Louvre, restaurata la Libertà che guida il popolo di Delacroix: ora vediamo i colori originali


Dopo sei mesi termina il restauro della Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, forse l’opera più famosa del Louvre dopo la Gioconda: adesso possiamo vedere il dipinto con i colori immaginati dall’artista. L’opera restaurata è da oggi esposta al Louvre.

Dopo sei mesi di restauro, uno dei dipinti simbolo della storia dell’arte francese, La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix (Saint-Maurice, 1798 – Parigi, 1863) ritrova i suoi colori originali. L’opera di Delacroix, forse la più famosa del Louvre dopo la Gioconda, è stata sottoposta a un intervento che si è svolto da ottobre 2023 ad aprile 2024, effettuato da Bénédicte Trémolières e Laurence Mugniot, che ha portato alla riduzione degli strati di vernice ossidata che soffocavano la tavolozza particolarmente curata e sottile di Delacroix. E da oggi, l’opera è di nuovo visibile nella Sala Mollien del Louvre. “Restaurare il patrimonio che preserviamo per trasmetterlo a quante più persone possibile è una delle nostre missioni fondamentali”, ha detto Laurence des Cars, direttrice del Louvre. “Grazie al paziente lavoro compiuto da Bénédicte Trémolières e Laurence Mugniot, La Libertà che guida il popolo ha oggi riacquistato la brillantezza, la freschezza e la meravigliosa armonia del colore tipiche di Delacroix. Sono lieta che i nostri visitatori possano scoprire o riscoprire questo immenso capolavoro della pittura del XIX secolo, icona universale, simbolo del nostro Paese e ambasciatore della sua cultura e della sua storia”. “Fin dalla sua creazione, quasi due secoli fa”, le ha fatto eco Sébastien Allard, direttore del Dipartimento di Pittura del museo, “la forza espressiva della Libertà che guida il popolo di Delacroix non si è mai affievolita, divenendo il simbolo di numerose lotte di liberazione del mondo. È una di quelle rare opere che si ‘ricaricano’ sempre a seconda del contesto politico, sociale, culturale in cui vengono viste. Il restauro che abbiamo effettuato ha ripristinato pienamente questo slancio”.

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo (1830; olio su tela, 260 x 325 cm; Parigi, Louvre). Dopo il restauro
Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo (1830; olio su tela, 260 x 325 cm; Parigi, Louvre). Dopo il restauro
Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo (1830; olio su tela, 260 x 325 cm; Parigi, Louvre). Prima del restauro
Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo (1830; olio su tela, 260 x 325 cm; Parigi, Louvre). Prima del restauro

L’intervento sull’opera

Eugène Delacroix sfrutta al massimo tutte le proprietà del colore: si affida in modo particolarmente originale all’accostamento delle cromie per modellare i suoi volumi, animare le sue ombre, e poi gioca con gli stati della materia (granuloso, cremoso , liquido) per suggerire consistenze e creare trasparenze. Ma sono proprio questi elementi ad essere annientati dallo scurimento e dall’ingiallimento delle vernici. L’assottigliamento di questi strati di vernice ha innanzitutto restituito tono all’opera: i contrasti sono vigorosi, ritorna la generale freddezza dei toni, l’illusione tridimensionale è ripristinata. I personaggi si distinguono nuovamente l’uno dall’altro secondo i piani assegnati loro dall’artista. Ad esempio, ci accorgiamo che il ragazzo armato di pistola (spesso soprannominato “Gavroche”, anche se questo personaggio di Hugo è molto più tardo) corre davanti alla Libertà e non accanto a lei. Riscopriamo quindi la ricchezza della composizione: lungi dall’essere limitata al trio centrale (La Libertà, la sua bandiera e il suo giovane compagno), il dipinto è ricco di dettagli. Delacroix non trascurò nulla: nessuno, ad esempio, aveva prestato attenzione, prima del restauro, alla scarpa di cuoio usurata, abbandonata in un angolo, in basso a sinistra. Non era né nascosta né coperta da ridipinture: lo schermo di vernice lo aveva semplicemente confuso otticamente con le pietre del selciato. Lo stesso vale per gli edifici visibili all’estrema destra: ogni facciata è diversa da quella vicina, gli spari provengono dalle finestre, gli scontri a fuoco con le truppe si materializzano con minuscole striature rosa nella confusione del fumo.

La sorpresa principale fu la tunica della Libertà, che si pensava fosse uniformemente gialla. Durante un primo test effettuato sul fondo di questa tunica, i restauratori hanno scoperto con stupore che era di colore grigio chiaro. Estendendo la pulizia, Trémolières e Mugniot hanno evidenziato il fatto che Delacroix avesse effettivamente dipinto l’intero abito in grigio, prima di aggiungere un giallo brillante a diverse densità, molto coprente a livello del busto, poi sempre più frammentario scendendo lungo le gambe. Questo aspetto volutamente sbiadito non venne più compreso nel corso del XX secolo; anche l’ultimo restauro, nel 1949, ha cercato di uniformare il colore dell’abito, mantenendo uno spesso strato di vernice su tutta la superficie, e aggiungendo riflessi aranciati nelle pieghe e nei contorni. Una volta rimosse queste ridipinture, i restauratori si sono resi conto che questa sfumatura gialla era stata realizzata per valorizzare il busto della Libertà. Il suo petto è incorniciato dal giallo puro del bustino, nella parte inferiore, e dall’aureola dorata posta appena dietro la testa, ora nettamente distinta dal fumo bianco presente altrove. È il punto più caldo dell’intero dipinto, complementare agli altri due colori primari onnipresenti, il blu e il rosso.

Per adattarsi al soggetto, Delacroix ha deliberatamente escluso il verde, l’arancione e il viola dalla sua tavolozza. Ha costruito la sua composizione sfruttando l’intera gamma dei grigi colorati, dal bianco più puro (il riflesso dell’armatura in basso a destra) al nero più profondo (il gilet del giovane). Su questa trama apparentemente austera, ma ricca di sfumature, il pittore fa cantare i tre colori nazionali blu-bianco-rosso; infine, rimedia all’eccessiva freddezza del risultato con questo giallo dorato che ha anche il pregio di evocare il carattere allegorico, quasi divino, della Libertà.

Il blu, il bianco e il rosso fanno infatti il loro trionfale ritorno, il 28 luglio 1830 (va ricordato che il titolo completo dato da Delacroix alla sua opera è 28 luglio 1830. La libertà che guida il popolo), dopo essere stati banditi sotto Luigi XVIII e Carlo X. Questa costante interazione tra le esigenze del soggetto e quelle del colore è oggi tornata leggibile.

Il primo restauro documentato risale all’estate del 1949: danneggiata dai trasferimenti imposti dalla Seconda Guerra Mondiale, l’opera fu rintelata mentre lo strato di vernice fu schiarito e ritoccato dal restauratore Michel Zezzos. Fatta eccezione per la sostituzione del telaio nel 1999 durante un prestito eccezionale al Giappone, da allora l’opera ha subito solo piccole manutenzioni: riverniciature regolari e piccoli ritocchi estetici. Lo spessore e l’opacità di questi numerosi materiali di restauro accumulati hanno finito per produrre uno schermo giallo e opaco che fino ad oggi oscurava molte sfumature e impediva la saturazione dei colori scuri. L’assottigliamento degli strati di vernice eseguito durante l’attuale restauro ha richiesto molta pazienza e cautela. Il terzo inferiore del dipinto è infatti dipinto in una gamma ristretta di toni neri, grigi e marroni, più difficili da trattare rispetto ai toni chiari. Sono state dunque rimosse le ridipinture invasive di Michel Zezzos, che mettevano in risalto le pieghe della tunica della Libertà o coprivano parte del cielo. È rimasto un sottilissimo velo di vecchia vernice, oltre ad alcuni ritocchi applicati in precedenza per nascondere zone di screpolatura dovute alla mancata asciugatura. Il restauro ha inoltre evidenziato il fatto che il dipinto originale non ha subito alcuna perdita o strappo.

Il dipinto di Delacroix

Di tutta l’opera dipinta di Delacroix, La Libertà che guida il popolo è sicuramente il dipinto più famoso, e tuttavia si tratta di un’opera atipica. Innanzitutto è l’unica volta che l’artista dipingeva Parigi e che dedicava una grande tela alle classi popolari del suo paese e del suo tempo. La Libertà è anche un’opera riassuntiva, che sintetizza e chiude un’epoca della sua carriera, quella giovanile. Nel 1830 Delacroix aveva 32 anni, era molto conosciuto ma si trovava come in un vicolo cieco. Dall’età di 24 anni, si era costruito una solida reputazione come pittore di storia attraverso una serie di successi ai Salons, ma l’amaro fallimento de La morte di Sardanapalo nel 1828 pose fine alla sua ascesa. La rivoluzione del 27, 28 e 29 luglio 1830, provocata dai nuovi ordinamenti di Carlo X destinati a sospendere la libertà di stampa, sciogliere la Camera dei Deputati e ridurre il diritto di voto, gli offre un’insperata opportunità di rimettersi in gioco. Fu testimone diretto di questa insurrezione popolare e spontanea dei parigini, motivata dal desiderio di difendere la sovranità della nazione e le libertà individuali. Il successo del movimento risvegliò l’orgoglio patriottico dei francesi, e risuonò particolarmente nel cuore del pittore: il ritorno della bandiera tricolore, dopo quindici anni di censura, riattivò la memoria di suo padre, ministro e ambasciatore della repubblica, nonché dei suoi fratelli ufficiali dell’armata napoleonica. Eugène Delacroix si mise dunque al lavoro a settembre. Scrisse al fratello: “Ho intrapreso un soggetto moderno, Una barricata… e se non avrò vinto per la patria almeno dipingerò per lei”.

Delacroix tornò a una pittura molto dura, verista, che riflette la fatica dei corpi e il sacrificio delle vite, senza mascherare le atrocità di una guerra civile, lo spettacolo orribile dei cadaveri abbandonati per diversi giorni nelle strade. Ma nel frattempo aveva acquisito una maturità che lo spingeva alla ricerca della sintesi e dell’ascesi. Invece di una giustapposizione di aneddoti, di “cose viste” che hanno lo svantaggio di produrre un insieme eterogeneo e centrifugo, cercava una forza unificante per la sua composizione. In questo lo aiutò il successo della sua recente allegoria della Grecia sulle rovine di Missolungi (1826); ripensò anche alla Zattera della Medusa di Géricault, visibile al Louvre dal 1824. La soluzione gli arrivò intuitivamente: il nucleo del suo dipinto sarebbe stato una piramide, con la barricata come base, il valore della Libertà come baricentro, e la bandiera tricolore come suo coronamento. Questa composizione significa l’ibridazione delle categorie pittoriche tradizionali: La Libertà che guida il popolo è dunque sia un dipinto storico che un’allegoria, impreziosita da scene di genere, ritratti, nature morte e un paesaggio urbano. Il risultato è magistrale nell’equilibrio e nella maestria, pur mantenendo viva la passione, la disinvoltura e l’entusiasmo della giovinezza. Il lavoro fu facile: l’opera fu terminata nel dicembre 1830, in appena quattro mesi.


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