Aveva fatto discutere il murale che lo street artist britannico Banksy aveva lasciato a Venezia, in rio Ca’ Foscari (in una delle aree più frequentate della città), nei giorni in cui si apriva, a metà maggio, la Biennale di Venezia. L’opera era stata rivendicata dallo stesso Banksy che aveva postato sul suo profilo Instagram la foto del suo Naufrago bambino. La Soprintendenza di Venezia, per atto dovuto, aveva sporto denuncia presentando un esposto alla Procura della Repubblica, che ha poi aperto un fascicolo contro ignoti per violazione del Codice dei Beni Culturali: la legge, infatti, impone che per intervenire sulle facciate degli edifici vincolati occorra richiedere l’autorizzazione alla Soprintendenza. Quello dell’ente è stato pertanto un atto dovuto: nella denuncia si specifica, peraltro, che quella di Banksy è un’opera d’arte (pertanto se il proprietario volesse ripristinare la facciata dovrebbe staccare l’opera per procedere alla sua conservazione).
La questione di fondo è che, secondo la Soprintendenza, quello che abbiamo visto a Venezia sarebbe sì un “imbrattamento illegittimamente realizzato”, ma avrebbe anche un certo pregio artistico e non avrebbe arrecato danni allo stabile. In più, c’è da sottolineare il fatto che risulterebbe impossibile risalire al nome e al cognome dell’autore. Così, nelle scorse ore, il pubblico ministero Federica Baccaglini ha chiesto l’archiviazione, anche se la decisione ultima spetterà al giudice per le indagini preliminari.
Nella foto, il murale di Banksy
Banksy lascia un murale a Venezia, la Soprintendenza sporge denuncia, il pm chiede archiviazione |