Pesca dal repertorio pop e da quello surrealista, il giovane artista Alfredo Aceto (Torino, 1991), piemontese che dal 2017 vive e lavora a Losanna, dove ha intrapreso i suoi studi alla locale École Cantonale d’Art, formandosi con Philippe Decrauzat e Valentin Carron. Aceto si esprime attraverso sculture e installazioni (ma spesso senza disdegnare film e sonoro) dall’aspetto ora giocoso ora bizzarro, a metà tra realtà e finzione. “La linea del tempo, più che il tempo stesso, è la principale ossessione di Alfredo Aceto”, ha scritto il critico Cedric Fauq. “Interessato al modo in cui le storie vengono narrate, le sue mostre trovano sempre il modo di raccontare una storia senza raccontarla. E il primo elemento che manca sono proprio i personaggi. La figura umana non è mai presente nel lavoro dell’artista, ma è sempre suggerita”.
Per Alfredo Aceto, gli oggetti sono le tracce che marcano un confine tra la sua personale linea del tempo e quella collettiva. Suo obiettivo è quello di creare un luogo in cui le linee del tempo di ognuno si mescolino per trovare diverse possibili narrative, attraverso associazioni d’idee, commistione di linguaggi diversi, alterazioni artificiali.
“Spesso”, ha detto l’artista in un’intervista rilasciata nel 2015 per Flash Art ad Andrea Bellini, direttore del Centre d’Art Contemporanin di Ginevra, “faccio scelte che mi permettono di giocare, invertire e rovesciare l’ordine degli eventi nel tempo interrompendo la cronologia delle ‘fasi della vita’. È un modo per continuare a essere consapevoli in un mondo dove i limiti sono sempre più confusi e dove i bambini diventano subito adulti mentre gli adulti rimangono sempre più a lungo bambini”.
Forse anche per la natura della sua ricerca, il suo lavoro, nonostante la giovane età di Alfredo Aceto, ha già conosciuto diverse fasi, anche molto distanti tra loro. Alla base di tutto sembra esserci però il carattere sfuggente degli oggetti e dell’arte in generale (anche per questo probabilmente le sue opere non hanno mai una forma definita: un’indeterminatezza molto coerente con la base filosofica della sua ricerca).
“Quello che può apparire come un gioco ossessivo”, si legge nella presentazione della sua mostra Sequoia 07 tenutasi nel 2019 all’Istituto Svizzero di Milano, “è piuttosto il desiderio di Aceto di cercare il minimo comune denominatore per cui un oggetto possa essere una scultura. Se da un lato, sceglie con attenzione gli oggetti di suo interesse e li tratta con cura e riproducendoli, dall’altro, ne cancella e sopprime le qualità privandoli di ogni significato. Anti-eroici per definizione, questi oggetti ci ricordano quanto i dettagli siano evanescenti; li amiamo ma siamo rattristati del loro stato transitorio. Ogni scultura assomiglia a ciò che si intravede rapidamente dal finestrino di un treno: qualcosa di estremamente veloce ma molto precisa”.
Aceto ha già portato le sue opere in contesti importanti: ha partecipato a collettive in mezza Europa, le sue opere sono state esposte ad Artissima e ad Art Basel. Oggi l’artista è rappresentato dalle gallerie Dittrich & Schlechtriem (Berlino), Andersen’s Contemporary (Copenaghen) e Levy.Delval (Bruxelles).
Alfredo Aceto, Juste un Clou Rouge (2019; polistirene, fibra di vetro, resina, pittura, diametro 105 cm) |
Alfredo Aceto, Laughing Window II (2019; acrilico, cotone, gommapiuma e materiale sintetico, 150 x 180 x 5 cm) |
Alfredo Aceto, Gutter-Hydrant II (2019; polistirene, fibra di vetro, resina e pittura, 80 x 58 x 23 cm) |
Alfredo Aceto, Olive Sea Snake Digesting a Watermelon (2019; polistirene, fibra di vetr, resina, pittura e ferro, 125 x 125 x 65 cm) |
Alfredo Aceto, Echinoidea (2018; polistirene, fibra di vetr, resina, pittura e ferro, 125 x 125 x 70 cm) |
Alfredo Aceto, Senza titolo (2017; acquerello su carta, 30 x 40 cm) |