Si risolve in favore di Miriam Cahn e del Palais de Tokyo una polemica che era stata lanciata da un deputato di Rassemblement national, partito della destra estrema francese, attorno all’opera Fuck Abstraction!, esposta alla mostra dell’artista svizzera presso il museo di Parigi. Era stata intentata anche una causa contro il museo perché, secondo gli esponenti dell’estrema destra e secondo alcune associazioni di tutela dei minori, il dipinto, che vuole denunciare gli orrori commessi a Bucha sulla popolazione locale durante le azioni belliche che hanno coinvolto la cittadina durante le prime fasi della guerra in Ucraina (in particolare è una denuncia contro la violenza degli stupri di guerra), sarebbe la rappresentazione dell’abuso sessuale commesso su di un bambino. Nel dipinto, che ha luogo su uno dei paesaggi astratti tipici di Miriam Cahn, si vede un uomo farsi praticare una fellatio forzata da una figura di proporzioni molto più piccole, con le mani legate.
La legge in Francia vieta l’esposizione di rappresentazioni pornografiche che coinvolgono minori: su questo intendevano far leva i ricorrenti, ma Cahn già tempo addietro aveva chiarito che il dipinto non raffigura un bambino, e che la vittima è raffigurata in dimensioni ridotte per ragioni simboliche, per alludere alla fragilità degli oppressi e delle vittime della guerra. La giudice Sylvie Vidal ha dato ragione all’artista e al museo ritenendo che il Palais de Tokyo adotti misure adatte per informare il pubblico sul contenuto sensibile, fornendo adeguati testi esplicativi e mettendo a disposizione addetti che possono spiegare a voce l’opera.
Nella sentenza si legge che “il dipinto, che raffigura la silhouette di un uomo di corporatura possente, senza volto, che impone una fellatio a una vittima dalla corporatura molto fragile, che è in ginocchio e ha le mani legate dietro la schiena, affronta il modo in cui la sessualità è utilizzata come arma di guerra e fa riferimento ai crimini commessi nella città di Bucha in Ucraina durante l’invasione russa, rappresentando in maniera cruda la violenza subita dalla popolazione ucraina. Quest’opera non potrebbe tuttavia essere compresa al di fuori del suo contesto e del lavoro dell’artista Miriam Cahn che denuncia gli orrori della guerra, se non fosse che tutto ciò è ricordato nella documentazione distribuita al pubblico”. È ritenuta dunque “infondata” l’istanza secondo la quale “l’opera esposta andrebbe a costituire un attentato grave e manifestamente illegale alla libertà fondamentale costituita dall’interesse superiore dei minori”.
In Francia la vicenda aveva comunque tenuto banco per settimane prima di arrivare in tribunale, ed era finita su giornali e tv. C’era stata anche una raccolta firme, sottoscritta da 13mila persone, per chiedere la rimozione dell’opera, e anche un’interrogazione alla ministra della cultura (che però ha detto che la libertà d’espressione è garantita dalla legge, respingendo dunque le richieste di censura, e che comunque è compito dei tribunali stabilire se era stato commesso un reato). I soggetti che hanno presentato l’istanza hanno annunciato che faranno ricorso contro la decisione del tribunale amministrativo di Parigi. Per adesso l’opera è ancora visibile.