Il direttore del Museo di San Marco si schiera contro l'intelligenza artificiale nei musei


Angelo Tartuferi, direttore del Museo Nazionale di San Marco di Firenze, prende posizione contro l’uso dell’intelligenza artificiale nei musei: “tremo al pensiero di totem a cui fare domande”. E poi, l’IA non aiuterebbe a favorire lo sviluppo dello spirito critico, missione essenziale del museo.

Il direttore del Museo Nazionale di San Marco di Firenze, lo storico dell’arte Angelo Tartuferi, si schiera contro l’uso dell’intelligenza artificiale nei musei. L’occasione della riflessione è data da un’intervista che Alessandro Santini, sul blog del museo, ha creato utilizzando il famoso programma ChatGPT, al quale ha rivolto diverse domande proprio sul Museo di San Marco, ottenendo risposte sulla storia del museo, sulle opere, persino consigli per il pubblico.

Tartuferi non condivide però l’entusiasmo del collega. Pur dichiarandosi aperto alle novità in ambito tecnologico (secondo il direttore, una buona app, come quella che l’istituto stesso offre ai visitatori all’ingresso, con testi preparati dallo staff tecnico-scientifico, è ancora preferibile rispetto alle risposte di un’intelligenza artificiale, mentre per il visitatore con più conoscenze ancor meglio sarebbe una guida scritta da addetti ai lavori), Tartuferi non crede che programmi come ChatGPT possano aiutare all’interno dei musei.

Intanto, si domanda quale possa essere l’utilità di una eventuale postazione multimediale a cui rivolgere domande. “Un totem messo nei punti strategici del museo, prontissimo a dire ai visitatori dov’è l’uscita, dov’è il bagno o il bookshop… o a dare un fiume di ragguagli su ogni opera? Mentre lo scrivo, tremo già all’idea che capiterà di vederlo sul serio!”, afferma Tartuferi. “Ve l’immaginate una simile colonna o postazione tecnologica appoggiata al muro in prossimità dell’ingresso al cosiddetto Appartamento del Savonarola nel nostro museo? O magari appena varcata la soglia della Sala di Giove a Palazzo Pitti? Si dirà che sto esagerando ad arte, e tuttavia, stante il fatto che nel quadro della tendenza attuale, uno degli obbiettivi più importanti indicati ai giorni nostri per la visita in un museo è quello che il visitatore riporti un’esperienza la più inclusiva, coinvolgente, stupefacente e immersiva (credo di non aver dimenticato niente, o forse sì!?), queste novità sembrano assecondare al meglio tale nobile obbiettivo”.

Il direttore contesta poi il fatto che l’intelligenza artificiale non si sbilancia in opinioni o preferenze personali. Questo aspetto, sebbene deponga a favore dell’“onestà intellettuale” del dispositivo, rischia al contempo di inaridirlo o, peggio, di renderlo inutile se l’intelligenza artificiale “dichiara di non essere minimamente interessata a favorire e/o sviluppare nelle giovani generazioni lo spirito critico, i moti dell’animo, le preferenze personali. Insomma, non può dare alcun aiuto al raggiungimento nel campo educativo di una delle mission più importanti, anzi di quella più importante. Perché a tutti noi, giovani e meno giovani, bombardati come siamo da ogni genere di messaggi, cosa resta come atto di affermazione della propria individualità – anzi, prima ancora, della propria dignità – se non l’esercizio sistematico dell’opinione, del giudizio e della preferenza personale su ogni aspetto della vita: dalla politica, alla cultura, alla marca di un dentifricio!”. Quale dunque in sostanza l’utilizzo nei musei di questo strumento? Tartuferi chiude ironico: “se qualcuno non è legittimamente d’accordo o non ce la fa più per la stanchezza – perché indubbiamente far funzionare il proprio cervello richiede uno sforzo -, adesso sa che può farsi aiutare da ChatGPT o simili”.

Nella foto: Angelo Tartuferi

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