Cinque grandi musei della Grecia si apprestano a diventare istituti autonomi, sulla falsariga di quanto avvenuto in Italia con la riforma Franceschini del 2014. E nel paese monta la polemica. Cosa succede? Lunedì è stato approvato dal Parlamento greco un disegno di legge che trasformerà cinque grandi musei (il Museo Archeologico Nazionale di Atene, il Museo Bizantino e Cristiano di Atene, il Museo Archeologico di Salonicco, il Museo di Cultura Bizantina di Salonicco e il Museo Archeologico di Candia, sull’isola di Creta) in NPDD (Nomikó Prósopo Dīmosiou Dikaiou, “Persona giuridica di diritto pubblico”), ovvero enti pubblici dotati di autonomia finanziaria e gestionale. Acquisiranno dunque lo stesso status che al momento è appannaggio di un solo museo in Grecia, il Museo dell’Acropoli di Atene.
Non si tratta di una discussione nuova: di questa ipotesi si discute già nel 2021, ma la differenza è che adesso la proposta si è concretizzata e l’iter legislativo sta andando avanti spedito. La ratio della riforma è stata a lungo spiegata dalla ministra della cultura Lina Mendoni, che ha sottolineato, lo scorso 3 febbraio, “l’esigenza di un cambiamento nel modo di amministrare i musei pubblici, nonché l’ampliamento delle loro attività e azioni sempre nell’ambito delle politiche pubbliche, elaborate dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e dello Sport e della normativa archeologica”. Svincolando i cinque musei dall’amministrazione centrale, la Grecia intende renderli più efficienti e più appetibili nei riguardi delle sponsorizzazioni private, oltre che autonomi nelle decisioni riguardanti i prestiti delle opere, e renderli anche capaci di perseguire politiche di comunicazione e di collaborazione istituzionale autonome.
La riforma non andrà a privatizzare i musei, che rimarranno nell’alveo pubblico, dovranno continuare ad applicare le disposizioni della legislazione archeologica, saranno controllati e supervisionati dallo Stato, e continueranno ad avere lo stesso personale. Viene poi introdotto un meccanismo che facilita i prestiti da parte dei nuovi musei autonomi, che, ha spiegato Mendoni, “si applica ai casi in cui un museo del nostro paese presta ad un museo di un altro paese, oppure prende in prestito da esso, a scopo espositivo, uno o più beni culturali, a seconda della programmazione. Il nostro Stato può, previo parere di un’apposita commissione, assumersi l’onere di risarcire il museo che lo ha prestato, in caso di danneggiamento o distruzione o perdita dei beni prestati. Con questa disposizione, il museo prestatore di opere è esentato dal pagamento dei premi assicurativi privati, che doveva pagare, affinché il bene culturale potesse viaggiare, dove doveva essere esposto. Lo stesso è previsto in caso di prestito interno tra musei greci”.
La riforma tuttavia ha suscitato ampie polemiche e ha portato, nel fine settimana appena trascorso, anche alla dichiarazione di scioperi nei musei interessati dalle nuove misure, indetti dal Syllogos Ellénon Archaiológon, l’Associazione degli Archeologi Greci, che sta guidando la protesta. I principali motivi di contrarietà? C’è, intanto, il timore che i musei possano sfuggire al controllo dei tecnici, dal momento che non saranno più amministrati da funzionari statali, ma da consigli di amministrazione, che potrebbero parametrare il successo del museo su dati meramente numerici. Si paventa poi il rischio che l’autonomia apra a prestiti scriteriati da parte dei musei. Per i critici, l’uscita dei musei dal controllo centrale non farà che frammentare la tutela dei beni culturali. Inoltre, secondo l’Associazione degli Archeologi Greci, l’idea di affidare la gestione di beni che sono proprietà del popolo greco a entità sì pubbliche, ma non statali quali sono gli NPDD, è incompatibile con la Costituzione. E ancora, sempre stando all’Associazione, la riforma apre alla “commercializzazione dei musei, al loro finanziamento come quasi-imprese con finalità di lucro a scapito del carattere scientifico, didattico, educativo e ricreativo dei Musei, a scapito dell’uguale accesso per tutti al bene pubblico di cultura”. Tra i critici figura anche l’ex premier greco Alexis Tsipras, leader del partito Syriza, che si è astenuto durante la votazione della legge.
L’Associazione promette di dare battaglia e chiede a tutti i partiti del Parlamento di impegnarsi immediatamente ad abrogare la legge. Ma la riforma pare ormai ben avviata.
Immagine: una sala del Museo Archeologico di Candia. Foto: Visit Crete
Grecia, è polemica per una riforma dei musei simile a quella italiana del 2014 |