Anche l’Austria, dopo la Francia e l’Olanda, si aggiunge all’elenco dei paesi che hanno avviato a livello ufficiale il processo di decolonizzazione dei propri musei. La segretaria di stato per l’Arte e la Cultura austriaca (omologa del nostro ministro), Andrea Mayer, ha infatti istituito una commissione di esperti di caratura internazionale per sondare le collezioni dei musei austriaci alla ricerca di oggetti provenienti da contesti potenzialmente legati al colonialismo. L’obiettivo, spiega il ministero dell’Arte della Cultura in una nota, è quello di sviluppare una gestione contemporanea e consapevole degli oggetti, oltre a gestire le richieste di restituzione.
La commissione sarà interdisciplinare e avrà il compito di formulare raccomandazioni per la gestione dei beni culturali provenienti dai contesti di acquisizione coloniale e di eventuali restituzioni. La commissione si riunirà più volte nel corso del 2022 e i lavori si svolgeranno in tre fasi. La prima riguarderà la contestualizzazione degli oggetti, nella seconda si procederà con un confronto con la società civile, con l’analisi dei fattori legali e di quelli legati ai rapporti internazionali, oltre che del know how dei musei austriaci. Infine, la terza fase sarà quella dedicata alle raccomandazioni scritte su come affrontare le richieste di restituzione di beni culturali rilevanti. I risultati sono attesi per la primavera del 2023.
Il gruppo di lavoro sarà presieduto da Jonathan Fine, direttore scientifico del Weltmuseum di Vienna, ed è composto da Golda Ha-Eiros, Senior Curator della Collezione Antropologica del Museo Nazionale della Namibia di Windhoek; Emmanuel Kasarhérou, Presidente del Musée du Quai-Branly di Parigi; Henrietta Lidchi, Capo curatore del Museo Nazionale delle Culture del Mondo di Rotterdam; Barbara Plankensteiner, Direttrice del Museum am Rothenbaum – Cultures and Arts of the World (MARKK) di Amburgo; Walter Sauer, docente di storia economica e sociale all’Università di Vienna; Anna Schmid, direttrice del Museum der Kulturen di Basilea; Katrin Vohland, direttrice generale e direttrice scientifica del Museo di Storia Naturale di Vienna; Miloš Vec, docente di storia giuridica all’Università di Vienna.
“L’eredità coloniale dei musei federali austriaci”, afferma la segretaria di stato Mayer, “verrò analizzata scientificamente e in modo concentrato. Non si tratta solo di affrontare il patrimonio museale coloniale, ma anche di rispondere a questioni che riguardano una museologia postcoloniale e una cultura della memoria. Andiamo in profondità, ma anche in ampiezza: è importante per me sottolineare l’approccio all’argomento. L’inclusione di vari stakeholder nel lavoro del comitato proietterà i risultati su una base ampia e consentirà così l’ulteriore sviluppo di una gestione contemporanea e sensibile del patrimonio culturale conservato nei musei federali austriaci”.
“Storicamente, l’Austria non è considerata una potenza coloniale”, si legge ancora nella nota del ministero, “ma la ricerca attuale mostra che la monarchia asburgica era coinvolta in molti modi nelle attività coloniali. Di conseguenza, è di grande importanza la nomina di una commissione specializzata che coinvolga competenze nazionali e internazionali per lo sviluppo di un sistema di riferimento sostenibile e comprensibile. Il Ministero austriaco dell’arte e della cultura attribuisce grande importanza alla creazione di solide condizioni quadro per una gestione scientifica, trasparente e sensibile delle collezioni provenienti da contesti di acquisizione coloniale nei musei federali e spera di dare un contributo rilevante alla discussione accolta a livello internazionale con il raccomandazioni attese”.
Il governo austriaco ha definito la ricerca sulla provenienza postcoloniale un importante campo di lavoro e ha quindi intensificato l’espansione della ricerca sulla provenienza degli oggetti presenti nelle collezioni dei musei statali. Finora, l’impegno austriaco nella ricerca sulla provenienza si è concentrato prevalentemente sull’arte e sui beni culturali che sono stati confiscati a causa della persecuzione sotto il nazionalsocialismo. Con l’Art Restitution Act del 1998 l’Austria ha maturato sul campo una vasta esperienza. “Anche se la responsabilità specifica della Repubblica d’Austria per i crimini nazionalsocialisti deve rimanere sempre presente nel dibattito in corso”, afferma ancora il ministero in una nota, “questo patrimonio di esperienze può essere utilizzato anche nella ricerca e nella gestione delle acquisizioni dai contesti coloniali”. Risalgono per solo al 2019 gli inizi dell’impegno dell’Austria nelle indagini sulla provenienza postcoloniale, con la serie di eventi The Museum in the Colonial Context - Austrian Federal Museums and Acquisitions in the 19th and 20th Century, realizzata in collaborazione con ICOM Austria.
Nel 2020 sono poi giunti progetti di ricerca in quattro musei federali (tutti a Vienna: il Museo delle Arti Applicate, il Museo di Storia Naturale, il Museo della Tecnica e il Weltmuseum), i cui risultati saranno pubblicati nel 2022 (dopodiché partiranno progetti di follow-up). Nel frattempo l’Austria ha gestito richieste di restituzioni dalla Nuova Zelanda (2020) e dalle Hawaii (2021), con il processo che è stato sospeso a causa della pandemia di Covid-19 (e le restituzioni dunque posticipate in accordo coi paesi di origine). La costituzione della commissione annunciata dalla segretaria Mayer è la tappa più recente di questo processo.
Nell’immagine, una sala del Weltmuseum di Vienna
Decolonizzazione: l'Austria nomina una commissione che analizzerà tutte le collezioni dei musei |