È un paesaggio familiare a chi visita spesso il centro storico di Bologna: buona parte dei quasi quaranta chilometri dei portici del capoluogo emiliano, diventati a luglio dello scorso anno Patrimonio Mondiale dell’Umanità, sono preda del degrado. Sporcizia, porte e finestre che hanno vissuto tempi migliori, deiezioni di varia natura, imbrattamenti e graffiti assortiti (in un articolo di Bologna Today del 2019, quelli di Bologna venivano definiti “i muri più imbrattati d’Italia”). È un problema che riguarda soprattutto le aree meno frequentate del centro, anche se la situazione è migliorata negli ultimi anni: sono state avviate molte campagne di pulizia in vista del riconoscimento Unesco, ma l’obiettivo non era solo quello di rendere più presentabile la città agli occhi degli ispettori dell’Unesco. Sempre nell’articolo di Bologna Today, l’assessore al commercio Alberto Aitini, riconoscendo che “l’imbrattamento è un problema diffuso, in particolare nel centro storico”, si focalizzava sulle segnalazioni dei turisti e sui pericoli che il laissez-faire comporta (“il rischio”, spiegava Aitini, “è dare per scontate le scritte, di rinunciare e darla vinta a chi sporca: per questo la tempistica degli interventi è fondamentale, perché prima si pulisce e più alta è la probabilità che il muro rimanga pulito”).
A maggio, l’associazione Confabitare ha promosso una raccolta di segnalazioni (ne sono pervenute oltre 15mila, 10mila dei quali da residenti nel centro storico) che sono state poi consegnate al sindaco felsineo Matteo Lepore: durante la raccolta, Confabitare ha chiesto ai cittadini di annotare il grado di percezione d’insicurezza, i motivi del degrado e le zone di residenza. Dal sondaggio è emerso che l’area più degradata del centro storico, secondo i cittadini, è la zona universitaria (dunque via Zamboni e dintorni), subito seguita da via Indipendenza e zona della stazione, mentre il terzo posto del podio è andato al quartiere del Pratello. Il 42% delle segnalazioni dei cittadini ha riguardato sporcizia (sono le deiezioni canine, secondo i residenti, uno dei problemi principali) e scritte lasciate dai writer sui muri, problema particolarmente avvertito nella zona universitaria e, in periferia, nel quartiere Savena (meno sentito, anche se riguarda il 30% delle segnalazioni, il problema dei bivacchi e degli schiamazzi notturni, riguardante soprattutto il Pratello e l’area attorno a piazza Verdi).
“Purtroppo la situazione del degrado, in alcune zone della città, è davvero incandescente, l’esasperazione è univoca”, sottolineava Alberto Zanni, presidente nazionale di Confabitare, presentando i risultati della raccolta di segnalazioni (a cui è seguita poi una raccolta firme dei cittadini). “Chiediamo un intervento del sindaco per evitare la deriva, e potrà contare anche sulla nostra collaborazione”.
Il problema, in sostanza, è sentito e diffuso, e poiché si tratta di una questione annosa, non ci sono molti dubbi sul fatto che si tratti soprattutto di un problema culturale e di mentalità. Ma che cosa si fa per combatterlo? Al di là dei normali controlli della polizia, molte sono le iniziative che sono state intraprese, anche di recente, e che si stanno allargando a macchia d’olio in tutto il centro storico (è indubbio che rispetto anche soltanto a quattro o cinque anni fa, i Portici di Bologna nel 2022 se la passino molto meglio). È notizia della scorsa settimana (15 giugno) la firma di un protocollo di intesa tra il Comune di Bologna e Confabitare, finalizzato alla collaborazione per la riqualificazione dei tratti dei Portici di Bologna di proprietà privata ma di uso pubblico (secondo una consuetudine secolare tipica di Bologna e più in generale delle città dell’Emilia). Il protocollo, della durata di cinque anni, intende incentivare gli interventi dei proprietari degli edifici con portico aiutandoli a riqualificarli con rifacimenti di pareti, colonne, soffitti, facciate, infissi, e a promuovere la pulizia contro l’imbrattamento. Gli incentivi riguardano la concessione gratuita del suolo pubblico per i cantieri, l’esenzione dal pagamento del canone per gli impianti pubblicitari autorizzati nelle aree di cantiere, la possibilità di utilizzare il logo “I Portici di Bologna” per le azioni che rientrano in quest’ambito. Confabitare, da parte sua, si impegna a promuovere iniziative e attività di riqualificazione tra i suoi associati, coordinare gli interventi, supportare i proprietari nella scelta delle ditte qualificate, fornire resoconti al Comune, far applicare alle superfici pulite strati di vernice protettiva per rendere più agevoli eventuali rimozioni successive con detergenti.
Ad aprile, la giunta Lepore ha approvato il “Piano sperimentale di contrasto al vandalismo grafico”, proprio per prevenire gli imbrattamenti dei Portici di Bologna e in generale di tutte le facciate del centro storico. Il piano in questo caso avrà durata biennale, prevede lo stanziamento di 500mila euro per ogni anno (dunque un milione in tutto), e si attuerà con interventi di pulizia e soprattutto di protezione di facile manutenzione, con vernici durevoli. Il piano prevede anche l’individuazione di procedure e forme di controllo che incentivino i proprietari degli immobili a tenere le facciate pulite e decorose, il tutto nel rispetto del regolamento di polizia urbana. L’idea è in sostanza quella di avviare un circolo virtuoso tra pubblico e privato. “Le linee di indirizzo approvate sottolineano l’intenzione dell’Amministrazione Comunale di fare un’esperienza che al momento non ha eguali in Italia”, dichiarava l’assessore alla Manutenzione e pulizia della città, Simone Borsari, in occasione dell’avvio del piano. “Si sta creando un gruppo di lavoro composto da tecnici e assessori competenti con l’obiettivo di redigere un piano che permetta di collaborare in modo efficace con i privati, i cui obblighi rimangono invariati, per la pulizia e il mantenimento in uno stato di decoro dei portici, vista la loro situazione giuridica particolare di strutture private ad uso pubblico. Si tratta di un atto coraggioso perché affronta questioni giuridiche complesse e lo fa a tutto tondo, occupandosi non soltanto della rimozione del vandalismo grafico ma prevedendo anche azioni di protezione dei muri che, previo parere favorevole della Soprintendenza, consentiranno un notevole abbattimento dei costi di manutenzione. Attraverso questo piano sarà possibile contattare anche tutta una serie di realtà pubbliche e private per siglare protocolli di intesa che agevolino le procedure. Sarà anche l’occasione per investire sulle attività di informazione, educazione e sensibilizzazione della cittadinanza su questi temi per valorizzare l’importanza della cura condivisa del patrimonio cittadino”.
Ma per incentivare la cura dello spazio pubblico serve anche altro. Molte le proposte: per esempio, una app che consenta di segnalare rapidamente le situazioni su cui intervenire. E poi le iniziative che rendano più vivibile il centro storico, dal momento che il degrado non è solo sinonimo di sporcizia, ma è un fenomeno molto più profondo e dalle radici decisamente ramificate. Nella primavera del 2021, era stato lanciato il progetto Bosco diffuso: un’idea nata dall’iniziativa di alcuni cittadini che, durante il primo lockdown della pandemia di Covid, avevano proposto di collocare vasi e piante lungo i portici, laddove possibile, al fine di utilizzare l’elemento vegetale per scongiurare situazioni di criticità e degrado. E poi, installazioni di opere d’arte, come l’iniziativa di street art promossa nel 2020 dal collettivo Cheap Festival (ma molte altre sono le iniziative in tal senso che si sono sviluppate in città). Insomma, a Bologna non manca certo la creatività per combattere i più evidenti fenomeni di degrado.