Potrebbe essere arrivata oggi la parola fine sull’ipotesi dei cosiddetti “culturabond” lanciata sulle pagine del Corriere della Sera, e al centro di una recente discussione nel settore. O almeno, potrebbe essere la fine di quelli che erano i “cultura bond” secondo le intenzioni originarie (anche se occorre rimarcare che la proposta lanciata dal Corriere era molto fumosa): dei titoli di stato a sostegno della cultura (un’idea che comunque era già stata rigettata da tutti gli addetti ai lavori in quanto impraticabile). A scartare l’ipotesi è stato oggi pomeriggio Lorenzo Casini, Capo di Gabinetto del ministro dei beni culturali Dario Franceschini, intervenuto in un webinar dell’Istituto Bruno Leoni.
A una precisa domanda sui culturabond, Casini ha dichiarato: “sull’ipotesi di un fondo che addirittura emetta titoli siamo freddi: noi conosciamo il settore, e sappiamo che non è un settore redditizio, quindi sostanzialmente un titolo dedicato alla cultura sarebbe un’altra forma di titolo di stato, cioè un’altra forma d’indebitamento”. Di conseguenza, per Casini “è forse preferibile costruire un fondo che garantisca una liquidità, magari con meccanismi di prestito molto agevolato per il settore delle imprese culturali (ed è questa la proposta arrivata da Federculture in un documento che ci hanno inviato), oppure anche avere un fondo per contributi a fondo perduto dello Stato su interventi che possono essere di promozione d’investimenti. Ovviamente per noi sono esclusi investimenti di tipo immobiliare: lo dico perché in questo dibattito c’è subito chi ha paventato il rischio di svendita o messa in vendita del patrimonio. Sono ipotesi che non sono neanche minimamente in considerazione”.
Culturabond, Capo Gabinetto MiBACT rifiuta l'idea: “È indebitamento, meglio fare altro. Nessun rischio svendita” |