Cosa prevede la riforma del Ministero della Cultura approvata dal consiglio dei ministri


Approvata il 7 agosto dal consiglio dei ministri e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 10 agosto, la prima parte della riforma Sangiuliano modifica l’assetto del Ministero dei Beni Culturali: si sancisce la separazione di tutela e valorizzazione e si torna a una struttura a dipartimenti.

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 10 agosto ed è entrato in vigore il giorno successivo il decreto legge 105, approvato durante il consiglio dei ministri del 7 agosto: il testo contiene provvedimenti in vari ambiti, dalla giustizia agli incendi nei boschi, e contiene anche un articolo, il 10, che dà di fatto avvio alla riforma del Ministero della Cultura fortemente voluta dal ministro Gennaro Sangiuliano.

Il decreto legge, intitolato “Disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione”, all’articolo 10 contiene alcune rilevanti novità per il Collegio Romano. Il primo comma dell’articolo estende le aree funzionali del ministero, aggiungendo il sostegno alle attività di associazioni, fondazioni, accademie e altre istituzioni della cultura, oltre alla promozione delle imprese culturali e creative, e assumendosi competenza in fatto di diritto d’autore e della proprietà letteraria. Inoltre, la tutela viene definitivamente separata dalla valorizzazione. Le aree funzionali diventano dunque le seguenti: a) tutela dei beni culturali e paesaggistici; b) gestione e valorizzazione del patrimonio culturale, degli istituti e dei luoghi della cultura; c) promozione dello spettacolo, delle attività cinematografiche, teatrali, musicali, di danza, circensi, dello spettacolo viaggiante; promozione delle produzioni cinematografiche, audiovisive, radiotelevisive e multimediali; d) promozione delle attività culturali; sostegno all’attività di associazioni, fondazioni, accademie e altre istituzioni di cultura; e) studio, ricerca, innovazione ed alta formazione nelle materie di competenza; f) promozione del libro e sviluppo dei servizi bibliografici e bibliotecari nazionali; tutela del patrimonio bibliografico; gestione e valorizzazione delle biblioteche nazionali; g) tutela del patrimonio archivistico; gestione e valorizzazione degli archivi statali; h) diritto d’autore e disciplina della proprietà letteraria; i) promozione delle imprese culturali e creative, della creatività contemporanea, della cultura urbanistica e architettonica e partecipazione alla progettazione di opere destinate ad attività culturali.

La novità più consistente e dibattuta è però il ritorno ai dipartimenti, che andranno a sostituire le direzioni generali, come si legge alla lettera b del comma 1 dell’articolo 10, in cui viene anche stabilito un aumento dei dirigenti, che da 27 passano a 32: “Il Ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5. Il numero dei dipartimenti non può essere superiore a quattro, in riferimento alle aree funzionali di cui all’articolo 53, e il numero delle posizioni di livello dirigenziale generale non può essere superiore a trentadue, ivi inclusi i capi dei dipartimenti”. La struttura in dipartimenti è un ritorno al passato, in particolare alla sperimentazione introdotta nel 2005 con la riforma dell’allora ministro Rocco Buttiglione: nel 2006 si tornò poi alle direzioni generali. Il decreto legge con l’avvio della riforma Sangiuliano dovrà comunque essere convertito in legge per far sì che abbia effetto anche oltre i canonici sessanta giorni nei quali un decreto legge può produrre i suoi effetti.

Foto: Ministero della Cultura

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