Un team di archeologi dell’Università di Cambridge e dell’Università di Gent (Lieven Verdonck, Alessandro Launaro, Frank Vermeulen e Martin Millett) è riuscito a studiare un’antica città romana, Falerii Novi (situata nei pressi dell’odierna Civita Castellana, in provincia di Viterbo), senza compiere alcuno scavo, ma con il solo utilizzo della tecnologia GPR (Ground-pentrating radar, “radar a penetrazione del suolo”), capace di fornire ricostruzioni 3D ad alta risoluzione di strutture sepolte sotto terra. Il GPR si basa sulle reazioni delle onde elettromagnetiche rispetto ai diversi materiali che incontrano quando vengono emesse: l’ampiezza e la durata delle onde vengono misurate e ridotte graficamente in forma di “radargrammi” dai quali è possibile ricreare una mappatura dell’area sottoposta ad analisi.
Questo metodo, scrivono gli autori nella ricerca pubblicata sul volume numero 94 (giugno 2020) della rivista Antiquity dell’Università di Cambridge, ha la potenzialità di rivoluzionare gli studi archeologici dei siti urbani, anche perché la nostra conoscenza dell’urbanistica romana deriva solo da pochi siti largamente studiati (come Pompei e Ostia, che però, scrivono gli archeologi “difficilmente possono essere considerate città-tipo”), mentre sappiamo poco di ciò che potrebbe rivelare il sottosuolo. Grazie alla tecnologia GPR sarà dunque possibile avere una più vasta comprensione di come i romani costruissero le loro città, perché gli studiosi potranno mappare le città antiche a un livello di dettaglio mai raggiunto in precedenza.
Lo studio con il GPR ha permesso agli archeologi di Cambridge e Gent di identificare molti elementi strutturali arrivando a un’analisi dei dettagli delle architetture che prima era possibile ottenere solo scavando. Inoltre, grazie al GPR sono stati identificati edifici pubblici di cui finora non si conosceva l’esistenza: per esempio, un tempio, un macellum, e anche un complesso termale. “Anche se queste costruzioni rientrano nel repertorio noto di una città romana”, scrivono gli studiosi, “alcune sono architettonicamente sofisticate, più elaborate di quanto ci si aspetterebbe in una città piccola”. Tra le strutture inattese, anche un porticus duplex (ovvero un portico colonnato) che si trova lungo una strada: probabilmente si trattava di un monumento pubblico. Di altri che invece già si conoscevano (come il teatro) è stato possibile ricavare informazioni sui dettagli della struttura.
Gli studi su Falerii Novi, fanno sapere gli archeologi, sono ancora a uno stadio precoce, ma si possono già trarre almeno due conclusioni. La prima: “l’alta risoluzione dei dati e la possibilità di distinguere elementi a diverse profondità”, scrivono gli archeologi, “fornisce basi molto più solide di prima per capire la città”. La seconda: “comparando i risultati del GPR con quelli risultanti dalle precedenti analisi al magnetometro” (condotte nel 2000 e nel 2010), “si evince che nessuno dei due metodi può produrre un’immagine archeologica completa: per esempio, le tabernae del foro appaiono dai dati magnetici ma non dall’esame al GPR”. Quest’ultimo punto sottolinea, secondo gli archeologi, la necessità di adoperare metodi complementari e di integrare i risultati, anche perché, scrivono sempre nelle conclusioni, non tutti i siti si prestano ad analisi con il GPR, che dà risultati diversi a seconda della conduttività del suolo. Per il futuro, concludono gli studiosi, sarà dunque necessario comprendere come unire al meglio le potenzialità delle diverse tecnologie di cui disponiamo per arrivare a livelli di conoscenza mai toccati prima.
Nell’immagine: la ricostruzione della città con il GPR. Il punto 1 sono le tabernae del foro, il 2 è il tempio, il 3 è il teatro, il 4 è il macellum, il 5 è il complesso termale, il 6 è il porticus duplex, il 7 è il capitolium, l’8 è un’area con insulae.
Archeologi ricostruiscono antica città romana del Lazio col radar: il metodo rivoluzionerà gli studi dei siti urbani |