di larghe pennellate nere con piccole macchie colorate. Ma quando i partecipanti vengono a sapere che le macchie delineano la forma di un corpo femminile, i loro occhi eseguono un maggior numero di fissazioni sulle parti raffiguranti la figura. Ciò suggerisce che la spiegazione fornisce una chiave di comprensione cognitiva ed emotiva, confermata dalla percezione soggettiva di maggiori sentimenti positivi e comprensione.

I risultati mostrano anche che i partecipanti che apprezzano maggiormente l’arte astratta sono quelli che trascorrono più tempo davanti ai dipinti. Tuttavia, l’apprezzamento estetico per i dipinti specifici presentati durante l’esperimento non cambia con la spiegazione. Ciò suggerisce che, sebbene le etichette possano facilitare la comprensione, ciò non è sufficiente per provocare un maggiore apprezzamento. Si può ipotizzare, secondo i ricercatori che hanno condotto lo studio, che sia necessaria una formazione artistica specifica per apprezzare le opere d’arte moderne. Infatti, le conoscenze in fatto di arte facilitano la cosiddetta “scioltezza estetica”, un processo che potrebbe portare le persone a cogliere meglio il significato di un’opera d’arte e al suo apprezzamento estetico. Inoltre, questo risultato può essere interpretato dal fatto che l’arte moderna/contemporanea non ha come obiettivo principale quello di essere “bella”, bensì di essere interessante, attivante, provocatoria, ambigua e significativa. Nel complesso, i risultati mostrano che i visitatori ricevono importanti vantaggi dalla lettura di informazioni dettagliate sulle opere d’arte.

“L’incontro con l’opera d’arte può generare reazioni molto diverse in base ai prerequisiti posseduti dal visitatore e alla sua storia educativa ed emozionale”, racconta Maria Michela Del Viva, docente di Psicobiologia e psicologia fisiologica Unifi. “A incidere sulla qualità dell’esperienza museale, tuttavia, sono soprattutto gli strumenti di accompagnamento che il museo può elaborare per intensificare il processo di comprensione e il coinvolgimento del pubblico”.

“Abbiamo osservato”, prosegue la docente, “un incremento della conduttanza cutanea e del diametro pupillare: si tratta di risposte psicofisiologiche che suggeriscono un aumento della reattività e del gradimento indotti dalla fruizione delle opere. Il maggior coinvolgimento degli spettatori è stato confermato dai questionari proposti ai partecipanti: grazie alle didascalie descrittive, i visitatori hanno dichiarato di aver trovato il contenuto delle opere meno complesso e più stimolante. I risultati indicano che gli osservatori traggono beneficio dalle descrizioni dettagliate delle opere, confermando l’impatto prodotto dalla parola scritta nel contesto di una esperienza di tipo estetico-culturale. Una conferma di quanto l’utilizzo di materiale informativo efficace dovrebbe essere un obiettivo primario dei musei”.

Il nostro cervello ama le didascalie delle opere d'arte: lo studio dell'Università di Firenze
Il nostro cervello ama le didascalie delle opere d'arte: lo studio dell'Università di Firenze


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