Nel complesso monumentale di Santa Croce a Firenze è stato restaurato il monumento funebre di Louisa Stolberg Gedern (Mons, 1752 – Firenze, 1824), contessa d’Albany. Donna di grande intelletto e spiccate doti diplomatiche, fu moglie dell’ultimo erede della dinastia Stuart e compagna di Vittorio Alfieri. Il restauro, promosso dall’Opera di Santa Croce, è stato reso possibile grazie al sostegno di Donna Malin, generosa benefattrice americana profondamente legata a Firenze e al complesso monumentale di Santa Croce.
Durante la presentazione del restauro, sono intervenuti il segretario generale dell’Opera di Santa Croce Stefano Filipponi, la conservatrice Eleonora Mazzocchi, la restauratrice Paola Rosa che ha condotto l’intervento con Emanuela Pieretti, e la donatrice Donna Malin.
Il monumento di Louisa Stolberg Gedern è parte integrante del percorso Santa Croce in rosa, pensato per valorizzare il ricordo di donne coraggiose e innovatrici, intellettuali o artiste che riposano o vengono commemorate all’interno del complesso monumentale.
Louisa Stolberg Gedern, dotata di intelligenza e determinazione, visse un’esistenza intensa e segnata da un’indipendenza eccezionale per il suo tempo. Nel 1772 fu scelta come sposa di Carlo Edoardo Stuart, allora cinquantenne, che i giacobiti consideravano vero erede del trono d’Inghilterra, Scozia e Irlanda. La coppia si stabilì a Roma, ma già dopo due anni il matrimonio entrò in crisi: Carlo Edoardo, ormai privo di speranze politiche, si rifugiò nell’alcol e si rivelò violento nei confronti della moglie, al punto da essere accusato di tentato omicidio. La contessa d’Albany chiese aiuto al granduca Pietro Leopoldo e al cognato, il cardinale Enrico Stuart, che le offrirono protezione. Nel 1784, con il supporto legale di Gustavo III di Svezia, ottenne la separazione, risultato eccezionale per l’epoca, e riuscì a garantirsi un’importante rendita economica.
L’incontro con Vittorio Alfieri a Firenze nel 1777 segnò profondamente la sua vita. Il poeta stesso descrisse Louisa come fonte di ispirazione e sostegno per la sua vita letteraria. Insieme si trasferirono a Parigi, dove la contessa divenne l’anima di un influente circolo culturale frequentato da illustri personalità come Jacques-Louis David, Madame de Staël, Ippolito Pindemonte e Giuseppina Beauharnais, futura moglie di Napoleone. Con lo scoppio della Rivoluzione, la coppia fece ritorno a Firenze, stabilendosi a Palazzo Gianfigliazzi sul Lungarno Corsini. Qui Luisa diede vita a uno dei salotti letterari più rinomati della città, luogo di incontro per i più grandi intellettuali europei dell’epoca.
Alla morte di Alfieri, la contessa si impegnò per farlo seppellire in Santa Croce, commissionando ad Antonio Canova la realizzazione del monumento funebre del poeta.
Donna Malin ha un rapporto speciale con il complesso di Santa Croce e con Firenze. Con una brillante carriera di avvocato in una multinazionale alle spalle, si è dedicata a iniziative di mentoring per lo sviluppo personale e professionale delle donne ed è stata vicepresidente dell’organizzazione no-profit Women in Need, che a New York si occupa di offrire supporto a donne e bambini senza dimora.
Ha scoperto Firenze da adolescente e da allora vi ritorna ogni anno, trascorrendo lunghi periodi in città. Dal 2014 sostiene i progetti di restauro promossi dall’Opera di Santa Croce, tra cui la campagna di crowdfunding #CrazyForPazzi, il recupero delle tombe di Michelangelo e Machiavelli e recentemente il restauro del monumento funebre di Louisa Stolberg Gedern.
Il monumento funebre della contessa fu commissionato dal pittore François-Xavier Fabre, caro amico ed erede universale di Louisa, allo scultore Emilio Santarelli, su disegno dell’architetto francese Charles Percier, con il contributo di Luigi Giovannozzi per la decorazione degli ornati. L’opera venne collocata nella Cappella Castellani nel 1830, sei anni dopo la morte di Luisa.
Di raffinato gusto neorinascimentale, il monumento si sviluppa all’interno di una cornice architettonica quattrocentesca finemente scolpita e decorata. Due Geni funerari alati, dalle delicate fattezze infantili, si trovano ai lati di un cippo su cui sono raffigurate a bassorilievo le tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità. Sulla sommità del cippo, una clessidra alata simboleggia lo scorrere inesorabile del tempo. Nella lunetta dell’arco superiore sono incisi gli stemmi gentilizi delle famiglie Stolberg e Stuart. Sul pavimento, accanto al monumento, si trova la lapide tombale. Composto da 72 elementi in marmo apuano, il monumento ha subito nel tempo danni e accumuli di sporco, in particolare a causa dell’alluvione del 1966, che lo sommerse fino a un metro e mezzo d’altezza. Nonostante le pulizie effettuate dopo il disastroso evento, erano ancora presenti significativi depositi di fango, mentre le tre lastre di marmo del basamento risultavano ricoperte da un abbondante strato di cera.
Il restauro ha comportato un’accurata operazione di pulitura eseguita in più fasi, riportando alla luce le superfici originali e rispettando la cromia originaria dei diversi marmi apuani impiegati. Per rimuovere lo sporco accumulato sono stati utilizzati acqua demineralizzata calda, ammonio in soluzione, White spirit e bisturi.