Un importante nucleo di opere sta per lasciare le Gallerie degli Uffizi alla volta degli Stati Uniti, e più precisamente di Minneapolis nel Minnesota. Si terrà dal 15 ottobre 2022 all’8 gennaio 2023 la mostra Botticelli and Renaissance Florence: Masterworks from the Uffizi, che vedrà la presenza di 45 opere che il museo fiorentino presterà al Minneapolis Institute of Art (MIA), istituto dove peraltro il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, ha lavorato fino al 2015 (dirigeva il dipartimento di scultura e arti decorative) prima di assumere l’incarico attuale. Andranno a Minneapolis la Pallade e il Centauro di Sandro Botticelli, oltre ad altri nove dipinti dell’autore della Venere (non è ancora stato comunicato quali siano), e in più opere di Filippo Lippi, Filippino Lippi, Antonio e Piero del Pollaiolo, Domenico del Ghirlandaio, Perugino, Lorenzo di Credi. E ancora, ci saranno importanti sculture romane che vanno dal II secolo a.C. al secondo secolo d.C., comprese, si legge nel comunicato diffuso dal museo americano, “cinque opere principali della collezione degli Uffizi”.
La mostra nasce, ha spiegato Schmidt sempre nel comunicato del Minneapolis Institute of Art, col fine di “collaborare con il MIA per raccontare i momenti più straordinari dell’arte rinascimentale, un periodo di estrema inventiva e creatività, che ha forgiato il corso della cultura mondiale”. A curare la mostra saranno Rachel McGarry, responsabile per l’arte europea del MIA, e Cecilia Frosinini dell’Opificio delle Pietre Dure. La mostra ha consentito nuovi esami di laboratorio su tutti i dipinti esposti: McGarry e Frosinini hanno anticipato che ci sono state nuove scoperte (saranno pubblicate nel catalogo che uscirà a ottobre).
Attorno a questa mostra si sta già cominciando a rumoreggiare, un po’ per la sicura importanza del nucleo di opere che lasceranno per tre mesi l’Italia, e un po’ perché il Minneapolis Institute of Art conserva il Doriforo di Stabiae, importante copia romana del Doriforo di Policleto, risalente a un periodo tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., e soprattutto opera trafugata in Italia: lo scorso 18 febbraio, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata emanava nei confronti dell’opera un decreto di confisca, su richiesta della Procura della Repubblica di Torre Annunziata, guidata da Nunzio Fragliasso, che a sua volta emetteva una richiesta di assistenza giudiziaria internazionale (sulla base degli accordi in materia penale tra Italia e Stati Uniti) per l’esecuzione del decreto. Stando alla ricostruzione del tribunale campano, il Doriforo di Stabiae uscì illegalmente dal nostro paese a seguito di uno scavo clandestino condotto a Castellammare di Stabia tra il 1975 e il 1976 per essere poi entrare nelle disponibilità del mercante svizzero Elie Borowski, noto per i suoi traffici di opere di provenienza illegale, e acquistata dal MIA nel 1986, all’epoca in cui i Carabinieri già gli davano la caccia, dal momento che nel 1984 avevano cercato di farlo sequestrare, senza riuscirci, quando si trovava in Germania. Recenti indagini, secondo la Procura di Torre Annunziata, hanno permesso di identificare con certezza la provenienza illecita del Doriforo, e di conseguenza il MIA dovrà renderlo all’Italia.
Sempre secondo il procuratore Fragliasso, già all’epoca dell’acquisto negli Stati Uniti si nutrivano dubbi sulla sua provenienza. Ci sarebbero infatti lettere dalle quali questi dubbi emergono, e che contengono riferimenti alle richieste di sequestro da parte dell’Italia nel 1984. Nell’ottobre del 2020, il caso era finito anche in Parlamento con un’interrogazione di otto senatori, guidati da Margherita Corrado, che dopo aver ricostruito la storia della scultura chiedevano al ministro della cultura Dario Franceschini se non fosse il caso di “voler attivare i canali opportuni per sollecitare il Minneapolis institute of art a fornire informazioni precise e veritiere circa tempi e modi dell’acquisizione della statua, nonché dare impulso, nei limiti delle sue prerogative, alla verifica attenta di tutti i dati disponibili e, ove si diano le necessarie condizioni, alla rivendicazione della scultura per conto dello Stato italiano con la necessaria determinazione”.
La mostra degli Uffizi ovviamente non ha niente a che fare con il caso del Doriforo di Stabiae, ma di sicuro a molti sembrerà curioso il fatto che il Ministero porti capolavori dal museo fiorentino in un istituto che è stato sollecitato ad attivarsi per restituire all’Italia un’opera trafugata anche se, stando al Minneapolis Institute of Art, al momento sembrerebbe che nessuna richiesta ufficiale sia pervenuta al museo. E il museo americano si muoverà ovviamente soltanto su canali ufficiali: non sarà dunque sufficiente l’appello al MIA lanciato su change.org, che finora ha raccolto quasi 8.000 firme, anche se è fondamentale per fare pressione, per sensibilizzare, e per dare idea dell’eco che la vicenda sta avendo.
C’è poi un nesso curioso: il sindaco di Firenze, Dario Nardella, è nativo di Torre del Greco, dunque proviene dalla stessa terra del Doriforo di Stabiae, e ha già promesso, in un’intervista a Repubblica, che attiverà le sue leve diplomatiche per facilitare le operazioni. “Se da un lato non condanno il prestito delle opere degli Uffizi al MIA”, ha detto, “dall’altro dico che anzi proprio questa disponibilità dell’Italia verso Minneapolis e verso tanti altri musei americani è un’occasione da cogliere. Proprio perché noi italiani siamo sempre stati aperti e generosi con gli Stati Uniti e con i musei americani, abbiamo oggi una carta in più per chiedere il rispetto del principio del genius loci e quindi il rispetto delle regole internazionali e la restituzione di un’opera come quella”. Nardella si è dichiarato “pronto a dare una mano, se il ministro della Cultura è d’accordo, in collaborazione con lui, perché Firenze possa essere in prima linea per ottenere la restituzione della scultura”. Secondo il primo cittadino, la mostra “può essere l’occasione per riaprire il capitolo e utilizzare l’argomento dei prestiti come carta di disponibilità che l’Italia offre per riaprire la trattativa. Sono fiducioso che anche il ministro Franceschini è d’accordo su quest’aspetto. Per quanto riguarda noi, Firenze è pronta a fare la sua parte”.