È polemica attorno alla nomina del nuovo direttore dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma, l’attuale direttore della Biblioteca Nazionale di Roma, Andrea De Pasquale. De Pasquale si è laureato nel 1993 all’Università di Torino in Lettere Classiche (e sempre nello stesso anno ha ottenuto il Diploma alla Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica dell’Archivio di Stato di Torino), e ha conseguito un dottorato di ricerca in Storia del Libro alla École Pratique des Hautes Études di Parigi, con una tesi su Giovanni Battista Bodoni. Ha inoltre un diploma di specializzazione in storia all’Université de Nice Sophia-Antipolis nel 1995, un diploma di specializzazione di bibliotecario ottenuto alla Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari della Sapienza di Roma nel 1998. Ha poi intrapreso anche un percorso in management ottenendo un diploma del corso di formazione dirigenziale della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (2008-2009), un master in management delle amministrazioni pubbliche alla Bocconi School of Management (2015-2016) e un diploma di specializzazione in Management delle amministrazioni pubbliche alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (2016).
De Pasquale è entrato da dirigente al Ministero dei Beni Culturali nel 2007, dopo un concorso: prima di diventare direttore della Biblioteca Nazionale Centrale nel 2014 ha diretto, dal 2011 al 2014, la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano e, dal 2012 al 2015, la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, mentre è stato a capo della Biblioteca Palatina di Parma dal 2008 al 2012.
Sono due le linee attorno alle quali si concentrano le critiche: la prima riguarda le competenze di De Pasquale, la seconda invece certe sue uscite di carattere politico. Il tema dei titoli è stato sollevato da Tomaso Montanari, che in un articolo su Il Fatto Quotidiano richiama il decreto ministeriale del 2008 in cui si stabilisce esplicitamente che l’Archivio Centrale dello Stato debba essere un archivista di Stato, mentre De Pasquale ha avuto sì una carriera di altissimo livello, ma come bibliotecario, “con esperienze archivistiche del tutto inconferenti a quel ruolo cruciale”. La nomina è però possibile perché con la riforma Franceschini, l’Archivio Centrale è diventato un istituto autonomo e il direttore può pertanto essere un dirigente di prima fascia, a prescindere dalle sue competenze: Montanari rileva però che “il dm del 2008 non è mai stato abrogato”. Si configurerebbe pertanto una situazione di conflitto burocratico. “E sarebbe del resto allucinante”, termina Montanari, “che l’archivista in capo della Repubblica italiana non fosse un archivista”.
Il problema politico è invece emerso dopo che Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980, ha scritto una lettera al presidente del consiglio Mario Draghi e poi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere che non si proceda alla nomina di De Pasquale in quanto “ha sicuramente i titoli, ma non la visione e lo spessore che dovrebbe caratterizzare una posizione così centrale per la trasparenza della nostra democrazia”. A pesare su De Pasquale, infatti, è “il precedente dell’acquisizione dell’archivio Rauti da parte della Biblioteca nazionale”, scrive ancora Bolognesi. Si parla ovviamente di Pino Rauti, leader di Ordine Nuovo organizzazione della destra extraparlamentare, che ebbe importanti capi d’accusa per la strage di Piazza Fontana, per poi essere scarcerato nel 1972. “In quell’occasione”, continua Bolognesi, “ci fu un’enfasi celebrativa dell’evento che non andò giù a parecchi, a partire dai parenti delle vittime della strage di Brescia e piazza Fontana. E non solo. In occasione dell’acquisizione dell’archivio Rauti, De Pasquale ha mostrato o comunque avallato un atteggiamento di scarsa autonomia scientifica e di compiacenza nei confronti della famiglia Rauti e della parte politica sua e dei suoi eredi”. Secondo Bolognesi, la nomina di De Pasquale lascerebbe intendere che “nei fatti non c’è nessuna volontà di fare chiarezza sui retroscena della strage e delle stragi in generale, sulle collusioni degli apparati, di chi erano i gladiatori, delle loro ‘imprese’ e tantomeno delle varie implicazioni politico terroristiche della famigerata loggia P2”, e tale nomina “sarebbe un profondo rammarico per la nostra associazione e vorrebbe dire che ogni speranza di verità ulteriori sulla strage sono un’illusione”. Diversi giornali, da Il Manifesto a Left, hanno riesumato le parole con cui, nel novembre del 2020, De Pasquale annunciava l’acquisizione del fondo Rauti, descrivendo l’ex leader di Ordine Nuovo come “uno dei personaggi chiave della Storia della Destra in Italia: organizzatore, pensatore, studioso, giornalista, deputato dal 1972 al 1992. Tanto attivo e creativo, quanto riflessivo e critico”.
La posizione di Bolognesi è sostenuta anche da esponenti dei partiti di maggioranza, come Pierluigi Bersani e Federico Fornaro di Leu, Mario Pierantoni di M5S (presidente della commissione Giustizia della Camera), Andrea De Maria e Federica Mazzoni del Pd. Duro attacco invece di Giuliano Volpe, già presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, che addirittura paragona chi critica De Pasquale ai talebani: “Purtroppo i talebani non sono solo a Kabul ma anche in Italia e c’è chi si è detto orgoglioso di essere definito talebano. La vicenda delle reazioni alla nomina di Andrea De Pasquale lo dimostra. Difendiamo il pensiero laico e libero contro le posizioni intransigentemente fanatiche di certi sedicenti progressisti molto apprezzati nel nostro mondo e molto presenti sui media”.
De Pasquale, dal suo canto, si è fatto sentire con una lettera di precisazioni inviata a Il Fatto Quotidiano e pubblicata stamani anche dall’ufficio stampa del Ministero della Cultura: “Apprendo con dolore di contestazioni in merito alla mia nomina a direttore dell’Archivio centrale dello Stato”, dice il dirigente. “Voglio precisare che nelle mie passate direzioni mi sono sempre adoperato, con massimo rigore scientifico, nel potenziare e accrescere l’attività di ricerca, agevolando gli studiosi nella fruizione del materiale documentario e bibliografico. La stessa cosa farò, con disciplina ed onore, come recita l’art. 54 della Costituzione, per lo straordinario patrimonio dell’Archivio centrale dello Stato, anche in riferimento alla documentazione declassificata ai sensi delle direttive Prodi, Renzi e ora Draghi, e assicuro il massimo impegno nell’incrementarne lo studio attraverso la realizzazione di progetti di inventariazioni e digitalizzazioni”.
Archivio Centrale dello Stato, è polemica sulla nomina di Andrea De Pasquale a direttore |