Il ministero della cultura delle Fiandre ha aperto un’indagine per accertare la veridicità delle accuse che un gruppo di venti ballerini ha rivolto a Jan Fabre (Anversa, 1958), uno dei più grandi artisti viventi che, com’è noto, è anche regista teatrale e coreografo: i venti ballerini lavoravano per lui nella compagnia Troubleyn (fondata dallo stesso Fabre nel 1986) e hanno inviato una lettera, firmata da otto di loro (gli altri dodici sono rimasti anonimi), alla rivista d’arte olandese rekto:verso per denunciare le presunte molestie cui sarebbero stati sottoposti.
Nel lungo testo si legge che la lettera nasce come una risposta collettiva a un’intervista che Jan Fabre ha rilasciato al canale tv VRT lo scorso 27 giugno, nel corso della quale l’artista commentava i risultati di un sondaggio sulle molestie sessuali commissionato proprio dal ministro fiammingo della cultura, Sven Gatz (e secondo il quale nell’ultimo anno ben una donna su quattro avrebbe subito molestie nel settore della cultura). Fabre si era dichiarato sorpreso ma aveva anche aggiunto che oggi le persone sono molto più sensibili rispetto a un tempo. Il collettivo che ha scritto la lettera, rivendicando il fatto che alcuni dei firmatari erano presenti in molti dei momenti descritti da Fabre nel suo racconto, ha descritto al contrario una realtà fatta di continue umiliazioni, che stando agli ex ballerini di Fabre sarebbero “pane quotidiano” all’interno della compagnia Troubleyn.
“Il corpo delle donne in particolare”, hanno scritto, “è bersaglio di critiche sessite dolorose e che vengono rivolte senza giri di parole, senza alcun rispetto della condizione fisica delle donne”. Ancora: “gli atteggiamenti mutevoli di Fabre e il suo comportamento volubile hanno minato l’autostima e l’autoconsapevolezza di molti dei suoi lavoratori. Molti di noi hanno avuto necessità di cercare supporto psicologico dopo aver lasciato la compagnia e hanno descritto le nostre esperienze come un qualcosa che ha lasciato cicatrici traumatiche su di noi. Un performer ha concluso: «ci chiama ‘guerrieri della bellezza’, ma alla fine tu ti senti come un cane battuto»”. E ci sono anche accuse pesantissime: “nella primavera del 2018, una performer della compagnia si è licenziata, citando, tra le ragioni, anche le molestie sessuali. Nella corrispondenza scritta con la compagnia, la performer ha esplicitamente dichiarato: «l’impatto di un’irrispettosa e dolorosa esperienza da #metoo ha impattato sul mio lavoro e sulla mia libertà personale». Per lei, il lavoro è diventato «non più una bella sfida e un’opportunità, ma una battaglia manipolativa e una lotta”. I venti riportano anche che, a seguito di quest’ultimo episodio, altre ballerine avrebbero lasciato la compagnia per le stesse ragioni. E ancora, si legge di una performer invitata a partecipare a una sessione di fotografie decisamente fuori dai canoni (e Fabre, per incoraggiare l’artista, le avrebbe offerto alcol e droga), di altre che hanno visto ridursi il loro ruolo nella compagnia per non aver accettato di partecipare a servizi fotografici spinti, degli atteggiamenti dispotici di Fabre all’interno della compagnia.
La compagnia Troubleyn ha voluto difendersi con lo stesso mezzo utilizzato dagli accusatori, ovvero una lettera inviata alla rivista rekto:verso, dove si legge: “condanniamo questo attacco via media, perché rappresenta uno scorretto processo pubblico. Jan Fabre è stato pubblicamente messo alla gogna senza possibilità di difendersi, sulla base di una testimonianza anonima e di accuse che sono difficili da verificare”. La compagnia lamenta anche di non essere stata contattata dai suoi ex ballerini prima della pubblicazione della lettera, e li invita a un “dialogo sereno e aperto su questo argomento”. Entrando nello specifico, la lettera riconosce: “non è un segreto che Jan abbia una personalità forte e modi franchi in qualità di regista. Tuttavia, questo non significa che ci troviamo di fronte a casi di molestie sessuali. [...] C’è una regola chiara in Troubleyn: tutto deve avvenire secondo rispetto reciproco e col consenso di tutti. Non obblighiamo nessuno a fare determinate azioni che possano essere percepite come inopportune. Abbiamo applicato questa filosofia per quarant’anni, e l’abbiamo anche sottolineata esplicitamente tra di noi dopo l’attenzione mediatica del 2017 [ndr, si riferisce al caso #metoo]”.
Nel frattempo il ministro Gatz ha dichiarato in un comunicato di essere molto preoccupato per il contenuto della lettera. “Ogni rimostranza su comportamenti che oltrepassano i limiti”, ha dichiarato, “dev’essere presa sul serio. Farò in modo che tutte le parti abbiano l’opportunità di parlare. E aspetto la conclusione dell’indagine per prendere ulteriori provvedimenti”.
Jan Fabre accusato di molestie sessuali. Lui si difende, il ministero della cultura delle Fiandre indaga |