In Bangladesh musei devastati durante le proteste. Interviene l'ICOM


Durante le proteste antigovernative in Bangladesh, diversi musei sono stati vandalizzati e saccheggiati. Anche l’ICOM interviene sul caso.

Le proteste anti-governative in Bangladesh si sono accanite anche sui musei, che hanno subito e continuano a subire devastazioni e vandalismi da quando il movimento si è sollevato. Cosa sta accadendo nel paese asiatico? Lo scorso giugno gli studenti universitari del paese hanno cominciato ad avviare una serie di manifestazioni in seguito a una decisione della Corte Suprema del Bangladesh in merito alle quote del reclutamento del personale degli enti governativi, dedcisione che secondo i manifestanti limiterebbe le opportunità per i candidati meritevoli. La protesta è dunque iniziata come movimento contro la riforma del sistema di quote per i posti di lavoro negli enti governativi, e in seguito, a causa della repressione da parte del governo del Bangladesh, si è allargata ed è diventata una protesta contro il governo. Tra il 6 giugno, data di inizio delle manifestazioni, e il 4 agosto, giorno in cui la prima ministra Sheikh Hasina (in carica dal 2009, ritenuta una premier autoritaria e giudicata responsabile di una progressiva e consistente erosione della democrazia), ha rassegnato le dimissioni, gli scontri tra manifestanti e polizia hanno provocato tra le 300 e le 400 vittime tra i manifestanti antigovernativi, 12 morti tra i sostenitori della Lega Awami (il partito della premier), 5 tra le forze dell’ordine, 20mila feriti tra i manifestanti e più di mille tra le forze dell’ordine. Tra le vittime ci sono anche bambini, oltre a due attivisti: Abu Sayed, studente venticinquenne ucciso il 16 luglio quando la polizia ha aperto il fuoco per disperdere i manifestanti di fronte all’università Begum Rokeya, e Mir Mugdho, suo coetaneo, ucciso il 18 luglio mentre distribuiva bottiglie d’acqua e scatolette di biscotti ai manifestanti, da un proiettile che durante uno scontro lo ha colpito alla testa.

I musei sono stati tra le vittime della protesta. Uno degli istituti più colpiti è stato il Bangabandhu Memorial Museum, situato nella capitale Dhaka: fu la residenza di Sheikh Mujibur Rahman, noto come “Bangabandhu” (“Amico del Bengala”), politico e rivoluzionario considerato il fondatore del paese (era, peraltro, il padre della prima ministra dimissionaria). Il museo è stato incendiato dalla folla il 5 agosto, il suo interno è stato saccheggiato ed è stato in larga parte devastato dall’incendio, che ha provocato anche quattro vittime. Ancora il 15 agosto, peraltro, i manifestanti impedivano l’accesso al museo. Il museo allestito nell’ex residenza del primo capo del governo del Bangladesh è stato quello che più di tutti ha subito danni, dati anche i suoi legami con la famiglia della presidente del consiglio bengalese, ma anche altri istituti sono stati interessati da furti e danneggiamenti. Tra questi, la Loggia Shashi nella città di Mymensingh, residenza del maharaja durante la dominazione britannica, dove una scultura e i chiostri hanno subito vandalismi (come riporta Prothom Alo, il quotidiano più diffuso del paese, che ha sentito la curatrice del museo della Loggia), e poi ancora il Parco Sheikh Russel a Rangunia che è stato pesantemente saccheggiato per due giorni consecutivi (i dipendenti sono stati picchiati e addirittura sono stati portati via degli animali), e numerosi monumenti in tutto il paese.

L’ICOM, l’International Committee of Museums, l’ente che rappresenta i musei di tutto il mondo, è stato costretto a intervenire due volte, prima con una breve nota del comitato bengalese il 6 agosto e poi con un altro comunicato il 23. “L’ICOM”, si legge in quest’ultimo, “esprime profonda preoccupazione per la crisi in corso in Bangladesh, che ha portato alla distruzione di inestimabili siti e musei del patrimonio culturale. I resoconti dell’ICOM Bangladesh su incendi dolosi, vandalismi e danni deliberati a importanti istituzioni come l’Independence Museum, il Bangabandhu Memorial Museum, il Genocide Museum, lo Shashi Lodge, il Sunamgonj Heritage Museum e altri monumenti storici hanno spinto a urgenti richieste di intervento. Questi atti di distruzione minacciano l’esistenza fisica dei nostri musei, documenti storici e siti archeologici. […] Il nostro patrimonio culturale è parte integrante della nostra identità nazionale, plasmando chi siamo e come siamo riconosciuti sulla scena mondiale. Il riconoscimento da parte dell’UNESCO di diversi siti del Bangladesh come Patrimonio dell’umanità testimonia il loro valore universale. […] ICOM sostiene l’appello di ICOM-Bangladesh a tutti i cittadini affinché riconoscano che la protezione di questi beni insostituibili è una responsabilità morale, personale e nazionale. La conservazione del patrimonio culturale è un obbligo collettivo che richiede il coinvolgimento attivo di ogni individuo. Come sottolineato dalla dichiarazione, la protezione del patrimonio culturale è essenziale non solo per preservare il nostro passato, ma anche per promuovere la pace, la ripresa e la ricostruzione della società. La rete dell’ICOM è pronta a offrire la propria assistenza ai professionisti museali colpiti in Bangladesh, mettendoli in contatto con esperti, affinché possano fare il punto sui danni subiti e intraprendere i prossimi passi per riaprire al pubblico, ove possibile. In questi tempi difficili, invitiamo tutti a unirsi per salvaguardare musei, siti storici e archivi”.

Al momento, in Bangladesh si è insediato il nuovo governo provvisorio guidato dall’economista Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace nel 2006. E il paese sta cercando un lento ritorno alla normalità.

Immagine: manifestanti assediano la sede del primo ministro del Bangladesh dopo le dimissioni, il 5 agosto 2024. Foto: Joni Hossain

In Bangladesh musei devastati durante le proteste. Interviene l'ICOM
In Bangladesh musei devastati durante le proteste. Interviene l'ICOM


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