S’intitola Diva e, in questi giorni, sta facendo impazzire l’intero Brasile, in tutti i sensi: c’è chi la ama e chi vorrebbe vederla cancellata per sempre. Parliamo di una scultura femminista, opera dell’artista brasiliana Juliana Notari (Recife, 1975), che raffigura un’enorme vulva rossa di 33 metri di altezza per 16 di larghezza e 6 di profondità, e che spicca dallo scorso 31 dicembre sopra una collinetta di Usina de Arte, un parco di scultura all’aperto nei pressi della cittadina di Água Preta, nello stato di Pernambuco, 130 km a sud della capitale Recife. Un grande intervento di Land Art che ha richiesto il lavoro di una quarantina di persone (la vulva è stata infatti modellata a mano, senza l’utilizzo degli escavatori: l’artista ha spiegato che coi mezzi meccanici non era possibile ottenere il grado di precisione voluto), e che consiste di uno scavo nella terra ricoperto di cemento e di resina. L’opera è frutto di una collaborazione tra Usina de Arte e il Museu de Arte Moderna Aloisio Magalhães di Recife e nasce come progetto conclusivo di una residenza d’arte di Juliana Notari.
“In Diva”, ha dichiarato Notari, “uso l’arte per dialogare con questioni che rimandano alla problematizzazione di genere da un punto di vista femminile unito a una visione cosmica che indaga il rapporto tra natura e cultura nella nostra società occidentale, fallocentrica e antropocentrica. Questi problemi stanno diventando sempre più urgenti: del resto, sarà attraverso un cambio di prospettiva del rapporto tra umano e non umano che potremo vivere più a lungo su questo pianeta e in una società meno iniqua e meno catastrofica”. Significativamente, Juliana Notari, in un suo post su Facebook, ha ringraziato uno per uno e per nome tutti gli uomini che hanno partecipato alla realizzazione dell’opera, che ha richiesto undici mesi di lavoro.
Si tratta di un’opera che acquista un significato particolare nel Brasile di Bolsonaro dove la misoginia e il sessismo sono percepiti come problemi molto forti, e del resto non si sono fatti attendere i commenti dei supporter dell’attuale presidente. È diventato virale in poche ore il tweet di Olavo de Carvalho, filosofo e polemista noto come il “guru” di Bolsonaro, che ha sprezzantemente commentato: “perché parlano male di una figa di 33 metri quando potrebbero affrontarla con un cazzo?”. Altri ancora la ritengono un’opera di propaganda di sinistra, moltissimi pensano sia “oscena” o “riprovevole”, giusto per citare i commenti più teneri. Ma ci sono anche molti commenti positivi, alcuni dei quali ripostati da Notari attraverso i suoi canali social. La giornalista Daniela Name, ad esempio, scrive che la vagina gigantesca di Juliana Notari “fonde il femminile alla terra, due tipi di fertilità, evidenziando come il potere generatore del corpo della donna vada ben oltre la maternità”. La poetessa Cida Pedrosa, tra le più apprezzate del paese, ha invece scritto che è un’opera “bella e urgente”, che le reazioni aggressive sono “uno specchio del nostro ritardo”, e che “usare l’arte per criticare le nostre strutture sia urgente”.
Per Juliana Notari non si tratta comunque di una novità: certo, non aveva mai realizzato prima un’opera così enorme, ma il corpo femminile è da sempre al centro della sua pratica artistica. Nella sua produzione figurano anche altre opere sul tema degli orifizi umani: nel 2012, ad esempio, aveva realizzato un’opera-performance, Spalt-me, producendo un’apertura in un muro (una “ferita”) con una forma che richiamava l’organo genitale femminile, per poi penetrarla con una mano. Ancor prima, nel 2006, la performance Dra-Diva, simile nei modi e negli scopi, faceva anche utilizzo di sangue bovino, sparso attorno alla fenditura. Diva non è dunque altro che un’ulteriore tappa lungo questo percorso pluriennale.
Di seguito, alcune foto dell’opera finita e durante i lavori.
Juliana Notari, Diva (2020; terra, cemento resina, 3300 x 1600 x 600 cm; Água Preta, Usina de Arte) |
Juliana Notari, Diva |
Juliana Notari, Diva |
Juliana Notari, Diva |
Juliana Notari, Diva |
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