Andrà in asta tra pochi giorni un discusso dipinto, il Ritratto di Medea Taci, da anni al centro di un dibattito sull’attribuzione ad Amedeo Modigliani. Ma non è solo questa la particolarità dell’asta L’École de Paris che si terrà il prossimo 31 maggio alle 15 da Pananti a Firenze, con esposizione aperta dal 21 al 30 maggio dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19: la vendita infatti garantirà agli appassionati dell’artista livornese l’opportunità di concorrere per aggiudicarsi ben otto opere, sette disegni e, appunto, il ritratto. Si tratta di un’asta tematica: in vendita settanta lotti di artisti che frequentarono la Parigi d’inizio Novecento e che gravitarono attorno a Modigliani. Tra i pezzi principali, un foglio con schizzi di Henri de Toulouse-Lautrec (stima 6.500-8.500 euro), diverse litografie e disegni di Théophile Alexandre Steinlen, il celebre autore del manifesto della Tournée du Chat Noir (ci si può portare a casa un suo disegno di un gatto, stima 1.000-1.500 euro, e una tela che raffigura altri due gatti, 2.000-3.000 euro), un pochoir di Raoul Dufy (4.000-6.000). In vendita anche cinque dipinti di Jeanne Hebuterne, la compagna di Modigliani: si va dal ritratto del fratello André stimato 25.000-30.000 al più costoso Ritratto di Eudoxie Hebuterne, sua madre, stima 80-100.000, tutte opere peraltro già esposte in mostre su Modigliani. Ci sono anche sei dipinti di André Hebuterne, con quotazioni inferiori: si va da un paio di vedute di porto che partono da una stima di 1.000-2.000 euro a un Paesaggio (La porte d’Espagne) stimato 6.000-8.000.
Otto, si diceva, le opere di Modigliani. La prima a essere battuta sarà un foglio disegnato su entrambi i lati, esposto anche alla mostra dei disegni del centenario del 1984, pubblicato nel catalogo ragionato dei disegni e degli acquerelli di Modigliani, con stima 15.000-20.000 euro. A seguire il disegno Il frate, stesse dimensioni (21 x 12), stima 25.000-35.000. Più alta la stima del disegno seguente, Les pampas Pampadour del 1916, valutato 70-90.000 euro, opera dalla lunga storia espositiva così come il successivo Nu assis del 1915 che partirà da una stima di 30.000-40.000. Sarà poi la volta del Ritratto di Oscar Miestchaninoff, opera proveniente dalla collezione di Jeanne Modigliani, figlia dell’artista, e valutata 40.000-50.000 euro. Il seguente Ritratto di Amilcare Richard del 1919 è il disegno più costoso: stima di 100.000-120.000 euro per un’opera che reca anche dedica dell’artista e che è stato esposto in alcune mostre tra il 2005 e il 2006. Era invece proprietà di Leopold Zborowsky il Nudo di donna del 1917 che andrà in asta con stima 70.000-90.000.
L’asta si chiuderà proprio con il Ritratto di Medea Taci, la cui stima non è stata pubblicata da Pananti (disponibile su richiesta), ma l’opera è stata assicurata per un valore di circa 500mila euro. Del ritratto si discute in maniera molto accesa fin da quando è stato riportato all’attenzione degli studiosi e del pubblico, nel 2005: da allora la critica è divisa tra quanti lo considerano un autografo e quanti invece hanno scartato l’attribuzione. L’opera è notificata dalla Soprintendenza dal 2010: non potrà dunque lasciare l’Italia. Secondo i critici favorevoli all’attribuzione si tratta di un raro dipinto giovanile, unica testimonianza sopravvissuta dell’eventuale soggiorno di Modigliani in Sardegna (di cui comunque non esistono prove certe, anche se molti studiosi, soprattutto locali, hanno raccolto diversi indiriz), delle dimensioni di 32 per 23 centimetri, che raffigura la giovane Medea Taci, scomparsa nel 1898, all’età di soli vent’anni, in seguito ad una meningite: un ritratto postumo, probabilmente basato su una fotografia recentemente individuata. “Medea Taci”, spiegava la funzionaria della soprintendenza Maura Picciau nella sua relazione di quattordici anni fa, “era una dei tre figli di Tito Taci, imprenditore alberghiero, giunto da Firenze ad Iglesias nel 1870, dove fondò l’albergo Leon d’Oro, aperto nel 1872 e molto frequentato”. Pare che Tito Taci fosse legato da amicizia e relazioni professionali con Flaminio Modigliani, padre di Amedeo: stando a quel che sappiamo, il padre di Modigliani dovette recarsi diverse volte in Sardegna, nell’Iglesiente per ragioni di lavoro.
“Jeanne Modigliani ha avuto un lungo periodo di ricerca in Sardegna”, ha detto Christian Parisot, già presidente degli Archivi Modigliani, e convinto del fatto che anche il giovane Modigliani dovette seguire il padre nei viaggi che lo portavano da Cagliari a Iglesias e da qui a Grugua, la località dove Flaminio aveva la tenuta che, coi suoi prodotti (olio, vino, agrumi), riforniva il ristorante dell’hotel Leon d’Oro. Il padre perse poi la tenuta causa fallimento, ma secondo quanti sono favorevoli all’attribuzione il giovane Amedeo avrebbe comunque continuato a recarsi in Sardegna soggiornando al Leon d’Oro dove avrebbe conosciuto i figli di Taci, tra cui la stessa Medea. “Il quadro”, spiega Picciau, “fu sempre conservato dalla famiglia Taci e custodito per decenni dalla sorella Clelia in Belgio, che a sua volta lo donò ai nipoti Meloni, attuali proprietari, con l’espressa volontà che tornasse in Sardegna, terra tanto amata da Medea”.
Nel 2021, il dipinto è stato anche al centro di una interrogazione parlamentare firmata da Margherita Corrado del gruppo misto e sottoscritta da altri cinque senatori, che chiedevano all’allora ministro di Dario Franceschini se non ritenesse di promuovere una revisione del vincolo apposto nel 2010 al ritratto di Medea “limitatamente ai dati sulla paternità del dipinto, sottoponendolo ad una commissione di esperti e a tutti gli esami diagnostici oggi possibili”. L’interrogazione metteva in dubbio l’attendibilità della ricostruzione che legava l’attività di Modigliani a un eventuale soggiorno sardo, dal momento che mancano prove documentali della presenza del pittore sull’isola. Negli anni, contro l’attribuzione si sono schierati Fabrizio Checchi, presidente della Fondazione Amedeo Modigliani, che ha affidato a un post su Facebook il proprio scetticismo, e il collezionista Carlo Pepi, che ha rilasciato il proprio parere contrario alla testata sarda Nemesis. A favore della paternità si sono invece pronunciati Christian Parisot (che l’aveva inserita già nel 2012 nel suo catalogo ragionato delle opere di Modigliani), e Roberto Sabatelli, quest’ultimo pittore ed ex direttore della Pinacoteca Civica di Follonica, che in un video della web-serie Casa Pananti della casa d’aste ha avanzato gli argomenti che a suo avviso sostengono l’autografia: in particolare, secondo Sabatelli, l’artista avrebbe dipinto il ritratto di Medea Taci secondo i modi macchiaioli appresi nella natia Livorno (particolarmente rivelatore sarebbe, secondo Sabatelli, il diadema indossato dalla giovane), e in più il monogramma con cui l’artista ha firmato l’opera sarebbe un suo tipico segno distintivo. Parisot invece, sempre in un video pubblicato da Pananti, adduce a favore dell’attribuzione la compatibilità tra le cromie del dipinto e quelle delle opere della maturità, affermando che Modigliani mai cambiò il proprio modo di dipingere nel corso della sua carriera, mantenendolo inalterato dall’avvio giovanile fino alle opere estreme: “Amedeo Modigliani”, ha detto, “dipingeva quasi esclusivamente con le terre. Questa sua scelta dei colori tipicamente toscani l’abbiamo dal Ritratto di Medea al 1919 col ritratto di Casimir Hebuterne, identificando la sua pittura meglio ancora che la sua firma. Ed è il solo artista al mondo che ha dedicato la propria vita al ritratto, il ritratto di Medea ha le stesse scelte cromatiche del Casimir Hebuterne del ‘19”.
E ovviamente, a favore si è pronunciata la soprintendenza apponendo all’opera, come ricordato, il vincolo nel 2010. “Rarissima e felice testimonianza della produzione giovanile del pittore toscano – produzione quasi totalmente perduta, secondo le volontà del pittore – il dipinto è l’unico sopravvissuto degli anni sardi, anche se resta memoria di un altro quadro esposto per decenni negli uffici della Miniera di Monteponi”, si legge nella relazione di Picciau. “Il ritratto di Medea è realizzato su una fine tela con pennellate a tocco diretto, senza strato preparatorio e senza disegno sottostante, la materia cromatica è sottile e magra, tanto da lasciare trapelare la tela sottostante; lo stato di conservazione è buono anche grazie ad una costante manutenzione. Opera gradevole negli accordi cromatici a base di terre, il ritratto di profilo si inserisce nel solco della coeva pittura macchiaiola toscana, rivelando modi borghesi vicini a Silvestro Lega ma memori anche della ritrattistica popolare di Francesco Paolo Michetti e Antonio Mancini”.
Secondo la soprintendenza, il dipinto riveste un particolare interesse per due ragioni: intanto, “è molto significativo nella vicenda artistica del grande pittore modernista, in quanto costituisce uno dei pochissimi documenti dell’attività giovanile”. In secondo luogo, “l’opera interessa la storia locale in quanto testimonia la presenza culturale attività di importanti famiglie imprenditoriali toscane nella Sardegna post - unitaria, volta allo sviluppo industriale e minerario”.