Caravaggio entra, anzi rientra dopo quattro secoli, a Palazzo Madama. E con lui il dibattito, recentemente alimentato da nuovi contributi, sulla Vocazione di san Matteo e in particolare su chi nel dipinto sia il “vero Matteo”. L’occasione, è stata la presentazione della Fondazione Cardinale Francesco Maria Del Monte avvenuta appunto presso la sede del Senato il 4 febbraio scorso.
La neonata Fondazione, ha tra le sue finalità e scopi la “promozione della figura e delle opere del cardinale Francesco Maria Del Monte attraverso attività di ricerca e di diffusione riguardanti i diversi campi più in generale sui temi concernenti il tardo Rinascimento” (vedi il sito istituzionale www.fondazionecardinalefrancescomariadelmonte.it). È bene ricordare a tal proposito come il cardinale fece della sua dimora in Palazzo Madama il crocevia e il centro propulsore delle attività culturali e scientifiche del tempo.
Caravaggio, Vocazione di san Matteo (1599-1600; olio su tela, 322 x 340 cm; Roma, San Luigi dei Francesi, Cappella Contarelli) |
Ottavio Leoni, Ritratto del cardinale Francesco Maria del Monte (1616; pastello nero e tracce di bianco su carta, 229 x 165 mm; Sarasota, Ringling Museum of Art) |
E importante fu la sua amicizia con Galileo Galilei e Caravaggio, e la protezione concessa a entrambi. Dello scienziato, cui peraltro suggerì l’utilizzo del cristallo di montagna in sostituzione del vetro nella costruzione delle lenti, il prelato assunse la difesa quando questi fu denunciato al Sant’Uffizio.
Caravaggio invece, che grazie a Del Monte spesso ottenne la scarcerazione quando ebbe guai con la giustizia, risiedette a Palazzo Madama per alcuni anni sin dal 1597. I documenti ci dicono che fu proprio qui che dipinse quadri come la Natività di Palermo e i laterali della cappella Contarelli con le storie di san Matteo: la Vocazione e il Martirio del santo.
E proprio la Vocazione di san Matteo è al centro di un dibattito critico, riaperto negli ultimi mesi dal volume Caravaggio. Il vero Matteo di Sara Magister (Campisano Editore, con prefazione di Antonio Paolucci e un contributo di Michele Cuppone). Ci si chiede, in sostanza, chi tra i personaggi raffigurati sia san Matteo, se in particolare l’uomo barbuto che sembra indicarsi come generalmente creduto, o il giovane chino a contare le monete come si sospetta sempre più ultimamente.
Copertina del libro Caravaggio. Il vero Matteo di Sara Magister |
Inaspettatamente, una nuova voce si è ora inserita nella discussione ed è quella del Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, che ha presieduto all’incontro del 4 febbraio. La seconda più alta carica dello Stato, non soltanto ha introdotto la nuova ipotesi come una “accreditata rilettura”. Di più, ha posto l’accento sull’“uso da parte dell’artista della teologia per accompagnare la pittura, della bellezza per illuminare la teologia”, uso cui evidentemente questo dipinto, e la sua rilettura, ci portano adesso a riflettere con più consapevolezza.
Di seguito il passaggio relativo del suo discorso (nel video, un frammento più ampio):
«Proprio a Palazzo Madama, il Cardinale mecenate ospitò il giovane talento e in quella che oggi è la sede del Senato vennero realizzate alcune opere fondamentali.
Innanzitutto “I Musici”, un’opera di Caravaggio che rappresenta ben più di una traccia interpretativa del pensiero del Cardinale. Caravaggio - permettetemi questa iperbole - “disegna la musica”, la rappresenta, la mette in scena, la incarna. Non è un caso, né una coincidenza: è la più profonda intuizione di Del Monte quella di disegnare la musica, musicare l’arte, poetizzare la prosa.
Una recentissima e, seppure ancora minoritaria, accreditata rilettura della “Vocazione di San Matteo” - opera che Caravaggio realizzò sempre a Palazzo Madama - ci invita a riscoprire il “vero Matteo”, che possiamo ammirare nella Cappella Contarelli della vicina Chiesa di San Luigi dei Francesi, non più nella figura barbuta con l’indice alzato, bensì nel giovane ricurvo a contare i denari sul fondo del tavolo.
Non è tanto la rilettura, per alcuni aspetti incredibile, di una delle più conosciute e apprezzate opere di Caravaggio a doverci sorprendere, bensì l’uso da parte dell’artista della teologia per accompagnare la pittura, della bellezza per illuminare la teologia. Per Caravaggio in fondo Del Monte non rappresentò solo il mecenate, il mentore, il difensore durante le fasi più difficili della cosiddetta leggenda nera, ma il Maestro, la guida che ha aperto il varco dell’ideale al reale, del trascendente all’immanente, dell’estetica alla vita pratica» (Maria Elisabetta Alberti Casellati, Roma, 4/2/2019).
Nell’immagine sotto: Maria Elisabetta Alberti Casellati
Il dibattito su Caravaggio entra in Senato: Maria Elisabetta Alberti Casellati interviene sulla Vocazione di san Matteo |