È scomparso ieri a Parigi, all’età di 86 anni, il musicista Manu Dibango, il sassofonista e jazzista camerunense noto come Papy Groove, leggenda dell’afro-jazz e tra le star della musica africana più celebri al mondo. Era stato ricoverato la settimana scorsa in un ospedale della capitale francese dopo essere stato trovato positivo al Covid-19.
Nato a Douala, in Camerun, come Emmanuel N’Djoké Dibango il 12 dicembre del 1933, proveniva da una famiglia di benestanti protestanti e iniziò a cantare da bambino nel coro della sua chiesa, ma grazie al grammofono che la famiglia aveva in casa si interessà fin da ragazzino alla musica francese, americana e cubana. Dopo gli studi in Camerun si trasferì all’età di sedici anni a Marsiglia dove trascorse l’adolescenza. Trasferitosi a Chartres e poi a Château-Thierry per motivi di studio all’inizio degli anni Cinquanta (aveva infatti deciso di intraprendere studi letterari), scoprì qui, nel nord della Francia, il jazz, e imparò a suonare il mandolino e il pianoforte, per poi passare al sassofono: diventò allievo di Francis Bebey, sassofonista suo connazionale già emigrato in Francia, e cominciò a esibirsi in alcuni club privati tra Francia e Belgio.
Proprio tra Bruxelles, Anversa e Charleroi cominciò a formarsi il suo stile, grazie agli immigrati africani, provenienti dal Congo belga, che avevano innestato la musica delle loro terre d’origine su quella occidentale: anche il jazz di Manu Dibango cominciò dunque ad accogliere elementi africani. Negli anni Sessanta suonò nell’orchestra del jazzista congolese Grand Kallé e con lui si esibì nei locali di Francia e Belgio, finché nel 1967 fondò la sua prima band. Il suo primo album, Saxy Party, esce nel 1969, ma il grande successo arriva nel 1972 con Soul Makossa, album che contiene la hit omonima, un frenetico jazz-funk con elementi africani che prima scala le classifiche francesi e poi conquista il mondo intero entrando anche nella Billboard Hot 100 al trentacinquesimo posto. Soul Makossa ha influenzato moltissimi artisti (Michael Jackson e Rihanna hanno campionato il famosissimo verso “ma-ma-ko ma-ma-ssa ma-ko-ma-ko-ssa” rispettivamente in Wannabe startin’ something e in Don’t stop the music: nel 2009 ne sarebbe poi nato un contenzioso, perché i due artisti americani non avevano chiesto l’autorizzazione per l’utilizzo del brano di Manu Dibango) e ha conosciuto un numero sterminato di cover e remix, l’ultima delle quali, realizzata da Yolanda Be Cool, è stata un successo in tutte le discoteche d’Europa nel 2015.
La carriera di Manu Dibango continua al ritmo di un LP all’anno per tutti gli anni Settanta e Ottanta, mentre gli anni Novanta sono quelli delle grandi collaborazioni (per lui che, già nel decennio precedente, aveva accompagnato Serge Gainsbourg): Manu Dibango lavora così con artisti come Peter Gabriel, Youssou N’Dour, Sinéad O’Connor, Dominic Miller, Salif Keita e molti altri. Nel 1997 dà vita al Festival Soirs au Village di Saint-Calaise, borgo nel centro della Francia, che prende nome dal titolo di una sua canzone e che da allora è diventato un appuntamento annuale. Le sue esibizioni negli ultimi anni si erano fatte molto più sporadiche ma l’artista aveva continuato a produrre: l’ultimo disco, Balade en Saxo, è del 2013. Per i suoi meriti nel campo musicale, il 14 luglio del 2010 ha ottenuto la Legion d’Onore dalla repubblica francese.
Addio a Manu Dibango, scompare il leggendario “Papy Groove” dell'afro-jazz |