La Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti ha approvato, con delibera 15/2020/G del 22 dicembre, un’indagine sul Fondo per la tutela del patrimonio culturale, il fondo istituito dalla legge n. 190/2014 (la Legge di Stabilità del 2015) nello stato di previsione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, con dotazione iniziale di 100 milione di euro per ciascun anno dal 2016 al 2020 (decurtati poi, col dl 109/2018, di 10 milioni per il 2019 e altri 10 per il 2020, e riaumentati con risorse aggiuntive di ulteriori 103 milioni di euro per il 2019 e di 73,3 per il 2020, per un totale di 193 milioni per il 2019 e 163,3 per il 2020), poi allocati sul capitolo 8099 del bilancio dello Stato: obiettivo del fondo, previo parere delle Commissioni parlamentari e trasmissione al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), è quello di fare manutenzione e conservazione del patrimonio culturale del paese, individuando gli interventi prioritari da realizzare, le risorse da destinare a ciascun intervento, il relativo cronoprogramma.
L’indagine ha riscontrato tuttavia diverse criticità. La relazione esordisce evidenziando come l’operare del MiBACT sia spesso guidato “dalla logica dell’emergenzialità degli interventi e del loro carattere esclusivamente manutentivo dei beni culturali; profilo critico, peraltro, non imputabile a scarsa diligenza e professionalità di coloro che hanno in cura i Beni artistici, ma, piuttosto, a scarse risorse finanziarie, esigue a fronte dell’entità del patrimonio culturale presente nel nostro Paese”. E ancora, secondo la Corte dei Conti “la tipologia e la complessità della tutela e conservazione del bene pubblico, la gestione degli interventi è apparsa per lo più contrassegnata da una logica dell’emergenza non legata a quel circuito virtuoso di una ’programmazione pluriennale’ che aveva originato l’istituzione del Fondo stesso”. Per questo motivo, si legge nell’indagine, “andrebbe maggiormente perseguita una pianificazione pluriennale non dimenticando di abbinare strumenti adeguati in termini di risorse sia economiche che umane che ne consentano l’effettiva attuazione”.
Il Fondo per gli interventi sul patrimonio culturale era stato immaginato come uno strumento per uscire dalla logica dell’emergenzialità degli interventi e del loro carattere esclusivamente manutentivo, e che fosse in grado di realizzare una procedura dal territorio verso il centro, complessa, rigorosa e diversa dalla programmazione ordinaria, oltre a un monitoraggio sull’attuazione del programma da parte degli uffici centrali del MiBACT sulla base dei cronoprogrammi. La Corte dei Conti ha però rilevato diverse criticità, prima tra tutte il fatto che il fondo si presenti ancora “orientato nell’ottica di interventi di natura emergenziale così come evidenzia, in generale, la lettura dei progetti attivati sul territorio in cui prevalgono finalità per lo più manutentive (ordinarie e straordinarie), a carattere di urgenza e/o messa in sicurezza e recupero del patrimonio, in quasi tutti i settori (archivi, biblioteche, musei etc.”.
Ma non solo: secondo la Corte dei Conti ci sono anche “ritardi nello stanziamento di adeguate risorse”, “insieme alla considerazione che, data l’entità del patrimonio culturale, nel nostro Paese, l’investimento assume spesso natura di ordinaria prevedibilità”. Ancora, l’articolazione del MiBACT sul territorio, secondo la Corte dei Conti, “impone un necessario e stretto coordinamento tra i diversi livelli di governo (Stato e Regioni) soprattutto nella fase della programmazione degli interventi: in tal senso le modalità operative introdotte per la rilevazione dei fabbisogni del territorio con il contributo da parte dei Segretariati regionali e degli uffici periferici sono nella direzione di effettuare una rilevazione degli specifici fabbisogni ma (subentra qui il medesimo elemento di criticità) occorrono risorse finanziarie certe e orientate all’interno di un quadro strategico complessivo nonché implementare le competenze tecnico scientifiche del personale amministrativo evidenziando, peraltro, la grossa carenza di organico presente presso il MiBACT”.
Per quanto riguarda gli interventi programmati per il triennio 2016-2018 e per gli anni 2019 e 2020, è risultata mancante l’informazione sui tempi di realizzazione, ovvero il cosiddetto cronoprogramma. La Corte dei Conti rileva poi, peraltro, che nel triennio 2016-2018, il programma originario è stato più volte rimodulato e, “fatta eccezione per le finalità Sicurezza e Art bonus, non si ha contezza della motivazione che ha portato a rivedere, in termini di integrazione e/o aggiornamento e/o assunzione di nuovi interventi, la programmazione, oppure della causa del definanziamento (ad es. mancata individuazione del contraente e/o criticità nella realizzazione dell’opera oggetto di sovvenzione)”. Il MiBACT, sentito dalla Corte dei Conti, ha fatto sapere che la revisione degli interventi previsti nelle programmazioni originarie è stata effettuata “solo a seguito di documentate e motivate richieste provenienti dalle strutture periferiche ministeriali promotrici degli interventi stessi e nell’iter seguito, seppur parzialmente semplificato - al fine di non aggravare ulteriormente la tempistica procedurale - ha coinvolto, sempre, i diversi soggetti istituzionali, quali le Soprintendenze, i Segretariati regionali, le competenti Direzioni generali, i Comitati tecnico-scientifici, e, infine, gli Organi di controllo”. Infine, si apprende che, per il triennio 2016-2018 e per il biennio 2019-2020, “non risulta agli atti il parere del Consiglio superiore sulla programmazione”, e che anche le rimodulazioni “non sono state poste al vaglio e alla verifica né dell’organismo né del Cipe”, inoltre per il biennio 2019-2020 “si segnala il mancato rispetto del termine previsto del 31 gennaio”.
Cosa dovrebbe fare, in conclusione, il MiBACT secondo la Corte dei Conti? Due punti appaiono imprescindibili, come si legge nelle battute finali della relazione: il primo è “il percorso di condivisione sul territorio con le autonomie locali”, e il secondo è tener conto “della rilevazione dei fabbisogni non astraendola, però, da una visione strategica nazionale che sappia riconsegnare al Paese e alla collettività un patrimonio culturale risanato anche attraverso una minore frammentazione delle risorse finanziarie dedicate e un efficace pianificazione e monitoraggio degli interventi necessari”. In sostanza: rapporti più stretti col territorio, risorse meno frammentate, pianificazione e monitoraggio più efficaci.
Nell’immagine: la sede della Corte dei Conti. Ph. Carlo Dani
La Corte dei Conti sul MiBACT: “emergenzialità, carenza di organico, ritardi sulle risorse” |