La sede lombarda della Confederazione Italiana Archeologi segnala che in Lombardia ci sono casi di attività di scavo eseguite da volontari, e che, alla luce della recente normativa che stabilisce i criteri necessari per definirsi “archeologi”, sarebbero illegali secondo la Confederazione. Si parla, nella fattispecie, del decreto ministeriale 244/2019 e della legge 110/2014 che regolamentano la figura dell’archeologo. In particolare, in base al dm 244, per l’iscrizione agli elenchi degli archeologi è previsto il possesso di titoli di studio ed esperienza professionale: nel dettaglio, si parla di una laurea (quadriennale in lettere o beni culturali o conservazione dei beni culturali, con indirizzo archeologico, oppure specialistica in archeologia anche interclasse), o ancora diploma di perfezionamento e specializzazione in archeologia (o due anni di formazione post-lauream), o conseguimento di dottorato di ricerca in discipline archeologiche, con in più almeno dodici mesi (anche non continuativi) di documentata esperienza .
La Confederazione denuncia che a Gambara (Brescia), “sono venute alla luce alcune tombe”, fa sapere Nicolò Donati, presidente regionale della Sede Lombardia della Confederazione Italiana Archeologi, “scavate dai volontari dell’associazione Klousios - Centro studi e ricerche basso Chiese di Casalmoro (Mantova) che avrebbero operato, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza archeologica, a titolo gratuito e prevalentemente nei fine settimana con personale privo dei requisiti formativi previsti dalla legge”.
Donati si domanda come sia stato possibile “autorizzare uno scavo archeologico svolto senza una direzione di cantiere adeguata e con l’impiego di personale non in possesso dei requisiti, così come previsto dalla normativa”, e sottolinea inoltre come quello di Gambara non sembri essere l’unico caso in Lombardia di scavi archeologici che impiegano volontari (“seppure preparati”, sottolinea Donati), al posto di professionisti qualificati. Anzi: “sembra essere un fatto consolidato”, aggiunge Donati, “se anche il Gruppo Archeologico di Montichiari può scrivere sul proprio sito Internet che organizza ‘in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Lombardia interventi sul campo destinati per la maggior parte al recupero di situazioni archeologiche in immediato pericolo di conservazione’ aperti ‘a tutti coloro che desiderano praticare l’archeologia’ e per cui ‘non è richiesto alcun titolo di studio particolare’. Si tratta di una inaccettabile confusione di ruoli, spiega Donati: “la formazione professionale e l’esperienza che gli archeologi professionisti garantiscono non deveessere in alcun modo confusa con il contributo volontario di appassionati”.
La passione per i beni archeologici e la storia locale da parte di privati, conclude Donati, “può essere un contributo fondamentale alla loro valorizzazione, ma essa non può in alcun modo sostituirsi all’attività di professionisti che vivono di questo lavoro, sia da un punto di vista della tutela dei beni culturali, sia per il rispetto del lavoro altrui. Diverse realtà, come i Musei archeologici presenti sul territorio, rappresentano un ponte naturale che collega istituzioni e società, cultura e territorio e si configurano, quindi, come il luogo ideale per mettere le proprie propensioni personali al servizio della comunità senza ledere il patrimonio culturale e la professionalità degli archeologi”. Infine, la Confederazione fa sapere che il tutto è già stato segnalato alle autorità competenti.
Nella foto: bassa bresciana nei pressi del fiume Gambara. Ph. Credit
La Confederazione Archeologi: “in Lombardia scavi eseguiti da associazioni di volontari: illegali e lesivi dei lavoratori” |