Un fine e non un mezzo. I 100 anni della Scuola di Mosaico di Ravenna


In occasione del centenario della Scuola di Mosaico, l’Accademia di Belle Arti di Ravenna celebra il suo anniversario con una serie di iniziative destinate a coinvolgere la comunità della città. Ma cosa c’è da sapere dell’antica tecnica musiva che ha definito Ravenna come la “Città dei Mosaici”?

Nasceva esattamente cent’anni fa, nel 1924, la Scuola di Mosaico dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Per commemorare il centenario (1924-2024), l’Accademia ha dato vita a un programma di iniziative che comprendono rassegne, convegni e pubblicazioni pensate per coinvolgere la città del mosaico e i suoi abitanti. Dal 12 ottobre al 12 gennaio 2025, il MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, che ospita una vastissima collezione di mosaici contemporanei, presenta la mostra I’m a Mosaic! Da Severini, Sironi, Fontana a Paladino, Plessi e Samorì. La rassegna, sotto la curatela di Paola Babini, Giovanna Cassese, Emanuela Fiori e Giovanni Gardini, ripercorre un secolo di storia a partire dal momento della fondazione della scuola e mette luce sull’evoluzione del mosaico.

Lo sappiamo: Ravenna è conosciuta da sempre come la città del mosaico, ma perché proprio lei è diventata così strettamente legata a questa forma d’arte? La risposta risale a un momento cruciale della storia, intorno al 402 d.C., quando la capitale dell’Impero Romano d’Occidente fu spostata da Milano a Ravenna. La scelta fu dettata da diversi motivi strategici. Innanzitutto, la posizione di Ravenna sul mar Adriatico facilitava i collegamenti con Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Inoltre, la città era facilmente difendibile dagli attacchi barbarici grazie alla sua posizione protetta a est dal mare e ad ovest dalle paludi. Per tutto il V e VI secolo, Ravenna fu arricchita di edifici che dovevano riflettere la sua nuova centralità politica e culturale. Le costruzioni della capitale, inizialmente espressioni del tardo-impero romano, con opere di artisti che ancora seguivano i canoni narrativi dell’arte classica, si svilupparono sempre di più verso un’estetica cristiana, focalizzandosi sull’essenziale. La trasformazione si tradusse nell’influenza subita dalla vicinanza all’Impero Bizantino. Per questo motivo gli interni delle chiese, invece di essere decorati con affreschi, vennero rivestiti di mosaici realizzati con piccoli cubetti di pietra o vetro capaci di riflettere una luce calda e colori accesi. Tutto ciò conferiva agli edifici un’aura di sacralità e potenza.

Oggi, la tradizione musiva di Ravenna continua ad attrarre milioni di visitatori affascinati da capolavori come il Mausoleo di Galla Placidia, che conserva al suo interno le decorazioni in mosaico enfatizzate dalla luce dorata che entra dalle finestre, o dalla Basilica di San Vitale, inserita nel 1996 nella lista del Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, tra i monumenti più significativi dell’arte paleocristiana, o ancora Sant’Apollinare in Classe, anch’esso uno dei monumenti UNESCO. Nonostante l’eredità dell’arte bizantina continui a essere il fulcro della città, in pochi sanno che Ravenna custodisce una ricchezza altrettanto preziosa discendente di quella stessa tradizione: il mosaico moderno e contemporaneo. Ma a chi dobbiamo la riscoperta e la continuità di questa antica tecnica nella Ravenna moderna? E quale ruolo ha avuto l’Accademia di Belle Arti nel preservarne e innovarne il patrimonio storico e artistico?

Il bando da cui ebbe origine la Scuola di Mosaico dell'Accademia di Belle Arti di Ravenna
Il bando da cui ebbe origine la Scuola di Mosaico dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna
Scuola di Mosaico dell'Accademia di Belle Arti di Ravenna. Foto: Accademia di Belle Arti di Ravenna
Scuola di Mosaico dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Foto: Accademia di Belle Arti di Ravenna
Scuola di Mosaico dell'Accademia di Belle Arti di Ravenna. Foto: Accademia di Belle Arti di Ravenna
Scuola di Mosaico dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Foto: Accademia di Belle Arti di Ravenna
Scuola di Mosaico dell'Accademia di Belle Arti di Ravenna. Foto: Accademia di Belle Arti di Ravenna
Scuola di Mosaico dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Foto: Accademia di Belle Arti di Ravenna

Uno dei grandi protagonisti del rinnovamento dell’Accademia è stato l’architetto e pittore Giovanni Guerrini (Imola, 1887 – Roma, 1972). Guerrini incarnava una mentalità innovativa che lo spinse a riscoprire la vocazione musiva della città, promuovendo nel 1924 la fondazione della Scuola del Mosaico del Novecento all’interno della stessa Accademia. A presiedere la scuola fu chiamato l’artista Vittorio Guaccimanni (Ravenna, 1859-1938), legato al movimento macchiaiolo. Il bando, emanato il 10 febbraio del 1924, per l’apertura della Scuola del Mosaico si rivolgeva ai “giovani, che si avviano per la carriera artistica”, sottolineando l’importanza di Ravenna, città che “ha il vanto di possedere i più splendidi monumenti dell’arte musiva, che presentano un carattere e una tecnica affatto speciali di un’epoca storica che la rese famosa”. L’obiettivo del bando era quindi piuttosto chiaro: formare restauratori e artisti capaci di preservare e rinnovare quei tesori, affinché quella tradizione “tanto nobile” potesse continuare a vivere. Enrico Galassi (Ravenna, 1907 - Pisa, 1980), che studiò nella stessa Scuola del Mosaico aveva compreso già dalla fine degli anni Venti la necessità di superare la tradizione bizantina del mosaico, concependolo come “un’arte fine a sé stessa e non più un semplice mezzo”. La sua visione fu espressa in quattro articoli pubblicati sul Corriere Padano tra il 1927 e il 1930 e successivamente confermata in una lettera inviata al giornalista e critico d’arte Pietro Maria Bardi negli anni Quaranta. A tal punto, sotto la direzione del pittore Giuseppe Zampiga (Ravenna, 1860-1934), la Scuola adottò un approccio conservativo, successivamente modernizzato dal suo allievo Renato Signorini che ne prese le redini fino al 1976. Zampiga, restauratore dei mosaici bizantini ravennati, aveva un profondo legame con la tradizione musiva della città, come dimostrato dal suo contributo nella realizzazione delle tavole per edizione Monumenti. Tavole storiche dei mosaici di Ravenna, realizzata insieme ad Alessandro Azzaroni nel 1930. L’opera, promossa dal Reale Istituto d’Archeologia e Storia dell’Arte di Roma, comprende le rappresentazioni dei mosaici di Ravenna attraverso 133 tavole monocromatiche e policrome come quelle di San Vitale, Sant’Apollinare Nuovo e del Battistero degli Ariani.

Presso la Scuola del Mosaico si formarono alcuni dei più importanti artisti e restauratori ravennati, come Romolo Papa, Renato Signorini, Ines Morigi Berti, Isler Medici, Antonio Rocchi, Eda Pratella, Sergio Cicognani e Libera Musiani che, a seguito della crescente esigenza di conservare il vasto patrimonio musivo della città, fondarono nel 1948 il Gruppo Mosaicisti dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Gli artisti iniziarono così a dedicarsi con impegno costante al restauro dei mosaici sotto la guida della Soprintendenza delle Belle Arti istituita nel 1897. Il Gruppo, che nella propria denominazione vantava il titolo di Accademia delle Belle Arti, aveva un legame stretto con l’istituzione: esso infatti si impegnava ad assumere e impiegare esclusivamente studenti provenienti dall’Accademia di Ravenna all’interno della propria bottega. Nei primi anni, la sua attività principale fu il restauro, reso urgente dai danni provocati dai bombardamenti e dalle distruzioni della guerra che avevano gravemente compromesso il patrimonio musivo ravennate. Tra i numerosi restauri e distacchi di opere d’arte ad opera del Gruppo Mosaicisti dell’Accademia si ricordano quelli nella Basilica di Sant’Apollinare in Classe avvenuti tra il 1948 e il 1949, il distacco dei mosaici dell’arco trionfale risalenti ai secoli VI-IX; il distacco dei mosaici della volta del presbiterio del VI secolo nella Basilica di San Vitale tra 1962 e il 1964 e il distacco dei mosaici della lunetta, della volta a botte, della cupola e del sottarco, databili ai secoli V-VI nella Cappella Arcivescovile tra il 1965 e il 1966. In realtà i restauri e i lavori di conservazione si protraggono fino al 2021 con l’installazione di 96 mosaici all’interno del comune di Tornareccio per la mostra d’arte contemporanea Un Mosaico per Tornareccio.

Carlo Pasini, Arc en ciel (2012; scultura a tecnica mista con mosaico, 243 × 173 × 62 cm; Collezione dell’artista, Pavia)
Carlo Pasini, Arc en ciel (2012; scultura a tecnica mista con mosaico, 243 × 173 × 62 cm; Collezione dell’artista, Pavia)
Gino Severini, Testa maschile (copia dell’originale del 1938 autorizzata da Romana Severini, mosaico,75 × 61 cm; Associazione Amici del Mosaico Artistico Tornareccio)
Gino Severini, Testa maschile (copia dell’originale del 1938 autorizzata da Romana Severini, mosaico,75 × 61 cm; Associazione Amici del Mosaico Artistico Tornareccio)
Renato Signorini, Angelo (1931; mosaico, 80 × 80 cm; Ravenna, Collezione privata Eredi Signorini)
Renato Signorini, Angelo (1931; mosaico, 80 × 80 cm; Ravenna, Collezione privata Eredi Signorini)
Aldo Mondino, Oro y plata (1999; cioccolatini su tavola, 40 × 50 cm; Milano, Archivio Aldo Mondino) © Aldo Mondino by SIAE 2024
Aldo Mondino, Oro y plata (1999; cioccolatini su tavola, 40 × 50 cm; Milano, Archivio Aldo Mondino) © Aldo Mondino by SIAE 2024
Leonardo Pivi, El pibe de oro (2023; mosaico, 58 × 40cm; Rimini, Collezione dell’artista)
Leonardo Pivi, El pibe de oro (2023; mosaico, 58 × 40cm; Rimini, Collezione dell’artista)
Riccardo Licata, realizzazione musiva di Marco Santi, Senza titolo (2009; mosaico, 100 × 100 cm; Associazione Amici del Mosaico Artistico Tornareccio)
Riccardo Licata, realizzazione musiva di Marco Santi, Senza titolo (2009; mosaico, 100 × 100 cm; Associazione Amici del Mosaico Artistico Tornareccio)
Davide Maria Coltro, Bicodex (2024; installazione multimediale; Novara, Collezione dell’autore)
Davide Maria Coltro, Bicodex (2024; installazione multimediale; Novara, Collezione dell’autore)
Nicola Samorì, realizzazione musiva del Gruppo Mosaicisti Ravenna, Marco Santi, Ritratto neoclassico (2017; mosaico in marmo, 70 × 50 × 30 cm; Goro, Collezione privata Gavioli Ghezzo)
Nicola Samorì, realizzazione musiva del Gruppo Mosaicisti Ravenna, Marco Santi, Ritratto neoclassico (2017; mosaico in marmo, 70 × 50 × 30 cm; Goro, Collezione privata Gavioli Ghezzo)
Flavio Favelli, Gold Zaire (2021; collage di carte di cioccolatini, 49 × 49 cm; Bologna, Collezione dell’artista)
Flavio Favelli, Gold Zaire (2021; collage di carte di cioccolatini, 49 × 49 cm; Bologna, Collezione dell’artista)

Il costante rapporto con il passato diede perciò ai membri del Gruppo l’opportunità di studiare a fondo i mosaici analizzandone i diversi valori: da quelli cromatici alle caratteristiche materiche, il taglio e la posa delle tessere. I restauratori, la cui compagnia in quel momento era formata da Alessandro Azzaroni, Giuseppe Zampiga, Libera Musiani, Sergio Cicognani e Ines Morigi Berti, ricalcarono i cartoni con carta da lucido e rilevarono con attenzione la forma di ogni tessera riproducendo nei minimi dettagli la tinta degli smalti e dei marmi, utilizzando tecniche ad acquerello. Il principale obiettivo del progetto era di natura conservativa e i cartoni ricalcati non erano solo strumenti per la protezione; venivano infatti anche impiegati all’interno dell’Accademia per formare i giovani mosaicisti. Giuseppe Bovini, ispettore presso la Soprintendenza ai Monumenti della Romagna dal 1950 e Direttore del Museo Nazionale, insieme al professore Teodoro Orselli, allora direttore dell’Accademia di Belle Arti, concepì l’idea di liberare i mosaici ravennati dai vincoli delle pareti su cui erano originariamente applicati. Le copie fedelmente riprodotte in scala 1:1 divennero accessibili a un pubblico internazionale e dal 1951 furono protagoniste di una mostra itinerante intitolata Mostra di copie dei mosaici antichi, inaugurata a Parigi e successivamente ospitata in numerose città del mondo. Dopo il successo della mostra del 1951, Giuseppe Bovini e Giuseppe Salietti, primo presidente del Gruppo Mosaicisti dell’Accademia di Belle Arti, desiderarono evidenziare la contemporaneità dell’arte musiva. Con l’aiuto di figure come quella dei critici d’arte Giulio Carlo Argan e Palma Bucarelli, invitarono un gruppo di pittori contemporanei, tra cui Afro, Birolli, Cagli, Campigli, Capogrossi, Cassinari, Chagall, Corpora, Deluigi, Gentilini, Guttuso, Mathieu, Mirko, Moreni, Paulucci, Reggiani, Saetti, Sandqvist, Santomaso e Vedova, a realizzare un’opera pittorica che sarebbe stata successivamente trasformata in mosaico. I maestri mosaicisti (tutti membri del Gruppo Mosaicisti dell’Accademia) coinvolti nella realizzazione furono diversi. Si ricordano Antonio Rocchi, Ines Morigi Berti, Renato Signorini, Libera Musiani, Isler Medici, Romolo Papa, Sergio Cicognani e Zelo Molducci. La Mostra dei Mosaici Moderni venne così inaugurata il 7 giugno 1959 nel refettorio del monastero di San Vitale a Ravenna. Le due esposizioni, insieme alla Mostra di mosaici a soggetto Dantesco realizzata nel 1965 in occasione del VII centenario della nascita di Dante Alighieri, segnarono a questo punto la riconferma di Ravenna come “Città dei Mosaici”.

Ad oggi sotto la guida del restauratore e artista Marco Santi il Gruppo Mosaicisti, divenuto impresa indipendente nel 2008, continua a creare e restaurare opere d’arte. In questo anno l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, che nel 2023 ha assunto la veste di istituzione statale sotto la guida della professoressa Paola Babini, rende omaggio alla storia che da millenni contraddistingue Ravenna e che continua a plasmare giovani artisti e mosaicisti. Ispirati dalla tradizione bizantina e dall’eredità lasciata dal Gruppo Mosaicisti dell’Accademia, i giovani reinventano il linguaggio del mosaico ed esplorano nuove forme espressive della contemporaneità.


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