Le Giornate FAI di Primavera 2021 devono ancora partire (l’evento si terrà sabato e domenica) ma le critiche all’evento sono già cominciate da giorni. È una situazione che sempre accompagna la manifestazione di punta del FAI - Fondo Ambiente Italiano, e anche negli anni passati si sono registrati scontri molto accesi attorno alle Giornate di Primavera. Diversi i punti che ogni anno sono al centro delle discussioni: l’uso disinvolto di volontari per condurre il pubblico attraverso i siti (in alcune edizioni addirittura ragazzi in alternanza scuola-lavoro), il fatto che molti luoghi siano siti pubblici che aprono solo in occasione dell’evento, il consueto contorno di elogi della stampa e delle istituzioni (il ministro della cultura Dario Franceschini non ha mai fatto mistero di apprezzare molto il “modello FAI” indicandolo spesso come punto di riferimento: anche quest’anno, durante la presentazione alla quale ha preso parte, Franceschini ha utilizzato l’abusatissima espressione “nuovo Rinascimento” per definire l’edizione 2021).
Quest’anno, in più, c’è anche chi ritiene poco opportune le Giornate FAI in un momento così delicato come quello che stiamo attraversando. “Non capiamo davvero”, afferma l’associazione Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali, spesso critica nei riguardi delle Giornate di Primavera, “perché in un momento in cui si dovrebbe fare di tutto per disincentivare la concentrazione delle visite, RAI e Ministero puntino a promuovere, ancora, aperture e visite ‘eccezionali’. In un momento in cui ancora i musei stanno provando a riaprire, in cui nei weekend sussiste la prenotazione obbligatoria con un giorno di anticipo per ogni sito sul territorio nazionale (anche per il più minuscolo e sperduto museo d’arte sacra), in cui le domeniche gratuite sono state annullate per evitare assembramenti. In un momento di sperimentazione, in cui le guide turistiche faticano a rimettersi in sesto all’aprirsi di una stagione a dir poco complicata, in cui si cerca di immaginare una nuova gestione dei flussi turistici, meno concentrati e meglio programmati”. Possiamo dunque permetterci di continuare a puntare sul modello dell’eccezionalità? È questo ciò che si domanda Mi Riconosci: “In questo momento, di ricerca faticosissima e di ricostruzione di un nuovo ordinario, più giusto e sostenibile, davvero abbiamo bisogno dell’occasionalità eccezionale delle giornate del FAI, con la solita mobilitazione di volontari e la solita acritica copertura mediatica? Davvero vogliamo ancora raccontarci che questo sarebbe il modello virtuoso a cui guardare per pensare al futuro? Davvero abbiamo bisogno di questa festa, adesso?”.
Una fotografia scattata durante le Giornate FAI di Primavera 2017 presso la Villa Saraceno a Finale di Agugliaro (Vicenza). Ph. Credit |
Le proteste più vibranti sono quelle delle guide turistiche, secondo le quali le Giornate FAI sarebbero addirittura una negazione del diritto al lavoro. È quanto sostengono le sigle Confguide e Federagit Confesercenti dell’Emilia Romagna in una nota inviata alla stampa. “Anche quest’anno”, spiegano le guide emiliano-romagnole, “si ripetono le giornate del FAI - Fondo Ambiente Italiano e anche quest’anno volontari o studenti si sostituiranno a guide turistiche professionali su tutto il territorio italiano ed anche qui nella nostra regione Emilia Romagna. In un momento così drammatico per il turismo culturale dove centinaia di Guide Turistiche in tutta la regione stanno per affrontare una seconda stagione estiva senza gruppi, troviamo assolutamente inopportuno e offensivo l’atteggiamento del Fondo Ambiente Italia, organizzazione che gode di regolari finanziamenti pubblici, nel continuare questa campagna di disinformazione ove il volontario si può sostituire al professionista”.
Le guide dell’Emilia-Romagna criticano il metodo del FAI, che è “sempre lo stesso”, ovvero “luoghi apparentemente inaccessibili vengono riaperti grazie all’intervento del FAI, un’offerta libera che ha cifre ben precise (quindi libera non è), studenti che prestano gratuitamente la loro opera magari perché previsto dal piano studi, volontari che per un week-end son convinti di fare qualcosa di unico e grande”.
Non solo: le guide emiliano-romagnole sostengono anche che il FAI non brilli per capacità di dialogo, e che l’unico risultato delle discussioni sia la negazione del diritto al lavoro delle guide: “A più riprese, quando è stato concesso, si è tentato un dialogo costruttivo ma anche in occasione di questi incontri non c’è stata la neppur minima volontà, da parte dei rappresentanti FAI, di voler cercare una soluzione che potesse essere soddisfacente per le diverse parti. In realtà quel che viene perpetrato continuamente è la violazione del diritto al lavoro delle Guide Turistiche che invece di essere coinvolte vengono letteralmente ignorate, come ignorate sono le norme: a guidare gruppi devono essere persone abilitate al ruolo di Guida a fronte di una dignitosa remunerazione. Le Guide Turistiche sono coperte da assicurazione di responsabilità civile a tutela del cliente ed operano in conformità ai protocolli di sicurezza Covid concordati con la regione Emilia-Romagna”.
“Riteniamo che il FAI”, concludono le guide dell’Emilia-Romagna, “abbia perso l’occasione di dare un segnale di supporto alla nostra categoria che avrebbe giovato alla sua immagine e alla qualità delle visite guidate. Non è abbastanza avere ottenuto un’abilitazione valida su tutto il territorio nazionale? Non sono abbastanza gli anni e i chilometri spesi/percorsi dalle Guide Turistiche su tutto il territorio per illustrare la bellezza del nostro patrimonio artistico? Patrimonio che potrebbe essere una fonte straordinaria di crescita economica e sociale. Possiamo permettere che la trasmissione dei nostri impareggiabili valori possa essere affidata a chi non ha la giusta formazione? Come possiamo non riconoscere gli anni di studio, i continui aggiornamenti, l’esperienza maturata negli anni con il rispetto che ogni professione merita? Perché si continua a pensare che la cultura debba essere solo volontaria e gratuita?”.
Dal nord a sud, anche in Basilicata le guide locali si sono levate contro le Giornate FAI arrivando anche a parlare di abusivismo. Le sigle ConfGuide, Confcommercio Matera e GTA Basilicata hanno scritto una lettera alla delegazione materana del FAI e alle istituzioni (Comune e Provincia di Matera, Regione, Arcidiocesi, Soprintendenza, Museo Nazionale di Matera, Confindustria Basilicata, ordini degli architetti e degli ingegneri della provincia di Matera, Università della Basilicata) per esprimere il loro disappunto. “Lo svolgimento di visite guidate, specie se dietro un contributo economico, che sia volontario o ‘minimo e suggerito’, come furbescamente indicato dal FAI”, affermano le guide lucane, “è possibile solo e unicamente da chi è in possesso di un’abilitazione alla professione di Guida Turistica, professione regolamentata e normata da leggi dello stato e regionali molto precise. Non basta dunque leggere qualche testo (né possedere una laurea o un dottorato) per condurre visite guidate. Al di là degli aspetti legali, inoltre, troviamo che affidare a volontari il compito di organizzare un itinerario turistico e di gestire l’accoglienza dei visitatori e il servizio di visita guidata mortifichi le guide turistiche abilitate che, dopo aver faticosamente acquisito le competenze e conseguito i titoli di studio, nonché quelli abilitanti alla professione, hanno aperto una partita Iva facendo di tali competenze un lavoro su cui investire il proprio futuro”.
Le guide lucane specificano che “Non si vuole qui puntare il dito contro i volontari, ma ricordare che l’organizzazione e la gestione di un servizio guida richiedono competenze professionali che necessitano di un vero contratto di lavoro e soprattutto di una adeguata retribuzione. Invece si contribuisce, in questo modo, a trasmettere il pessimo messaggio che quella della guida turistica non sia una professione, ma un hobby per il quale bastano passione e buona volontà. Questa visione stereotipata, tra l’altro, confluisce in un modello di valorizzazione e tutela del patrimonio culturale che svilisce un po’ tutte le professioni culturali, in primis quella di archeologo, che troppo spesso sono ritenute superflue e sostituibili con attività di volontariato. Anche gli architetti, inoltre, specie i più giovani, si ritrovano a combattere mentalità e atteggiamenti che sminuiscono la professionalità acquisita, tanto dal punto di vista economico quanto delle competenze. Ci si aspetterebbe, dunque, che gli enti e le istituzioni che formano e tutelano archeologi e architetti fossero solidali con le guide turistiche e operassero per stigmatizzare tali comportamenti, anziché avvallarli o addirittura, come in questo caso, rendersene partecipi”. Anche le guide di Matera, come i loro colleghi emiliani, criticano l’opportunità delle Giornate FAI: “Il tempismo”, dicono, “non potrebbe essere peggiore. A causa della pandemia globale, il settore turistico è in ginocchio da un anno e mezzo, e lo sarà per ancora chissà quanto. Le timide aperture delle prossime settimane rappresentano, per molti operatori, la speranza di guadagnare qualcosa per pagare le tasse e le spese quotidiane. E invece si ritrovano soggetti alla sleale e abusiva concorrenza delle associazioni di volontariato, che mostrano una disarmante mancanza di sensibilità”.
Guida turistica |
A tener banco quest’anno c’è poi un caso che è stato indicato, in questi giorni, come l’esempio perfetto del perché il modello delle Giornate FAI difficilmente possa essere preso a riferimento: quello del Castello di Sammezzano. Il celeberrimo monumento toscano, ubicato nei pressi di Reggello, da anni è nelle classifiche dei siti più a rischio d’Europa, e avrebbe bisogno di importanti lavori di restauro affinché possa essere reso visitabile in modo permanente. Il FAI ha scelto invece la strada più facile: quello dell’apertura al pubblico in soli due giorni, quando il Castello avrebbe semmai bisogno di essere curato. E le prenotazioni sono andate esaurite nel giro di pochissimo tempo: terminate nella stessa giornata in cui è stato dato l’annuncio che Sammezzano sarebbe stato incluso nei luoghi delle Giornate FAI.
Il Comitato Save Sammezzano, che da molto tempo lavora affinché il Castello venga recuperato, ha espresso critiche molto serrate all’atteggiamento che il FAI (ma anche i media) ha avuto nei riguardi della notizia dell’inclusione di Sammezzano nei luoghi aperti durante le Giornate FAI: secondo il sodalizio, si tratta di un mezzo di distrazione dai reali problemi del sito. “I mezzi stampa”, scrive il comitato in una nota, “hanno (giustamente) diffuso la notizia che Sammezzano sarà visitabile il 15 e il 16 di maggio in occasione delle giornate FAI; in nessuno degli articoli pubblicati si fa però riferimento alla situazione strutturale in cui si trova e alla necessità di recuperarlo: si parla solamente della possibilità di poterlo vedere. Ecco fatto che, inconsciamente, si è attivato un pericoloso strumento di distrazione per cui le persone chiedono principalmente di visitarlo, anziché chiederne fortemente il recupero. Il problema di Sammezzano non sono certamente le visite, questa è una cosa che vogliamo sottolineare. Però ancor prima della visitabilità sporadica dobbiamo impegnarci ad ottenerne il restauro e l’accessibilità a tutti. Non sarebbe meraviglioso se un giorno Sammezzano fosse regolarmente visitabile da chiunque nel massimo della sua bellezza, anziché essere visto occasionalmente dai pochi privilegiati che riescono a prenotarsi tramite un Click Day? Vogliamo recupero e fruibilità regolare a favore di tutti, non visitabilità occasionale a favore di pochi fortunati!”.
Il Comitato ha fatto anche sapere di aver subito numerose lamentele via mail da parte di persone che, interessate a visitare il Castello, non sono riuscite a prenotarsi perché i posti erano già terminati. Ma il comitato non c’entra alcunché: “Le visite secondo questa modalità”, spiega Save Sammezzano, “sono state un’idea del FAI - Fondo Ambiente Italiano, ed anche i posti disponibili sono stati assegnati tramite il loro sito internet”. E ribadisce: “È importantissimo non dimenticarsi che l’esigenza principale di Sammezzano è essere restaurato e non visitato. Ben vengano ovviamente le visite se servono a raccogliere risorse economiche da investire subito nel recupero della struttura. Se le risorse economiche raccolte in tali occasioni non sono spese immediatamente per interventi di restauro del castello, allora significa chiaramente che non stanno andando a diretto beneficio di Sammezzano, come invece dovrebbe essere”. Oggi, conclude Save Sammezzano, “il tipo di visibilità che serve maggiormente a Sammezzano è quella derivante dalle iniziative volte a tenere accesi i riflettori sulla sua situazione strutturale e sulla necessità di intervenire quanto prima con concrete azioni di recupero. Quindi non focalizziamoci troppo sulla sua visitabilità se questa non va di pari passo con il suo restauro; altrimenti rischiamo di farci involontariamente distrarre rispetto all’esigenza più urgente”.
La Sala dei Gigli del Castello di Sammezzano (dal sito di Save Sammezzano) |